Asoquimbo, la mega diga in Colombia e il Manifesto della società civile internazionale

[17 Febbraio 2017]

Questa è una storia di resistenza che vede protagonisti la costruzione di una mega diga in Colombia da parte del colosso Enel-Emgesa e la popolazione locale interessata, riunita nell’associazione Asoquimbo.

Asoquimbo ha opposto resistenza e manifestato contro il progetto per molti anni, sottolineando il suo impatto sociale e ambientale così come le irregolarità legali da parte di Emgesa, impresa energetica al 50% di Enel. L’associazione ha anche rivendicato la costruzione di una politica basata sulla sovranità nazionale e il controllo locale delle energie rinnovabili.

Poi l’arrivo delle accuse. Miller Dussán, professore colombiano e Presidente dell’associazione Asoquimbo, è stato accusato di aver ostruito le strade pubbliche con danni alla viabilità e di aver istigato l’occupazione della terra di proprietà della corporation. La prima accusa è stata formalizzata e nell’ottobre 2016 gli avvocati della difesa hanno richiesto la caduta delle accuse, sostenendo l’assenza di una condotta criminale dato che ogni danno a livello di trasporti è stato causato da Emgesa stessa durante i lavori di costruzione della diga. L’udienza di preclusione è stata poi fissata per il 6 febbraio 2017.

Il Manifesto della società civile internazionale

Prima dell’udienza è stato promosso e pubblicato il Manifesto della società civile internazionale in difesa di Miller Dussán e Asoquimbo per la cessazione della persecuzione giudiziaria, firmato da COSPE insieme ad altre 70 organizzazioni. Il sostegno di COSPE si pone in continuità con la sua adesione alla campagna Human Rights Defenders, campagna italiana che ha come obiettivo quello di far sì che il nostro Paese si doti dei necessari strumenti per la protezione degli attivisti che lottano in ogni parte del mondo, contro ogni tipo di violazione dei diritti fondamentali. Come nel caso Asoquimbo, chi ha il coraggio di levare la propria voce contro le ingiustizie, facendosi anche portavoce delle istanze di un’intera comunità, finisce per essere bersaglio di intimidazioni e persecuzioni.

Nel Manifesto della Società Civile Internazionale si afferma dunque che le accuse contro i due leader ambientalisti sono parte di una più ampia strategia di intimidazione giudiziaria il cui fine ultimo è la repressione della resistenza locale contro la costruzione della mega diga e contro altre attività di sfruttamento del territorio.

Gli sviluppi più recenti: l’ultima udienza

Durante l’udienza del 6 febbraio la Procura ha richiesto la preclusione del processo, dimostrando che non sussistevano elementi per procedere con l’indagine. E’ stato provato che non furono utilizzati mezzi illeciti da parte dei manifestanti e che le autorità amministrative erano state avvisate della manifestazione. Inoltre è stato certificato che il ponte Paso del Collegio era già chiuso, quindi non ci fu ostruzione della via. Il Pubblico Ministero ha supportato la richiesta della Procura, spiegando che dare continuità al processo avrebbe potuto costituire una limitazione dei diritti di espressione, libertà di riunione e di protesta sociale.

Da parte sua Emgesa ha dichiarato che non si sarebbe opposta alla richiesta di preclusione e si sarebbe attenuta alla decisione del giudice. Alla fine, il Giudice ha deciso di sospendere l’udienza e programmarla per il 22 febbraio del 2017 per rivedere il procedimento presentato dalla Procura.

La posizione finale di Emgesa può essere letta come risultato positivo della campagna e delle pressioni esercitate da chi ha sottoscritto il Manifesto della Società Civile. Questa interpretazione sarebbe in linea con un commento dell’avvocato di Emgesa che fuori dall’udienza avrebbe affermato “nella mattinata è arrivato un incartamento dall’Italia le cui indicazioni sono di non intervenire in alcuna udienza e attenersi alle decisioni del giudice”.  Ci auguriamo che la mobilitazione internazionale che questo caso ha suscitato possa essere un passo avanti nella protezione del diritto di espressione e di chi, per l’esercizio di questo diritto, rischia la vita o il carcere ogni giorno.

Per approfondire: www.watergrabbing.org

di Cospe per greenreport.it