Il 7,9% del territorio italiano sta franando, letteralmente: per resistere servono nuovi alberi
Anbi: «Necessario creare fasce boscate nelle aree pedecollinari, utili a consolidare il territorio, limitando il rischio che episodi di dissesto abbiano conseguenze drammatiche per le comunità». Si guarda alle risorse del Pnrr
[23 Febbraio 2021]
Da anni sul territorio italiano si contano i due terzi di tutte le frane censite nelle banche dati degli Stati europei, e la situazione non sta migliorando: abbandono del territorio, cementificazione e cambiamenti climatici accentuano le fragilità incrementando il pericolo di frane, che sono ormai più di 620.000 e interessano un’area di 23.700 kmq pari al 7,9% della superficie nazionale.
A ricordarlo è l’associazione nazionale dei Consorzi di bonifica (Anbi) che, richiamando gli ultimi dati forniti da Ispra nel merito, sottolinea che il problema si concentra soprattutto al centro-nord (Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Liguria Lombardia).
«Analogamente – aggiungono dall’Anbi – le aree a pericolosità idraulica elevata interessano 12.405 chilometri quadrati, pari al 4,1% dell’Italia. Secondo i dati di Ispra, in aree a rischio vivono oltre 3 milioni di famiglie, suddivisi in circa 2 milioni di edifici; vi sorgono circa 680.000 attività economiche con oltre 2.500.000 addetti».
Sono questi i confini di una “perenne emergenza” nazionale, in genere dimenticata fino alla prossima tragedia. Anche la proposta di Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) avanzata dal precedente Governo assegnava solo 3,61 miliardi di euro, equivalenti all’1,6% dei fondi totali stanziati, per la tutela del territorio dal rischio idrogeologico.
«Per contrastare l’accentuarsi dei fenomeni a seguito della crisi climatica ed aumentare la resilienza dei territori, è necessario – propone il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi – creare fasce boscate nelle aree pedecollinari, utili a consolidare il territorio, limitando il rischio che episodi di dissesto abbiano conseguenze drammatiche per le comunità».
Non a caso per reperire le risorse necessarie, l’Anbi sottolinea la necessità di riallocare, nel nuovo Pnrr in fase di definizione, il miliardo di euro inizialmente destinato alla forestazione e poi cancellato. Al contempo l’associazione chiede il ripristino del miliardo oggi dimezzato e destinato alla digitalizzazione della rete idraulica.
«Permetterebbe un maggiore controllo sull’utilizzo della risorsa acqua, contrastando eventuali abusi e fornendo un utile supporto allo sviluppo sostenibile del settore agricolo. Ciò – conclude Vincenzi – rientra a pieno titolo nella necessità di nuove infrastrutture a servizio del territorio, ritenuta un’esigenza strategica per l’Italia. I Consorzi di bonifica ed irrigazione hanno pronti centinaia di progetti, capaci non solo di garantire migliaia di posti di lavoro, ma soprattutto di rispettare i tempi europei, che indicano il 2023 come scadenza per la conclusione dell’iter autorizzativo ed il 2026 come termine ultimo per la realizzazione e rendicontazione degli interventi. Finanziarli, attraverso l’opportunità del Recovery plan, sarebbe un segnale importante nel segno del Green new deal; per questo li mettiamo a disposizione del Paese».