Africa: identificati 100 promettenti alimenti dimenticati

Fao e Fara: colture sottoutilizzate che hanno il potenziale per fornire nutrienti alimentari a diverse comunità africane

[9 Aprile 2024]

Paradossalmente, l’Africa dipende dal cibo importato e ospita una quota sproporzionata degli affamati nel mondo, ma è anche un potenziale granaio globale e una superpotenza alimentare. Per fare in modo che lo diventi davvero bisognerebbe sfruttare la grandissima varietà di colture alimentari del continente, come le arachidi Bambara e i piselli piccanti, supercibi come il fonio o il frutto del baobab e colture naturalizzate ricche di vitamine come l’amaranto o il taro, che troppo spesso sono state messe da parte per coltivare alimenti di base globali prodotti altrove.
La nuova pubblicazione  “Compendium of forgotten foods in Africa” realizzata da Fao e  Forum for Agricultural Research in Africa (Fara), punta proprio a spostare l’ago della bilancia identificando i cosiddetti alimenti orfani che molto spesso sono adattati localmente e meno esigenti rispetto alle cultivar esotiche come mais, riso o grano.

Il compendio Fao – Fara presenta «100 esempi di alimenti locali trascurati che hanno il potenziale per fornire in modo sostenibile i nutrienti alimentari tanto necessari a varie comunità in tutta l’Africa».

il vicedirettore e rappresentante regionale per l’Africa della Fao, Abebe, Haile-Gabriel, e il direttore esecutivo della Fara,  Aggrey Agumya, evidenziano che «Il compendio è uno studio esplorativo e un primo passo verso quella che sarà un’identificazione e una caratterizzazione esaustiva dei cibi dimenticati in Africa. Sebbene l’elenco attuale possa essere ampliato nel tempo, il test decisivo è generare una maggiore attenzione e finanziamenti da parte di ricercatori e professionisti dello sviluppo agricolo in grado di guidare investimenti pionieristici nella trasformazione agroalimentare sostenibile».
I 100 esempi raccolti nel Compendio, con immagini, idoneità agroecologica, requisiti agronomici e qualità nutrizionali, sono stati selezionati dopo una prima ricerca di esperti in tutta l’Africa che si occupano di questioni che vanno dallo sviluppo della catena del valore al miglioramento genetico.
Il progetto, iniziato come iniziativa di Fao e Unione Africana, si integra perfettamente anche con The Vision for Adapted Crops and Soils (VACS ), un progetto più recente guidato dalla Fao e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America che è fortemente orientato a sfruttare i prodotti e le tecniche agricole indigene dell’Africa.
Uno dei principali autori della pubblicazione, Mphumuzi Sukati, responsabile senior per l’alimentazione e la nutrizione dell’ufficio regionale della Fo per l’Africa sottolinea che «Questi progetti si stanno muovendo insieme e lavoreranno insieme, soprattutto perché VACS è più concentrato sul miglioramento delle sementi e sullo sviluppo di varietà resistenti e ad alto rendimento delle colture orfane»..

Il compendio è accompagnato dall’altra pubblicazione “Integrating Africa’s forgotten foods for better nutrition” che spiega un’iniziativ che ha suscitato vivaci discussioni su criteri e terminologie. Infatti, alla fine sono stati utilizzati 9 descrittori principali: tradizionale, dimenticato, minore, negletto, sottoutilizzato, orfano, sottosviluppato, cheat-unger e povero.

Altri esperti volevano chiamare queste colture “opportunity crops” dato il loro potenziale di trasformazione dei sistemi agroalimentari africani per renderli più efficienti, inclusivi, resilienti e sostenibili, per una migliore produzione, una migliore nutrizione, un ambiente migliore e una vita migliore, senza lasciare nessuno indietro, in linea con il  FAO Strategic Framework 2022-2031.

L’elenco non è esaustivo e verrà costantemente aggiornato con i prodotti forestali che probabilmente assumeranno un posto più prominente nel tempo man mano che l’iniziativa prenderà piede.

La Fao conclude: «A volte i cibi sono relativamente dimenticati a causa della progressiva perdita di immagine culturale a fronte di cibi importati più esotici, e a volte non vengono dimenticati o trascurati affatto ma – come la manioca o il mango selvatico – rimangono colture tradizionali utilizzate nei mercati locali e non utilizzate. nel commercio a lunga distanza. Una caratteristica comune, tuttavia, è che finora hanno ricevuto poca o nessuna attenzione da parte della politica e della ricerca. Sono quelli che Haile-Gabriel e Agumya chiamano alimenti “backbench” e dovrebbero essere oggetto di promozione grazie alla loro adattabilità ai settori produttivi, alle strutture culturali e socioeconomiche e ai bisogni nutrizionali dell’Africa».