Il doppio dividendo climatico di dieta vegetariana e rinaturalizzazione dei pascoli intensivi
Nessuna scusa per le nazioni ad alto reddito: con diete vegetariane e terreni agricoli ripristinati potrebbero essere rimossi 100 miliardi di tonnellate di CO2
[11 Gennaio 2022]
Secondo lo studio “Dietary change in high-income nations alone can lead to substantial double climate dividend”, pubblicato su Nature Food da un gteam di ricercatori di Universiteit Leiden, China Agricultural University, University of Wisconsin-Madison e Wirtschaftsuniversität Wien, se i Paesi ad alto reddito passano a una dieta a base vegetale, entro la fine del secolo potrebbero essere estratte dall’atmosfera quasi 100 miliardi di tonnellate di CO2 e «Il doppio profitto del carbonio, derivante dal riportare i terreni agricoli al loro stato naturale, equivarrebbe a circa 14 anni di emissioni agricole»-
All’università olandese di Leiden ricordano che «L’area necessaria agli animali per pascolare e coltivare mangime è enorme. Occupa circa l’80% di tutte le terre agricole, ovvero circa il 35% della superficie totale abitabile nel mondo». Il team di ricerca internazionale ha calcolato che «Se le nazioni ad alto reddito si allontanassero dai prodotti animali, sarebbe necessaria molta meno terra per coltivare cibo. Vaste aree potrebbero quindi tornare al loro stato naturale, con piante e alberi selvatici che estraggono carbonio dall’atmosfera».
Il principale autore dello studio, Zhongxiao Sun della China Agricultural University e dell’Universiteit Leiden, sottolinea che questa «E’ forse una delle maggiori opportunità di salute ambientale là in giro,.Un rapido passaggio a queste diete potrebbe davvero aiutare la società a rimanere entro i limiti ambientali».
Il team internazionale ha studiato quanta terra potrebbe essere salvata da 54 Paesi ad alto reddito che passassero alla EAT-Lancet “planetary diet”, una dieta ricca di alimenti a base vegetale che fa bene alla salute umana e l’autore senior dello studio, Paul Behrens dell’Universiteit Leiden, spiega a sua volta: «Abbiamo esaminato le regioni a reddito più elevato perché hanno molte opzioni a base vegetale per le proteine e altri bisogni nutrizionali. Nelle regioni a basso reddito, le persone consumano meno proteine animali, ma spesso fanno affidamento su di esse per la propria salute»,.
Eì così che i ricercatori hanno scoperto che «Il passaggio a diete a base vegetale ridurrebbe del 61% le emissioni annuali della produzione agricola. Inoltre, la conversione di ex terreni coltivati e pascoli al loro stato naturale eliminerebbe altri 98,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera entro la fine del secolo. Questo profitto dal carbonio aiuterebbe in modo significativo a mantenere il pianeta entro un riscaldamento non più di 1,5 gradi Celsius».
C’è una crescente consapevolezza che il cambiamento climatico e la perdita di natura sono indissolubilmente legati e devono essere affrontati insieme. Behrens ha detto a BBC News: «Si tratta davvero di avere allo stesso tempo un quadro congiunto della politica alimentare, della politica fondiaria e della politica climatica e di riallineare fondamentalmente i sussidi per sfruttarlo».
E’ quel che sta succedendo in Inghilterra, dove, grazie ai nuovi sussidi agricoli del governo, agricoltori e proprietari terrieri potrebbero essere pagati per trasformare vaste aree di territorio in riserve naturali o per ripristinare le pianure alluvionali,.
Behrens conclude: «E’ una straordinaria opportunità per la mitigazione climatica. Ma avrebbe anche enormi vantaggi per la qualità dell’acqua, la biodiversità, l’inquinamento atmosferico e l’accesso alla natura, solo per citarne alcuni. Ci sono centinaia di studi che dimostrano quanto sia importante per noi essere nella natura per la nostra salute e questi cambiamenti aprirebbero vasti appezzamenti di terra alla rinaturalizzazione vicino a dove vivono le persone. Sarà fondamentale reindirizzare i sussidi agricoli agli agricoltori verso la protezione della biodiversità e il sequestro del carbonio. Dobbiamo prenderci cura delle comunità agricole per consentire questo in una giusta transizione alimentare. Non dobbiamo essere puristi su questo, anche solo ridurre l’assunzione di proteine animali sarebbe utile. Immagina che se metà dell’opinione pubblica nelle regioni più ricche tagliasse metà dei prodotti animali nelle loro diete, si starebbe ancora parlando di un’enorme opportunità in termini di risultati ambientali e salute pubblica».