Coldiretti al Brennero contro l’invasione di cibo straniero: +60% in un decennio

FederBio, Legambiente e Slow Food: lotta alle agromafie, reciprocità degli standard di qualità e contrasto ai pesticidi vietati in Ue

[9 Aprile 2024]

Secondo Coldiretti, «Nel giro degli ultimi dieci anni le importazioni di cibo straniero sono aumentate del 60% raggiungendo il valore record di 65 miliardi di euro. Prodotti spesso provenienti da Paesi che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori».

La denuncia, che si basa su dati Istat, è stata fatta in occasione della mobilitazione con diecimila agricoltori in due giorni al Brennero per chiedere «Più trasparenza e un netto stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard garantendo il principio di reciprocità delle regole».

Per Coldiretti si tratta di «Un vero e proprio attacco al patrimonio agroalimentare dell’Italia favorito dalle follie europee che fanno calare la produzione agricola nazionale spingendo il deficit alimentare del Paese che è arrivato a produrre appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento».

Un’invasione non ha risparmiato nessun  settore: «Nel 2023 hanno attraversato le frontiere oltre 5 miliardi di chili di prodotti ortofrutticoli con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente». Secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat, «Uno dei prodotti simbolo dell’invasione sono le patate,. Escludendo quella per la semina, ne sono arrivati 797 milioni di chili, in crescita del 39% rispetto a dodici mesi prima. A questi ne vanno aggiunti altri 288 milioni di chili congelate e 74 milioni di chili cotte e congelate, oltre a 10 milioni di chili di patatine già pronte tipo quelle fritte dei sacchetti. Ammontano poi a 251 milioni di chili le importazioni di piselli tra freschi e secchi (+20%), mentre quelle di fagioli sono pari a 176 milioni di chili (+9%), e di lattuga ne sono arrivati 126 milioni di chili (+5%). Di pere ne sono arrivati 127 milioni di chili (+15%) ma è boom soprattutto per gli arrivi di pesche e nettarine balzate a 108 milioni di chili (+74%). Crescono a doppia cifra – rileva Coldiretti – anche le importazioni di kiwi (+23%) pari a 80 milioni di chili. A questi vanno aggiunti i prodotti trasformati, come ad esempio i succhi di frutta. Nel 2023 ne abbiamo importati 202 milioni di chili, il 25% in più rispetto al 2022. Nel 2023 abbiamo importato 3,06 miliardi di chili di grano duro per la pasta – denuncia Coldiretti –, in crescita del 66% rispetto all’anno precedente, mentre gli arrivi di grano tenero con cui fare pane e biscotti sono stati di 4,88 miliardi di chili, l’8% in più rispetto a dodici mesi prima. Le importazioni di latte sfuso sono state pari a 884 milioni di kg, in aumento del 47% rispetto al 2022, ai quali vanno aggiunti altri 302 milioni di kg di confezionato. Ma ci sono anche 593 milioni di chili di formaggi e latticini arrivati nel 2023 (+11%). Tra le carni, le importazioni maggiori hanno riguardato quelle di maiale, pari a 992 milioni di chili (+4%), davanti alle bovine con 375 milioni di chili (+5%) mentre quelle di pecora ammontano a 29 milioni di chili (+14%). Per il pesce, ne abbiamo importato 793 milioni di chili, sostanzialmente sui livelli del 2022».

Nonostante i recenti dissapori con Coldiretti per gli attacchi di Coldiretti alle politoche ambientali e sulla biodiversità dell’Unione europea, FederBio, Legambiente e Slow Food Italia hanno scelto di partecipare insieme alla manifestazione al valico del Brennero «Per sensibilizzare le istituzioni sul tema dell’obbligo dell’origine in etichetta per le produzioni agroalimentari e contrastare l’importazione di prodotti che vengono venduti come italiani, senza però rispettare regole e standard richiesti per i prodotti nazionali, generando così condizioni di concorrenza sleale per i produttori italiani».

Le tre organizzazioni evidenziano che la loro presenza congiunta «Vuole essere una manifestazione di sostegno agli agricoltori, logorati da sfide economiche e climatiche che non riescono più a gestire, e ha l’obiettivo di condividere alcune proposte costruttive per tutelare le produzioni agroalimentari italiane. Fra tutte quella della revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale dell’Unione europea e del luogo di provenienza  e sob no d’accordo con il presidente della Coldiretti Ettore Prandini quando dice che è «Fondamentale superare le attuali regole sul codice doganale per contrastare in maniera decisa le frodi al nostro agroalimentare. Dobbiamo evitare che i consumatori siano ingannati e bloccare tutto quello che permette di vendere come italiano, magari anche camuffandone il nome, come un prosciutto fatto con cosce di maiale provenienti dall’estero. Serve poi insistere sul principio di reciprocità in una situazione che vede l’ingresso dalle frontiere di prodotti trattati con sostanze e metodi vietati in Europa che non rispettano le stesse normative comunitarie in fatto di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e del lavoro. Una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori europei peraltro sottoposti a regolamenti e vincoli spesso fuori dalla realtà. Per questo abbiamo lanciato anche una  raccolta firme con la proposta di iniziativa popolare per mettere in trasparenza la filiera agroalimentare».

