Delta del Po, la subsidenza fa avanzare il cuneo salino. Una barriera antisale per difendersi
Anbi: un grave problema che danneggia l’economia e l’ambiente causato dall’estrazione di idrocarburi
[6 Novembre 2019]
In occasione della visita del presidente della Commissione agricoltura della Camera, Filippo Gallinella (Movimento 5 Stelle) nelle valli del Po in provincia di Rovigo, il presidente dell’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) Francesco Vincenzi, ha sottolineato che «Un grande problema del delta del fiume Po, accentuato dalla crisi climatica, è la risalita del cuneo salino che, contaminando le falde, le rende inservibili sia per la potabilizzazione che per l’irrigazione. Per questo organizzeremo un evento finalizzato a sollecitare la realizzazione di barriere antisale, coinvolgendo l’Autorità di Bacino del Fiume Po. Ancora una volta, i Consorzi di bonifica confermano così il ruolo centrale a servizio di un territorio affascinante, ma idraulicamente difficile da gestire come il Polesine».
Gallinella ha sottolineato che «Il Delta del Po è un habitat straordinario, che necessita di costante manutenzione da parte dell’uomo soprattutto per le conseguenze indotte dalla subsidenza, per contrastare la quale sono stato primo firmatario dell’emendamento approvato alla Legge di Bilancio 2018, finalizzato a ripristinare appositi fondi per lenire i danni del fenomeno. Per questo, ringrazio i Consorzi di bonifica per l’opportunità di visionare in prima persona le conseguenze di un processo che, iniziato decenni fa, ha oggi rallentato, ma non ancora esaurito un incedere, che tanti problemi crea all’assetto idrogeologico».
Dal 1938 al 1964 le province di Rovigo, Ferrara e il comune di Ravenna sono stati interessati dallo sfruttamento di giacimenti metaniferi e l’Anbi ricorda che «L’emungimento di acque metanifere innescò un’accelerazione, nell’abbassamento del suolo, decine di volte superiore ai livelli normali: agli inizi degli anni ‘60 raggiunse punte di 2 metri ed oltre, con una velocità stimabile in 10-25 centimetri all’anno; misure successive hanno dimostrato che l’abbassamento del territorio ha avuto punte massime di oltre 3 metri dal 1950 al 1980. Ulteriori rilievi effettuati dall’Università di Padova hanno evidenziato un ulteriore abbassamento di 50 centimetri nel periodo 1983-2008 nelle zone interne del Delta del Po». Legambiente e altre associazioni e comitati locali hanno più volte denunciato e dimostrato che lungo la costa del Delta la subsidenza continua a causa delle piattaforme offshore che continuano ad estrarre idrocarburi.
E pensare che, nonostante questi disastri, nell’opposizione di destra-centro (e non solo) c’è chi si oppone ferocemente a quanto previsto dall’articolo 94 della Bozza della Manovra 2020 che, accogliendo un emendamento ambientalista, abolisce la franchigia/la esenzione dal versamento delle royalties per le operazioni di estrazione degli idrocarburi liquidi o gassossi in mare e a terra, «abolendo – dice il Wwf – un privilegio dei petrolieri a danno delle casse pubbliche, consentendo di finanziare interventi ambientali e dando un segnale positivo sulla strada della decarbonizzazione».
Secondo il wwf, «La franchigia costituisce implicitamente un sussidio ambientalmente dannoso a sostegno dei combustibili fossili, che sono tra i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, come chiaramente ricordato nel Catalogo sui sussidi ambientalmente favorevoli e sui sussidi ambientalmente dannosi redatto nel luglio 2018 dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ai sensi dell’art. 68 della legge n. 221/2015».
Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, rilancia l’allarme più o meno con l gli stessi argomenti degli ambientalisti. «L’abbassamento dei territori del Polesine e del Delta Padano ha causato un grave dissesto idraulico e idrogeologico, nonché ripercussioni sull’economia e la vita sociale dell’area Il sistema di bonifica è attualmente costituito da un numero importante di impianti idrovori: 201 nel solo rodigino, cui aggiungere i 170 nel ferrarese e 144 impianti nel ravennate». Giancarlo Mantovani, direttore dei Consorzi di bonifica Adige Po e Delta del Po, aggiunge: «La subsidenza costa annualmente un aggravio di circa 5 milioni di euro a carico dei consorziati polesani. Essendo un fenomeno indotto da scelte estranee agli interessi del territorio, chiediamo che le bollette dei Consorzi di bonifica locali vengano quantomeno sgravate dei cosiddetti oneri di sistema, che ammontano indicativamente al 20% dell’importo».
L’Anbi conclude ricordando che «La conseguenza dell’alterazione dell’equilibrio idraulico è stato infatti lo sconvolgimento del sistema di bonifica: gli alvei e le sommità arginali si sono abbassati, aumentando la pressione idraulica sulle sponde ed esponendo il territorio a frequenti esondazioni. Gli impianti idrovori hanno funzionano per un numero di ore di gran lunga superiore a quello precedente (addirittura il triplo od il quadruplo), con maggior consumo di energia e conseguente aumento delle spese di esercizio a carico dei Consorzi di bonifica. Si è reso inoltre indispensabile il riordino di tutta la rete scolante così come degli argini a mare».