Agricoltura insostenibile per la biodiversità: calo del 36% dell’avifauna delle zone agricole

Lipu: si impone più green deal e più spazio alla natura e meno alla chimica

[12 Febbraio 2024]

Secondo i dati del 2023 dello studio sul Farmland Bird Index pubblicato dalla Lipu/BirdLife, gli uccelli sono  calati del 36% nel complesso degli ambienti agricoli in Italia, addirittura meno 50% in Pianura Padana. L’indicatore che descrive l’andamento delle popolazioni degli uccelli comuni delle aree agricole, calcolato dalla Lipu su incarico del ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, nell’ambito della Rete rurale nazionale, rivela che «Sono ancora peggiori dell’anno precedente i nuovi dati 2023 sulla presenza di uccelli nelle zone agricole, a conferma che il Green Deal e la transizione ecologica devono proseguire senza indugi e anzi rafforzarsi, sapendo conciliare le esigenze della produzione agricola con l’indispensabile tutela della biodiversità».

Ma questo auspicio è il contrario di quanto chiede la protesta dei trattori – a quanto pare appoggiata dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana. secondo i sondaggi – e lo stesso mnistero che ha commissionato l’indagine della Lipu.

E l’associazione fa notare che «Se le popolazioni degli uccelli agricoli sono diminuite del 36% dal 2000 al 2023, e se nelle aree di maggiore pressione dell’agricoltura intensiva e di urbanizzazione, ossia in pianura, la metà degli uccelli è andata persa (-50%), allora urge l’approvazione di quelle norme europee che possono ridare spazio alla biodiversità prevedendo il ripristino di ambienti andati distrutti (elementi del paesaggio, zone umide di pianura) e un rafforzamento della PAC in difesa dell’ambiente, ripristinando per esempio l’opzione del 4% dei terreni da lasciare incolti, troppo frettolosamente posticipata».

Per Federica Luoni, responsabile agricoltura della Lipu, «I dati del nuovo FBI sono drammatici con 20 delle 28 specie prese in esame, ossia oltre il 70% del totale delle specie, con indici di popolazione in declino significativo. Si tratta, tuttavia, di numeri purtroppo attesi, poiché nessuna delle politiche e delle misure che avevano lo scopo di invertire la tendenza è stata messa in atto».

E i numeri parlano dell’insostenibilità di un modello agricolo che viene però presentato come salutare e genuino. secondo i dati FBI, «L’agricoltura intensiva degli ultimi decenni ha portato al crollo di specie in passato molto presenti, come la rondine, l’allodola o la passera d’Italia, più che dimezzate, e la quasi scomparsa di specie come l’averla piccola,  il saltimpalo, il torcicollo, il calandro. Il degrado non colpisce soltanto le zone di pianura ma anche i mosaici mediterranei e gli ambienti collinari, specialmente delle zone del centro e del sud Italia, dove otto specie su nove (torcicollo, upupa, usignolo, saltimpalo, verdone, cardellino, verzellino e ortolano, mentre la nona, il rigogolo, ha un trend in aumento) stanno vivendo un calo numero consistente a causa della banalizzazione dei paesaggi agricoli e dell’uso di prodotti chimici».

In leggera ripresa appare invece l’FBI per le specie delle praterie montane, come stiaccino, culbianco e altre, pur attestandosi però su un -24% complessivo.

Dai dati di Rete Rurale Nazionale & Lipu (2024). Farmland Bird Index nazionale e andamenti di popolazione delle specie in Italia nel periodo 2000-2023 viene fuori la classifica delle 10 specie di uccelli delle zone agricole più colpite dal declino (2000-2023): Torcicollo – 78%; Calandro – 78%; Saltimpalo – 73%; Averla piccola -72%; Passera d’Italia – 64%; Passera mattugia – 63%; Allodola – 54%; Verdone – 54%; Rondine – 51%; Cutrettola – 49,5%

La Lipu ricorda quali sono le agroecologiche fondamentali del Green Deal per un’agricoltura di qualità e amica degli uccelli: «Almeno il 25% dei terreni agricoli coltivato biologicamente; Almeno il 10% dei terreni agricoli destinato in elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità; Ridurre del 50% l’uso e il rischio dei fitofarmaci; Ridurre del 50% l’uso dei fitofarmaci più dannosi per ambiente e salute umana; Ridurre del 50% le perdite di sostanza organica del suolo; Ridurre del 20% l’uso dei fertilizzanti; Piantare 3 miliardi di alberi aggiuntivi rispettando i principi ecologici (che significa anche più siepi e filari tra i campi agricoli)».

Sono gran parte delle misure respinte o sbeffeggiate dall’ala più dura della protesta dei trattori e che la politica che liscia il pelo alla protesta corporativa ora definisce paturnie di qualche ambientalista e dei Verdi dopo everle magari votate in Europa. Ma un’agricoltura che fa scomparire gli animali che hanno prosperato e convissuto con l’agricoltura non è sana nemmeno per gli esseri umani.

La Luoni conclude: «Nonostante il quadro negativo, le possibilità di ripresa ci sono. in particolare in quelle aree agricole dove la produzione è meno intensiva e industriale, e dove la biodiversità ancora è presente. Per questo è importantissimo incentivare le misure naturalistiche, in Europa e in Italia, dalle quali l’agricoltura non può che trarre beneficio in termini di salute del suolo, presenza di impollinatori, ricchezza dei servizi ecosistemici, qualità del cibo e del paesaggio. Il futuro è questo».