FederBio, Legambiente e Slow Food Italia  hanno presentato alcune istanze che ritengono prioritarie per rilanciare l’intera agricoltura nazionale, «Basate sulla transizione agroecologica, vera risposta alla crisi dei sistemi alimentari. Il metodo biologico propone un modo di produrre nel rispetto della fertilità del suolo, della salute dei cittadini e degli ecosistemi ambientali, che può diventare un punto di riferimento per l’intero comparto agricolo».

Stefano Ciafani, presidente di Legambiente  dal Brennero ha lancia un messaggio forte e chiaro al governo e a tutte le forze politiche: «Si recuperi e approvi in tempi rapidi il ddl contro le agromafie e l’agropirateria che ad oggi è inspiegabilmente in stallo alla Camera dei deputati. A Governo e Parlamento chiediamo un atto di responsabilità affinché si sblocchi questa situazione. Un vuoto normativo da colmare al più presto e che permetterebbe, con l’introduzione nel codice penale dei nuovi delitti contro il patrimonio agroalimentare e un inasprimento delle pene, di contrastare la criminalità organizzata che ha affondato le sue radici anche nella filiera agro-alimentare, dal campo alla tavola. Parliamo di norme previste dal disegno di legge elaborato dopo un lungo e approfondito lavoro dall’Osservatorio sulle agromafie promosso dalla Coldiretti e presieduto da Giancarlo Caselli per fermare la concorrenza sleale e che condividiamo in pieno».

Per Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, «Il disagio profondo del settore primario che abbiamo visto sfociare nelle piazze in questi mesi è il frutto della tempesta perfetta che ha travolto l’agricoltura europea. Gli eventi climatici estremi sempre più frequenti e sempre meno prevedibili hanno ridotto le rese. I prezzi pagati ai produttori sono sempre più bassi e le aziende non coprono i costi. Da decenni ormai le politiche agricole nazionali e internazionali sono miopi e confinano la produzione alimentare a un insalubre assistenzialismo. A ciò si è aggiunta la concorrenza – sleale di fatto, legale nella forma – da parte di Paesi che non sono tenuti a rispettare le regole valide in Italia, in termini ambientali per l’uso di fitofarmaci, e in termini etici per i diritti di lavoratori e consumatori» «Riteniamo dunque urgente istituire clausole specchio nelle relazioni commerciali dell’Unione con i Paesi terzi: un sistema in grado di regolamentare la concorrenza fra prodotti locali e di importazione, garantire ai consumatori trasparenza su alimenti importati e limitare al contempo gli impatti negativi su salute, società e ambiente negli stessi Paesi esportatori. Introdurre clausole specchio consentirebbe di attuare gli obiettivi del Green Deal, premiando – ovunque – le aziende che producono cibi sani nel rispetto della fertilità del suolo e degli ecosistemi, sostenendo affinché possano modificare il proprio modello produttivo, passando da monocolture intensive a pratiche agroecologiche per un’agricoltura che non comprometta il futuro, ma lo garantisca».

La presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini ha concluso: «FederBio considera prioritaria per i prodotti biologici la questione del “giusto prezzo”, elemento chiave per difendere il reddito degli agricoltori e garantire la trasparenza di tutta la filiera nei confronti dei cittadini. Per questo dobbiamo evitare situazioni di concorrenza sleale ed è fondamentale che, per i prodotti agroalimentari importati, siano rispettate le stesse norme che valgono per i produttori italiani ed europei. Questo è un punto chiave anche per il biologico, per il quale condividiamo l’iniziativa di Coldiretti» sottolinea  «Il Regolamento europeo sul bio prevede, per le importazioni dei prodotti biologici, il passaggio dal principio di equivalenza a quello di conformità a partire dal 2025. Questo significa che gli alimenti bio importati dovranno rispettare le medesime regole cui sono sottoposti gli agricoltori bio europei. Riteniamo che lo stesso principio debba essere applicato all’agricoltura convenzionale. Si tratta di una differenza sostanziale perché impone a chi esporta in Europa di seguire le medesime regole e standard imposti agli agricoltori Ue anche per quanto riguarda l’uso dei fitofarmaci. L’introduzione del principio di conformità a tutta l’agricoltura eviterebbe che ingenti quantitativi di principi attivi vietati in Ue, siano scaricati dalle multinazionali nei Paesi in via di sviluppo, rientrando poi in Italia e in Europa sotto forma di frutta e altri alimenti. Bloccare questi agrofarmaci è fondamentale per tutelare la salute, la fertilità del suolo e gli ecosistemi, ma anche per contribuire a superare situazioni di concorrenza sleale per gli agricoltori».