I braccianti agricoli stranieri più vulnerabili durante la pandemia di Covid-19
Studio di Cnr e università di Sheffield analizza il caso studio della Capitanata in Puglia
[23 Febbraio 2021]
Lo studio “The interplay between structural and systemic vulnerability during the COVID-19 pandemic: migrant agricultural workers in informal settlements in Southern Italy”, pubblicato sul Journal of Migration and Ethnic studies da Serena Tagliacozzo e Lucio Pisacane dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps) e da Majella Kilkley del Department of socological studies dell’università di Sheffield, analizza «l’interazione tra vulnerabilità strutturale e sistemica durante l’attuale pandemia e le conseguenti ripercussioni sui lavoratori stranieri nel contesto agricolo, con particolare riferimento a quello della Capitanata, in Puglia».
Pisacane spiega che «Nella primavera del 2020, la vulnerabilità strutturale dei lavoratori agricoli migranti ha guadagnato la scena mediatica, e in qualche misura il centro del dibattito politico, per due ragioni. La prima è che questi sono rientrati a pieno titolo tra i “lavoratori essenziali”, impegnati cioè in un settore chiave che ha garantito le forniture alimentari durante i mesi del confinamento. La seconda ragione è di natura epidemiologica. Le precarie condizioni di vita e l’organizzazione del lavoro tra i braccianti stranieri, così come la conosciamo in molte aree del Mezzogiorno ma anche in alcune del Centro-Nord, hanno reso impraticabile il distanziamento sociale e il rispetto dei dettami fondamentali in materia di sanità e igiene al fine di contenere il contagio. Le medesime condizioni di vita e di lavoro che prima del COVID-19 erano largamente tollerate, sebbene in violazione dei diritti umani e delle norme sul lavoro, sono diventati un fattore di rischio per l’intera società».
Data l’attuale situazione di crisi, i ricercatori italiani e britannici hanno fatto riferimento anche all’approccio sviluppato dallo United Nations Office for Disaster Risk Reduction che ha evidenziato come il rischio sia fortemente legato alle interconnessioni tra i network di sistemi complessi.
Pisacane sottolinea che «La vulnerabilità strutturale può essere limitata a un determinato ambito del sistema, di contro la vulnerabilità sistemica ha il potenziale per creare effetti a catena su scala globale. Mentre gli effetti della vulnerabilità strutturale – come ad esempio povertà, emarginazione e discriminazione – sono evidenti, le implicazioni della vulnerabilità sistemica sono in gran parte sottostimate in tempi cosiddetti normali. Aumentare la consapevolezza è quindi difficile in periodi non interessati dalle crisi, le quali invece insistono sulle interconnessioni tra debolezze strutturali facendo emergere il rischio di fallimenti a livello sistemico».
I ricercatori hanno esaminato come caso studio l’area della Capitanata per la presenza storica di migranti impiegati in agricoltura che vivono in insediamenti informali in condizioni di vulnerabilità.
Pisacane conclude: «Il caso studio mostra come le condizioni di vulnerabilità di lunga data a livello strutturale abbiano interagito con la crisi Covid-19 producendo ulteriori problematiche per i lavoratori migranti, esponendoli al contempo alla vulnerabilità dei sistemi collegati, come ad esempio il mercato del lavoro agricolo, il sistema di migrazione e asilo, e quello dell’assistenza sanitaria. In questo senso le conclusioni dell’articolo indicano come l’interazione delle vulnerabilità abbia prodotto, tra le altre, una rinnovata visibilità al fenomeno del grave sfruttamento in agricoltura favorendo una lenta e complessa presa di coscienza di una manodopera disomogenea e poco organizzata per rivendicare i propri diritti».