Coldiretti: raccolto di grano in Italia a -15% causa siccità
Cia: no a speculazioni a ridosso del raccolto. A rischio le prossime semine
[14 Giugno 2022]
Alle difficoltà di importare dovute alla guerra in Ucraina si aggiunge il fatto che «La produzione di grano in Italia è stimata quest’anno in calo del 15% per effetto della siccità che ha tagliato le rese dal Nord a Sud del Paese». A dirlo è una stima realizzata da Coldiretti in occasione dell’avvio della trebbiatura che inizia dalle regioni del sud, a cominciare dalla Puglia con il grano duro, dove si concentra la maggiore produzione nazionale.
Coldiretti sottolinea che «Al nord dall’Emilia Romagna al Veneto si prevede un calo intorno al 10%, mentre per le regioni centrali la diminuzione potrebbe attestarsi al 15-20% ma al Sud si prevede un minor raccolto tra il 15 e il 30%. Per effetto della riduzione delle rese a causa dei cambiamenti climatici, complessivamente il raccolto dovrebbe attestarsi attorno ai 6,5 miliardi di chili a livello nazionale su una superficie totale di 1,71 milioni di ettari coltivati fra grano duro per la pasta (1,21 milioni di ettari) e grano tenero per pane e biscotti (oltre mezzo milione di ettari)».
Secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea, «La minor produzione pesa sulle aziende cerealicole che hanno dovuto affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68%». Inoltre, «In un caso su quattro i costi superano i ricavi con il grano duro per la pasta che è quotato in Italia 55 centesimi al chilo e quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. L’impatto si fa sentire anche sui consumatori con i prezzi che dal grano al pane aumentano da 6 a 12 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito venduto da 2,7 euro al chilo a 5,4 euro al chilo».
La più grane organizzazione agricola italiana ricorda che si tratta di «Un trend negativo che aumenta la dipendenza dall’estero in una situazione in cui l’Italia è diventata deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci e il 62% del grano duro per la pasta. La situazione è preoccupante anche a livello internazionale dove la produzione mondiale di grano per il 2022/23 è stimata in calo a 769 milioni, per effetto della riduzione in Ucraina con un quantitativo stimato di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione ma anche negli Stati Uniti (46,8 milioni) e in India (105 milioni), secondo l’analisi della Coldiretti sugli ultimi dati dell’International Grains Council che evidenzia peraltro che in controtendenza il raccolto di grano cresce del 2,6% in Russia per raggiungere 84,7 milioni di tonnellate delle quali circa la metà destinate all’esportazioni (39 milioni di tonnellate). Il Paese di Putin è il primo esportatore mondiale di grano con il controllo delle scorte alimentari, rischia di sconvolgere gli equilibri geopolitici mondiali con Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi».
Ma, in merito alle speculazioni nel nostro Paese, l’atra grande associazione agricola, Cia – Agricoltori Italiani ricorda che «Le rotte dell’export di frumento da Kiev comprendono solo in minima parte l’Italia e un’intesa fra Putin e gli ucraini avrà ripercussioni positive esclusivamente per i Paesi africani e del Medio Oriente, principali importatori dalle zone del conflitto. Da noi arriva dall’Ucraina solo il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione e zero di grano duro per la pasta. La stessa Unione europea copre suo fabbisogno solo il 15% dell’import totale di cereali dall’Ucraina e insieme a Usa e Canada produce 215mln di tonnellate di grano, con cui può sopperire senza problemi alla mancanza del grano da Kiev. Le banche d’affari internazionali hanno, però, condizionato con le loro operazioni finanziarie gli scambi commerciali dell’economia reale, distorcendo le dinamiche della domanda e dell’offerta delle commodities agricole».
Coldiretti evidenzia che è comunque «Una situazione che riguarda direttamente anche l’Unione Europea nel suo insieme, dove il livello di autosufficienza delle produzione comunitaria varia dall’ 82% per il grano duro destinato alla pasta al 93% fino al 142% per quello tenero destinato alla panificazione secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo outlook della Commissione Europea che evidenzia l’importanza di investire sull’agricoltura per ridurre la dipendenza dall’estero e non sottostare ai ricatti alimentari. L’Italia in particolare è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori con la perdita di quasi un campo di grano su dieci nell’ultimo decennio».
Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, aggiunge: «Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi sia immediati per salvare le aziende che strutturali per programmare il futuro del sistema agricolo nazionale, mentre a livello comunitario servono più coraggio e risorse per migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi. Occorrono investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma bisogna anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici».
Anche la Cia sottolinea che «Gli agricoltori reclamano il giusto prezzo per il raccolto di grano coltivato in questi mesi a costi esorbitanti, con stime del +40% sulla mietitura per il rincaro del gasolio agricolo (+100% su 2021), che galoppa dopo l’annuncio dell’embargo sul petrolio russo. Con l’inizio delle operazioni di raccolta, Cia-Agricoltori Italiani nutre timori di speculazioni finanziarie sul nostro mercato, in concomitanza dell’auspicato sblocco delle navi ucraine cariche di frumento da Odessa. Per le aziende che non riusciranno a coprire i costi di produzione sarà difficile seminare nuovamente grano in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime agricole dall’estero. Un accordo russo-ucraino non diventi, dunque, l’alibi perfetto per gli interessi dei trader, che spingono al ribasso del prezzo proprio nell’imminenza della raccolta. A tutto svantaggio degli agricoltori italiani, che già soffrono uno scarso potere contrattuale rispetto a intermediatori e commercianti. Le aziende cerealicole dovranno, infatti, vendere subito il frumento, strozzate dai gravosi investimenti necessari a fronteggiare i vertiginosi aumenti dei costi energetici e la fiammata dei fertilizzanti di provenienza russa (+400%)».
Oltre ai rincari dei fattori produttivi già sostenuti, le previsioni delle prossime operazioni in campo non sono affatto rosee: Cia stima che «I produttori dovranno affrontare la mietitura con un costo per ettaro di 100 euro rispetto ai 70 del 2021 (+40%), mentre si calcola un aumento del trasporto verso i centri di stoccaggio del +50%, dove anche la refrigerazione del grano sconterà il generale aggravio dei costi energetici. A questo si aggiunge il costo più che raddoppiato di tutta la manutenzione e la ricambistica necessaria alle macchine agricole».