Nel mondo 1 miliardo di migranti. Cibo e cambiamenti climatici tra le principali cause
Food Sustainability Index: prime Francia, Giappone e Germania. Italia settima
[5 Dicembre 2017]
All’ottavo Forum internazionale su alimentazione e nutrizione, che si conclude oggi a Milano, è stato presentato lo studio “Food & Migration. Understanding the geopolitical nexus in the Euro-Mediterranean”, realizzato da MacroGeo e Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn), dal quale emerge che sono un miliardo gli esseri umani che nel mondo vengono considerate “migranti”, perché si spostano all’interno del proprio Paese di nascita e residenza (760 milioni) o perché residenti in un Paese diverso da quello dove sono nati (245 milioni). Secondo lo studio le cause sono «Molteplici, anche se quando si parla di migrazione non si può trascurare che ogni punto percentuale di aumento dell’insicurezza alimentare costringe l’1,9% della popolazione a spostarsi, mentre un ulteriore 0,4% fugge per ogni anno di guerra».
In questo quadro generale, «Mediterraneo ed Europa ricoprono ancora un ruolo rilevante in termini di Paesi di destinazione, anche se in un’ottica di rotte percorse quella che va dal Sud verso il Nord e in particolare dall’Africa verso l’Europa sembra riguardare poco meno del 10% dei migranti africani. In questo percorso, sia in termini di sviluppo economico che di integrazione delle abitudini culturali, il cibo continua a ricoprire un ruolo predominante, sia perché resta una delle principali cause di migrazione, sia perché rappresenta una risorsa – anche economica – per i Paesi di destinazione».
Guido Barilla, presidente della Fondazione Bcfn, ha ricordato che «Fame, obesità, spreco di cibo e risorse limitate rappresentano alcune delle sfide che da qui ai prossimi anni dovremo vincere se vogliamo raggiungere, entro il 2030, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi dalle Nazioni Unite. Considerando che tutti condividiamo e consumiamo le risorse del Pianeta, abbiamo urgentemente bisogno di cambiare gli attuali modelli di sviluppo e di sensibilizzare le coscienze di tutti. Una delle iniziative più importanti della Fondazione Bcfn è dare un contributo concreto affinché ogni singola persona abbia la possibilità di fare scelte informate sul proprio stile di vita. Ecco perché anche quest’anno abbiamo deciso di realizzare un appuntamento dedicato a condividere evidenze, dati scientifici e best practice utili a costruire modelli alimentari rispettosi della salute delle persone e del Pianeta».
Al Forum internazionale su alimentazione e nutrizione è stato presentato anche il nuovo Food Sustainability Index, realizzato da Fondazione Bcfn e The Economist Intelligence Unit, che analizza le scelte alimentari del pianeta non solo sulla base del “gusto”, ma anche del valore complessivo che il cibo rappresenta. In gtesta alla classifica c’è la Francia, seguita da Giappone e Germania, considerati i Paesi dove il cibo è il più “buono” del mondo, «Non per il semplice gusto – spiega il rapporto – ma perché, secondo la media dei vari parametri analizzati, si sono distinti maggiormente tra i 34 Paesi analizzati nel produrre, distribuire e consumare il cibo». L’Italia si ferma al settimo posto, pur classificandosi prima per agricoltura sostenibile. Tra le novità dell’edizione 2017 del Food Sustainability Index anche un focus sul bacino del Mediterraneo che evidenzia come, «A livello generale, Francia (1°), Spagna (4°), Portogallo (6°) e Italia (7°) si trovino ai primi posti grazie alle politiche messe in campo contro gli sprechi alimentari – sia a livello industriale che domestico. I Paesi del sud del Mediterraneo ottengono posizioni inferiori: a metà classifica Israele (15°) e Turchia (16°) si distanziano da Giordania (25°), Egitto (27°), Marocco (29°), Tunisia (30°) e Libano (31°)»
I 6 Food Sustainability Media Award da 10.000 euro ciascuno e dedicati alle storie che meglio hanno descritto i paradossi del sistema alimentare, sono andati alla canadese Gloria Dickie, al Ghanese Justice Baidoo e al reporter americano del New York Times Magazine George Steinmetz per la sezione “lavori editi”, rispettivamente categoria testo, video e fotografia. Per la sezione “lavori inediti”, i vincitori sono l’indiana Uzmi Athar, il videomaker keniano Musdalafa Lyaga e l’italiana Silvia Landi, che vedranno pubblicati il loro lavori sui siti della Thomson Reuters Foundation e della Fondazione Bcfn e avranno la possibilità di partecipare ad un corso di media training sulla sostenibilità della produzione di cibo, organizzato dallaThomson Reuters Foundation. Gli articoli inediti selezionati verranno inoltre distribuiti attraverso l’agenzia di stampa Reuters che conta circa un miliardo di lettori. I 6 vincitori hanno avuto la meglio tra le 500 proposte provenienti da 72 paesi del mondo, suddivise per articoli (oltre 330), foto (80), video (oltre 80).