Coldiretti: è sos raccolti per lo stop dei braccianti stranieri alle frontiere
Il caldo fuori stagione ha anticipato la stagione delle primizie, ma mancano le braccia a buon mercato per raccoglierle
[8 Marzo 2021]
Salvo qualche giapponese xenofobo rimasto ancora nella foresta ad ascoltare le sempre più flebili accuse del Salvini di governo sui migranti che portano il Covid e della Meloni rimasta a difendere il suolo patrio sul bagnasciuga, la questione migranti sembra essere stata eclissata dallo spettro del Covid-19 e di una crisi economica che ha dimostrato tutta la fragilità di un sistema nel quale – sorpresa – i migranti erano e restano essenziali.
A rivelarlo ancora una volta è Coldiretti che denuncia con preoccupazione che «Con l’avanzare della pandemia arriva il primo stop alle frontiere per i lavoratori agricoli stranieri impegnati nelle campagne italiane con il Marocco che ha sospeso tutti i collegamenti aerei con l’Italia dove il caldo fuori stagione ha favorito la maturazione precoce delle primizie».
La più grande organizzazione agricola italiana sottolinea che «La comunità marocchina è la più numerosa tra i lavoratori agricoli provenienti da fuori dei confini comunitari con quasi 36mila persone, quasi il 10% del totale dei braccianti stranieri che ogni anno si occupano da nord a sud della Penisola. Il blocco delle partenze è scattato in un momento delicato per le aziende agricole italiane impegnate nei trapianti per le produzioni estive e nella raccolta degli ortaggi per garantire i rifornimenti alimentari alle famiglie italiane. La Coldiretti è impegnata con l’Ambasciata del Marocco per cercare di superare le difficoltà determinate dalle misure cautelative adottate dal Paese africano di fronte di alla diffusione del contagio Covid nell’Unione Europea. Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti specializzati a tempo determinato che arrivano ogni anno attraversando il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese».
Una situazione che rivela tutta l’ipocrisia delle accuse ai migranti di togliere il lavoro agli italiani e Coldiretti fa notare che, secondo il Dossier di Idos al quale ha collaborato, «Il problema rischia di allargarsi a macchia di olio in una situazione in cui a livello nazionale viene ottenuto da mani straniere più di un quarto del Made in Italy a tavola, con 368mila lavoratori provenienti da ben 155 Paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura fornendo il 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. A fine 2019, i lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono 368.000 per la maggior parte provenienti da Romania (98.011), Marocco (35.787), India (35.355) e Albania (33.568)».
E in molti “distretti agricoli” (alcuni dei quali a forte maggioranza leghista), i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale. Coldiretti fa gli esempi della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani.
Secondo Coldiretti, «L’apertura delle frontiere è importante poiché, con l’arrivo della primavera si intensifica l’attività nelle campagne: dopo fragole, asparagi, carciofi, ortaggi in serra con l’aprirsi della stagione la raccolta nei campi all’aperto, partendo dal sud per arrivare al nord».
Nel sottolineare «L’importanza di lavorare a livello nazionale per accordi bilaterali con i Paesi dove è più rilevante il flusso di lavoratori», il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, aggiunge che «In queste condizioni è importante l’impegno da parte della Commissione europea a presentare il prossimo 17 marzo della proposta legislativa per un Digital green pass con l’obiettivo di consentire gradualmente agli europei di muoversi in sicurezza all’interno o all’esterno dell’Ue, per lavoro o turismo. Ma in una situazione in cui si registra un rinnovato interesse degli italiani per il lavoro agricolo è anche importante una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa ridurre la burocrazia e consentire anche a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui tanti lavoratori sono in cassa integrazione e le fasce più deboli della popolazione sono in difficoltà».