Nigeria: la strage nella chiesa cattolica di Owo town legata alla guerra per l’acqua?
ANBI: la crescente desertificazioni è uno scenario dal quale nessuno può chiamarsi fuori
[7 Giugno 2022]
Ieri, uomini armati anche con esplosivi hanno preso d’assalto la chiesa cattolica di San Francesco Saverio a Owo town, una città dello Stato di Ondo, nel sud-ovest della Nigeria, uccidendo molti fedeli e ferendone altri. L’attacco è stato sferrato alla fine della messa del mattino, quando un commando ha prima lanciato degli esplosivi dentro la chiesa e poi ha sparato ai fedeli che cercavano di fuggire.
Il portavoce della polizia di Stato di Ondo, Ibukun Odunlami, ha detto all’AFP che «Gli uomini armati hanno anche attaccato la chiesa con esplosivi, lasciando un numero imprecisato di fedeli morti. E’ ancora prematuro dire esattamente quante persone sono state uccise. Ma molti fedeli hanno perso la vita mentre altri sono rimasti feriti nell’attacco».
Il deputato statale Ogunmolasuyi Oluywole che rappresenta il collegio elettorale 1 di Owo ha detto all’Associated Press che ha visitato la chiesa e l’ospedale per vedere le vittime e racconta: «Ho visto migliaia di giovani arrabbiati. E’ stato barbaro, qualcosa di mai sperimentato nella storia dello Stato di Ondo. Dovremmo ipotizzare una cifra delle vittime compresa tra 70 e 100. Ho visto più di 20 morti, soprattutto bambini».
Per il governatore dello Stato di Ondo, Rotimi Akeredolu, si è trattato di «Un attacco vile e satanico contro persone innocenti» e ha chiesto alle forze di sicurezza di trovare gli assassini perché la gente non si faccia giustizia da sola e ha promesso che «Gli assalitori saranno braccati e pagheranno per i loro crimini».
E, raggiunto da Vatican News, Andrew Abayomi, assistente del parroco nella chiesa di San Francesco Saverio, racconta che, «Quando i fedeli si sono resi conto che c’erano uomini armati che stavano per attaccare, ho detto alla gente di correre nella sacrestia e poi di scappare. Mentre ero in sacrestia i bambini e altre persone si aggrappavano a me. Poi abbiamo iniziato ad accompagnare le persone negli ospedali, prima che le agenzie iniziassero i soccorsi. I bambini mi hanno detto “prega”. Sì, Dio ascolterà la nostra preghiera. La luce deve trionfare sulle tenebre». Abayomi conferma che tra le vittime ci sono ancvhe bambini: «Mi stavo preparando a far uscire i fedeli quando è iniziato l’attacco. Tutti noi eravamo ancora dentro. I bambini, tanti rimasti feriti, alcuni che hanno perso la vita… Ho un numero che è già di 39 morti confermati. Numero che dovrà ancora essere aggiornato. Forse prima della fine di questa settimana saremo in grado di avere un dato definitivo». Intanto le strutture sanitarie lanciano appelli per la donazione del sangue.
Si stanno prendendo in considerazione diverse piste: miliziani jihadisti di Boko Haram, gruppi di pastori Fulani o banditi ma finora nessun gruppo armato ha rivendicato la responsabilità dell’attacco che il presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha definito una «Efferata uccisione di fedeli».
Vatican News riporta l’ipotesi che gli assassini siano i pastori Fulani che da tempo sino in lotta con le popolazioni locali residenti per l’accesso alle risorse idriche sempre più scarse. Lo stesso deputato Ogunmolasuyi ha detto di aver parlato con un genitore di un sopravvissuto che gli è stato detto che gli aggressori erano pastori.
L’eccidio è stato commentato anche Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), da anni impegnata a vari livelli anche in progetti di “solidarietà idrica” con Paesi del Terzo Mondo, che ha sottolineato che «La sola ipotesi che la strage nella chiesa cattolica in Nigeria rientri all’interno di un conflitto locale per il controllo delle risorse idriche, in una condizione di crescente desertificazione a seguito dei cambiamenti climatici, è un ulteriore campanello d’allarme su uno scenario, da cui nessuno può chiamarsi fuori»,
L’AMBI ricorda che «E’ drammatica, infatti, la situazione nel continente africano, dove siccità e carestia sono diventati fenomeni endemici in diversi Paesi, in cui la disponibilità d’acqua è calata del 30% nel recente triennio (nel solo Corno d’Africa sono morti 3 milioni di capi di bestiame); i dati dell’OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) indicano che circa 40 milioni di persone sono sotto la soglia di sopravvivenza tra Somalia, Etiopia, Kenia, Burkina Faso, Ciad, Niger, Mali e Nigeria; ad aggravare tale situazione c’è il blocco delle esportazioni di grano, dovuto alla guerra fra Russia ed Ucraina. In Marocco, le dighe a Maggio contenevano soltanto il 30% della capacità contro il 70% di due anni fa».
Vincenzi aggiunge che «I dati riportati non solo testimoniano una catastrofe umanitaria, ma fanno chiarezza sui perché dei grandi flussi migratori e che, stante l’attuale andamento climatico, saranno inevitabili».
E non si tratta di un problema solo africano. All’indomani della Giornata Mondiale dell’Ambiente L’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche fa notare che «In Europa, la siccità non colpisce pesantemente solo l’Italia, ma l’intera area mediterranea, dove sempre più scarse sono anche le riserve d’acqua nei serbatoi sotterranei. Nella vicina Francia, il deficit idrologico 2021-2022 è stato, fino ad Aprile, pari al 20% con punte di -40% a Febbraio e Marzo; come in Italia, pochissima è stata la neve caduta in inverno e, nel mese di maggio, in diverse località le temperature massime sono state da 5 a 7 gradi superiori alle medie storiche, segnando record a Strasburgo 34,6°, Albi 35,4°, Tarbes 34,1°. In Spagna, le abbondanti piogge cadute tra Marzo ed Aprile hanno in parte riequilibrato gli effetti di un inverno tra i più secchi di sempre ma, nonostante questo, l’acqua accumulata a Maggio nei serbatoi è solo il 48% della capacità d’invaso (-28% sulla media del periodo)».
Secondo la Commissione Europea, le conseguenze della siccità (dalla mancata produzione agricola all’aumento dei costi irrigui) stanno costando all’area, che comprende Unione Europea e Gran Bretagna, circa 9 miliardi di euro all’anno, con punte di 1 miliardo e mezzo in Spagna e di 1 miliardo e 400 milioni in Italia. In assenza di azioni per contrastare il cambiamento climatico, con un aumento della temperatura di 3 gradi, nel 2100 il costo sarebbe quintuplicato (45 miliardi) e balzerebbe a 65 miliardi, se il termometro crescesse di un ulteriore grado. Per l’Italia si stimano danni tra i 5,4 e gli 8,9 miliardi annui.
Il Direttore Generale di ANBI, Massimo Gargano, conclude: «Di fronte a questi dati ed in attesa di interventi planetari di contrasto ai cambiamenti climatici, ancora lungi dall’essere attuati e comunque realizzabili solo nel lungo periodo, anche in Italia sono indispensabili politiche di adattamento infrastrutturali come la realizzazione di nuovi bacini e reti idriche, capaci di incrementare la resilienza dei territori. I Consorzi di bonifica ed irrigazione hanno un ampio parco progetti a servizio del Paese; alla politica chiediamo le opportune scelte per la loro realizzazione».