La geoingegneria non è il piano B per salvare il mondo, ma deve essere esplorata
Gli esperti: rischiamo di infilarci in una situazione molto rischiosa senza comprenderla
[17 Novembre 2017]
L’ingegneria climatica, chiamata anche geoingegneria, è un intervento deliberato su grande scala nel sistema climatico con misure che includono l’eliminazione dell’anidride carbonica dall’atmosfera, la gestione dell’irraggiamento solare e la “fertilizzazione” degli oceani, tutte ipotesi contrastate con decisione dalle associazioni ambientalisti e da moltissimi scienziati climatici, ma da un meeting sull’argomento che ha riunito esperti dell’argomento alla 23esima Conferenza della parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop23 Unfccc) in corso a Bonn, è emerso che «L’ingegneria climatica, o intervento climatico, è rischiosa ma deve essere esplorata come complemento – non come Piano B – per la riduzione delle emissioni di gas serra».
Matthias Honegger, ricercatore dell’Institut für transformative Nachhaltigkeitsforschung (IASS – Institute for advanced sustainability studies) ha spiegato: «Possiamo fare molto, dobbiamo fare molti sforzi per ridurre le nostre emissioni, ma resteranno alcune emissioni, soprattutto nel settore dell’utilizzo dei terreni, che non scompariranno e dobbiamo quindi inevitabilmente cominciare a discutere di questa eliminazione dei gas serra».
Gli approcci attualmente in discussione sono diversi e alcuni, come la piantagione di alberi, sono già molto utilizzati e diffusi. Altri sono molto più discussi e discutibili, come lsa disseminazione di ferro e di altri minerali negli oceani per stimolare la crescita di alghe che, precipitando a fine vita sui fondali oceanici, creerebbero un flusso netto di carbonio dall’atmosfera verso gli oceani. I contestati test di questa geoingegneria oceanica hanno dato risultati contraddittori e a volte disastrosi,
Ma Hugh Hunt, del dipartimento di ingegneria dell’università di Cambridge, fa notare che «il business as usual Le è inquietante. Il concetto di non far niente è pieno di pericoli. Ma il concetto di raffreddamento del pianeta è ugualmente pieno di pericoli. Dobbiamo confrontarci completamente con l’opinione pubblica, coinvolgere pienamente la società. I rischi del cambiamento climatico sono enormi , i rischi del non far niente sono enormi, ma i rischi della geoingegneria sono altrettanto enormi. Dobbiamo esplorare questi rischi perché altrimenti rischiamo di infilarci in una situazione molto rischiosa senza comprenderla. I rischi della geoingegneria non sono ben compresi e devono essere esplorati».
A causa della grande incertezza sull’efficacia e gli effetti secondari potenzialmente devastanti dell’ingegneria climatica, compreso il rischio di sconvolgimento dei sistemi naturali, gli esperti riuniti a Bonn pensano che «sia necessario discutere della governance dell’ingegneria climatica, in particolare dell’iniezione di aerosol nella stratosfera». Si tratta di una gtecnica che prevede di immettere aerosol di sulfati nella stratosfera con l’aiuto di aerei o di palloni, per creare un effetto globale di diminuzione dell’intensità della luce solare e quindi del riscaldamento.
Secondo Janos Pasztor, direttore esecutivo della Carnegie climate geoengineering governance initiative (C2G2) ed ex consigliere per il cambiamento climatico all’Onu al tempo del segretario generale Ban Ki-moon, ha detto a Bonn che «Questa tecnologia è assolutamente terrificante. Può darsi che ne avremo bisogno, ma chi deve decidere? E’ per questo che questa discussione deve avvenire a livello di società. Questo esigerebbe un livello di cooperazione internazionale che non abbiamo ancora mai visto. Chi deciderò se dovremo o no utilizzare l’iniezione di aerosol nella stratosfera e quando questa decisione deve aver luogo? […] Chi prenderò questa decisione a nome del mondo? E dopo, fino a dove gireremo il termostato del sistema di climatizzazione mondiale […] per raffreddare il pianeta? Più si vuole ridurre la temperatura, più c’è un rischio di impatti negativi e più ci sono possibilità che alcuni di questi impatti non siano gli stessi nelle differenti zone geografiche, Potremmo trovarci in una situazione in cui alcune persone beneficiano di una temperatura ridotta e altre vanno incontro a impatti negativi. Che ne faremo di questa gente? Come le indennizzeremo? Come pensiamo di prendercene cura?»
Secondo Pasztor, la priorità deve rimanere la riduzione dei gas serra, ma ha concluso: «Dobbiamo considerare queste altre opzioni come delle integrazioni, non come un “Piano B”».