L’Indonesia vuole costruire mille moschee ecologiche entro il 2020
L'iniziativa per aiutare le moschee ad avere migliori approvvigionamenti idrici ed energetici
[23 Novembre 2017]
L’Indonesia è il più grande Paese musulmano del mondo e se il verde è il colore dell’Islam, ora le moschee indonesiane sono pronte a diventare ancora più verdi grazie a una nuova iniziativa che punta a creare 1.000 moschee ecologiche entro il 2020.
L’iniziativa è stata lanciata dal vicepresidente indonesiano Jusuf Kalla alla vigilia della 23esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop23 Unfccc) che si è tenuta a Bonn e Kalla ha sottolineato che «La moschea ecologica – o il programma “eco-moschea” – dovrebbero infondere alle moschee una preoccupazione per la relazione reciproca tra gli esseri viventi e l’ambiente e per il sostentamento sostenibile di tutti noi, In pratica, l’iniziativa aiuterà le moschee a rifornirsi di energia rinnovabile, a gestire le loro esigenze di acqua e cibo in modo sostenibile, a ridurre e riciclare i rifiuti e a fornire educazione ambientale. Più in generale, mira a coltivare tra i fedeli un senso di gestione del mondo naturale, in parte attraverso programmi educativi che inquadrano il movimento ambientalista come una sfida morale». In Indonesia ci sono oltre 800.000 moschee, ma il governo e gli ulema sperano che le prime mille eco-moschee rappresentino un esempio per le altre e che anche i luoghi di culto delle altre religioni aderiscano a questa svolta green.
Il progetto prevede che i leader religiosi musulmani lavorino con il settore privato, i ministeri della salute e della pianificazione, le università e altri gruppi religiosi «nel tentativo di aumentare la consapevolezza ambientale nelle comunità di tutto il paese». Hayu Prabowo, che si occupa di ambiente e risorse naturali per il Majelis Ulama Indonesia (Mui – Concilio indonesiano degli ulema), ha spiegato alla Thomson Reuters Foundation che «La maggior parte dei musulmani in Indonesia ascolta più i leader religiosi che il governo. Se un leader islamico dice qualcosa lo farà, ma se il governo dice qualcosa, potrebbe non farlo».
I 250 milioni di abitanti dell’Indonesia (il 90% dei quali musulmani) vivono una realtà ambientale scissa in due: da una parte l’arcipelago è il principale esportatore di carbone e produttore di olio di palma del mondo, due industrie che hanno devastato intere foreste cancellando habitat e specie uniche, dall’altro è al centro di un’intensa pressione internazionale per limitare la deforestazione. Molte delle province rurali e più povere dell’Indonesia soffrono regolarmente per le siccità causate dai cambiamenti climatici, mentre l’educazione dei bambini è spesso ostacolata dalla mancanza di un regolare approvvigionamento energetico.
Hening Parlan, coordinatrice per l’ambiente e la gestione dei disastri dell’Aisyiyah, l’ala femminile della seconda organizzazione islamica indonesiana, la Muhammadiyah, ha detto che «L’idea delle eco-moschee nasce dal richiesta di come rendere le moschee un centro per l’ambiente e l’educazione all’interno di una comunità. Dato che il semplice adattamento ai cambiamenti climatici non è sufficiente, questo movimento ha lo scopo di rendere tutti i musulmani consapevoli del fatto che il cambiamento climatico sta minacciando le nostre vite. Per molti indonesiani, la comprensione dell’ambiente avviene solo quando vedono l’impatto del cambiamento climatico (piuttosto che attraverso l’educazione) … se soffrono per alluvioni o frane, per esempio. L’iniziativa aiuterebbe le moschee a stabilire migliori approvvigionamenti idrici e strutture di stoccaggio, a offrire consigli per la raccolta fondi e fornire finanziamenti alle moschee per aiutarle a diventare ecologiche. Saranno promossi anche l’energia solare e il biogas rispetto ai combustibili fossili e gli imam insegneranno una migliore consapevolezza ambientale».
Secondo Hening, «Le previste eco-moschee saranno ubicate in aree urbane e in aree svantaggiate prive di acqua ed energia. Perché le moschee nelle aree ricche non mancheranno di acqua ed energia». Ma alcune delle eco-moschee verranno realizzate nella capitale Giacarta che è alle prese con la mancanza d’acqua e dove solo il 50% delle famiglie dispongono di acqua potabile, la percentuale più bassa dell’Indonesia. Quindi la metà della popolazione di questa metropoli asiatica di oltre 10 milioni di abitanti fa affidamento su acqua non depurata ed emunta da falde sotterranee spesso inquinate.
Prima di prendere l’iniziativa delle eco-moschee insieme al governo, il Mui aveva anche emanato editti, o fatwa, contro gli incendi delle foreste indonesiane e a favore di un’industria estrattiva sostenibile.
Finora l’Islam non si è occupato molto della sostenibilità dei suoi luoghi di culto, ma la Thomson Reuters Foundation fa alcuni rari ma significativi esempi: a Dubai una moschea costruita nel 2014 è stata la prima a rispettare le linee guida del Green Building Council Usa, mentre in Gran Bretagna, i Stati Uniti, Marocco e Malaysia ci sono moschee che puntano dichiaratamente ad essere più verdi.
Prabowo è convinto che la conversione verso la sostenibilità sia inevitabile: «Abbiamo bisogno di azioni concrete per aiutare le moschee e le loro comunità a superare l’imminente crisi idrica ed energetica costruendo resilienza».