Greenpeace all’Ue: ridurre la zootecnia intensiva per compensare il deficit di grano dall’Ucraina

Nell’Ue 162,5 milioni di tonnellate di cereali per nutrire animali, su un totale di 303 milioni di tonnellate

[23 Marzo 2022]

Oggi la Commissione europea ha presentato la sua strategia per affrontare le conseguenze dalla guerra in Ucraina sul settore agroalimentare e secondo Greenpeace «Una riduzione dell’8% nell’uso di cereali per l’alimentazione animale nell’Ue consentirebbe di risparmiare abbastanza frumento per compensare il deficit previsto a causa dell’invasione della Russia in Ucraina».

L’Ucraina produce in media 26 milioni di tonnellate di frumento all’anno, che in gran parte viene esportata. La Fao stima che, a causa della guerra, la produzione di cereali in Ucraina subirà probabilmente una riduzione tra il 20% e il 30%. Uno scenario più estremo, con una riduzione del 50% della produzione di grano, causerebbe un deficit di 13 milioni di tonnellate di frumento disponibile per nutrire gli abitanti delle nazioni più povere.

Nell’Ue, vengono utilizzate 162,5 milioni di tonnellate di cereali di tutti i tipi per nutrire animali, principalmente suini e avicoli, su un totale di 303 milioni di tonnellate (cibo, mangimi e usi industriali combinati). Il frumento ammonta a 38,2 milioni di tonnellate dei cereali usati nell’Ue per l’alimentazione animale. Greenpeace fa notare: «Considerando che i diversi cereali sono, in certa misura, intercambiabili nell’alimentazione animale, una riduzione di appena l’8% – da 162,5 a 149,5 milioni di tonnellate di cereali – permetterebbe di rendere disponibili 13 milioni di tonnellate di frumento per il consumo umano».

L’organizzazione ambientalista ricorda che «La produzione di grano dell’Ucraina, da cui molti paesi a basso reddito al di fuori dell’Ue dipendono per le forniture alimentari, sarà infatti ridotta a causa del conflitto. L’impatto principale di questa guerra nei confronti degli agricoltori europei, invece, è una limitata riduzione dell’importazione di materie prime destinate alla mangimistica e problemi nelle forniture di fertilizzanti sintetici, che in buona parte sono usati per coltivare mangimi destinati alla produzione intensiva di carne».

Per questo Greenpeace chiede all’Unione Europea e ai governi nazionali di «Ridurre il numero di animali allevati in modo intensivo per liberare cereali sufficienti a compensare il deficit di grano, e diminuire la dipendenza dell’UE da fertilizzanti sintetici sempre più costosi e inquinanti». Richiesta che fa parte di una serie di misure che Greenpeace ha presentato a livello europeo per assicurare che la carenza di grano non vada a pesare sulle fasce di popolazione più vulnerabili e per far sì che il sistema agroalimentare europeo diventi più resiliente.

Greenpeace sottolinea che «Oggi la Commissione Europea ha annunciato di voler destinare 500 milioni di euro di aiuti finanziari agli agricoltori che affrontano i disagi legati alla guerra e di permettere che un altro miliardo di euro sia elargito da parte dei governi nazionali. La Commissione, sostenuta da diversi Paesi membri, ha anche detto di voler allentare le misure di protezione ambientale previste dalla Politica agricola comune dell’Ue (PAC) e sembra incline a ritardare l’attuazione degli elementi chiave del Green Deal e della strategia “Farm to fork” su pressione dei lobbisti del settore agroindustriale e di alcuni rappresentanti politici, compreso il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli per l’Italia».

Secondo Federica Ferrario, campagna agricoltura di Greenpeace Italia, «In pratica le lobby agroindustriali stanno chiedendo ai contribuenti di tirarsi la zappa sui piedi, pagando il conto per mangimi, fertilizzanti di sintesi e per ridurre le tutele ambientali. L’eccesso di colture per gli allevamenti intensivi, e i fertilizzanti di sintesi usati per coltivarle, rendono questo sistema molto vulnerabile alle perturbazioni esterne. Serve invece sostenere gli agricoltori in un percorso per ridurre il numero di animali allevati, e non continuare a finanziare con risorse pubbliche questa modello insostenibile. Meno carne e latticini, insieme a incentivi per le produzioni ecologiche, renderebbero l’agricoltura europea più resistente agli shock, sia a quelli imprevisti come questo conflitto, sia quelli prevedibili come la crisi climatica. Invece l’UE rischia di puntare nuovamente su un modello insostenibile».