Dalla coalizione Cambiamoagricoltura un dossier per il Consiglio dei ministri Ue di oggi

«Il contrasto ai cambiamenti climatici è il modo più efficace di tutelare i redditi degli agricoltori»

Eppure ogni anno lo stesso comparto emette 30 milioni di tonnellate di gas climalteranti: i primi responsabili sono l’abuso di fertilizzanti di sintesi e l’eccesso di concentrazione zootecnica, pervasivi in pianura padana

[14 Maggio 2019]

Nell’ultimo anno agricoltura, silvicoltura e pesca in Italia hanno messo insieme un valore della produzione pari a 59,3 miliardi di euro nel 2018, in timido rialzo rispetto all’anno precedente secondo i dati forniti oggi da Istat. L’elemento di maggior preoccupazione per il comparto è però – o dovrebbe essere – l’avanzata dei cambiamenti climatici: secondo la Coldiretti è questo fattore che sono imputabili danni al comparto per oltre 14 miliardi di euro negli ultimi 10 anni (e questa primavera, con un +62% di eventi meteorologici estremi rispetto all’anno scorso, non mostra un trend rassicurante).

Il comparto agroalimentare si trova così nella scomoda posizione di essere tra i più esposti in assoluto agli effetti degli eventi meteo estremi, ma anche di essere parte della causa. «L’agricoltura oltre che vittima è anche una causa dei cambiamenti climatici, essendo una delle fonti di emissioni di gas climalteranti (nella Ue oltre il 20% delle emissioni è causato dall’agricoltura), e soprattutto è del tutto priva di una strategia di sostenibilità» secondo le associazioni (Wwf, Fai, Legambiente, Lipu, ProNatura, Isde, FederBio, Aiab e Associazione biodinamica) aderenti alla coalizione Cambiamoagricoltura, che in vista del Consiglio dei ministri Ue dell’Agricoltura di oggi  ha prodotto un dossier con i dati sul contributo di agricoltura e allevamento intensivi al bilancio dei gas climalteranti del nostro Paese.

Sulla base dei dati raccolti, i maggiori responsabili delle 30 milioni di tonnellate di gas climalteranti immessi ogni anno dal comparto sono l’abuso di fertilizzanti di sintesi e l’eccesso di concentrazione zootecnica: sotto accusa è in particolare il sistema agrozootecnico della pianura padana, i cui campi coltivati e allevamenti contribuiscono da soli a oltre il 60% delle emissioni nazionali di fonte agricola. Tra le regioni la Lombardia determina il massimo contributo di gas a effetto serra: sebbene essa detenga solo il 7,7% dei campi coltivati in Italia, pesa per il 26,4% delle emissioni.

«Il modello agrozootecnico intensivo, pervasivo in  pianura padana – sottolineano dalla coalizione – è sotto accusa per le sue gravi responsabilità sull’inquinamento di acque, aria e biodiversità, ma anche per il peso delle proprie emissioni. Il prossimo decennio deve vedere in campo una incisiva strategia nazionale per trasformare in senso sostenibile la zootecnia intensiva,oltre che per dimezzare gli apporti di concimi chimici, a partire dalle regioni del Nord». In assenza di politiche efficaci, denuncia la coalizione, l’agricoltura scalerà la classifica dei settori maggiormente emissivi, arrivando da qui al 2030 a venir additata tra i maggiori imputati per il contributo all’effetto serra, più della stessa industria. «È anche la proposta di Piano nazionale energia e clima (Pniec) del Governo a rilevarlo: negli scenari tratteggiati dal 2015 al 2030, a fronte di sostanziale invarianza delle emissioni complessive (da 37 a 38 Mton CO2eq complessive), il peso del comparto passerebbe dal 7,3% al 11,6% delle emissioni nazionali». Un quadro non tollerabile dall’agricoltura italiana, che non può permettersi le conseguenze della perdita di reputazione dei suoi prodotti, oltre all’inevitabile taglio dei sussidi Pac.

La coalizione sottolinea dunque le «gravi responsabilità» imputabili alle politiche agricole di sussidio fin qui sviluppate, e propone invece una road map che, se applicata con determinazione, permetterebbe di abbattere il contributo inquinante dell’agricoltura fino al 72% da qui al 2030, sostituendo gli attuali sussidi con incentivi alle imprese che modificano le loro pratiche agricole. «Nonostante le ambizioni dichiarate dalla Commissione europea gli strumenti proposti per la Riforma, che inizierà a produrre effetti dal 2023, sono deboli, e i passaggi al Parlamento e al Consiglio hanno ulteriormente indebolito l’architettura verde della proposta di nuova Pac», denunciano dalla colazione, che contesta in particolare la richiesta di alcuni Stati membri tra cui l’Italia di indebolire le norme della condizionalità e di rendere facoltativa l’applicazione dei cosiddetti “Eco-Schemi” ossia dei fondi sul Primo pilastro destinati alle azioni a favore del clima e dell’ambiente.

Le associazioni chiedono quindi al Governo italiano, rappresentato dal ministro Centinaio, di impegnarsi per sostenere le sfide ambientali della Pac, rivedendo le posizioni dell’Italia in seno al Consiglio europeo. Gli impegni ambientali richiesti agli agricoltori a fronte delle risorse pubbliche della Pac non possono essere considerate un onere che grava sulle spalle delle aziende agricole, ma sono piuttosto il modo più efficace di tutelare il loro reddito.

L’agricoltura, secondo la colazione, potrebbe e dovrebbe essere perfino un assorbitore netto di gas serra, se si attuassero le giuste politiche e si modificasse il modello attuale, andando in favore in primis dei contadini: «Il contrasto ai cambiamenti climatici è il modo più efficace e concreto di tutelare i redditi degli agricoltori»