L’agroecologia è un modello per le aree protette, contro crisi climatica
Incontro tra Parchi, agricoltori e ambientalisti al Parco nazionale delle Cinque Terre
[11 Ottobre 2022]
L’agroecologia è l’applicazione della scienza e dei principi ecologici ai sistemi agricoli. Promuove pratiche agricole fondate su principi ecologici come: l’equilibrio tra parassiti e nemici naturali, l’utilizzo di composti naturali e la conservazione e condivisione delle sementi, utilizzo delle risorse naturali e tutela della biodiversità. In campo agricolo l’azione delle aree naturali protette ha permesso di aumentare le produzioni tipiche e biologiche, le certificazioni ambientali ed i riconoscimenti internazionali per aver salvato dall’estinzione specie a rischio e integrato l’ecoturismo con le attività agricole. I parchi possono diventare i luoghi per migliorare la filiera produttiva in cui concretizzare contestualmente gli obiettivi della strategia Farm to Fork e quelli della Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030. I parchi possono essere la sintesi di questa ambiziosa sfida che guarda a un nuovo tipo di agricoltura che tutela la biodiversità e riduce le emissioni di CO2. Quindi «Più “bio”, maggiore qualità e coesione territoriale, sono queste le caratteristiche della Agroecologia che costituisce un modello per le aree protette contro la crisi climatica e la perdita di biodiversità» ed è di questo che si è discusso nel Parco nazionale delle Cinque Terre a Groppo di Manarola, Riomaggiore (SP), in un evento, organizzato dal Parco nazionale e da Federparchi nell’ambito degli incontri tematici precongressuali della Federazione delle aree protette.
Ed è proprio Federparchi a ricordare che «La biodiversità nelle aree agricole continua a diminuire soprattutto a causa del processo di intensificazione e di specializzazione delle pratiche agricole nelle aree più fertili e di un graduale abbandono dell’agricoltura estensiva, in particolare nelle aree rurali marginali. A ciò si aggiungono gli effetti di fattori esterni all’agricoltura tra cui il consumo di suolo, la frammentazione degli habitat e l’introduzione delle specie alloctone.
La presidente del parco nazionale delle Cinque Terre, Donatella Bianchi, ha sottolineato che «L’agricoltura concorre al cambiamento climatico e al contempo ne subisce gli effetti, basti pensare che i sistemi alimentari sono responsabili fino al 37% delle emissioni di gas serra. Stimolare un’inversione nel modo di produrre e consumare, affinché il nostro coabitare con gli ecosistemi naturali sia realmente sicuro e durevole, non è più rimandabile. Il sistema delle aree protette e il nostro Parco in particolare, emblema di un’agricoltura multifunzionale utile alla collettività anche nella mitigazione del rischio idrogeologico, rappresentano vivai di buone pratiche in cui sperimentare nuove soluzioni di convivenza tra uomo e natura che meritano l’ascolto e il sostegno dei decisori politici su larga scala. La Strategia europea per la biodiversità 2030, così come gli obiettivi della Farm to Fork, della Politica Agricola Comune e di Coesione Sociale, puntano proprio sulla ricchezza di biodiversità, caratteristica che attesta il Parco come il candidato ideale all’agroecologia e alle opportunità offerte, anche in termini di investimenti ambientali, sociali e culturali dal Green Deal Europeo, dal PNRR e dalle Strategie nazionali per la biodiversità. Ringrazio Federparchi e tutti gli esperti per questo importante confronto e scambio di buone pratiche e mi auguro che da qui possano emergere proposte concrete».
Il presidente di Federparchi, Giampiero Sammuri, ha sottolineato che «Il sistema italiano delle aree protette ha come missione prioritaria la conservazione della natura e la tutela della biodiversità. A tale obiettivo si affianca quello della promozione di modelli di sviluppo sostenibile. Possiamo affermare che i parchi sono stati, soprattutto negli ultimi trenta anni ossia dal varo della legge 394 del 1991, degli incubatori di sostenibilità. La filiera agroalimentare, insieme a quella del turismo, è sicuramente il comparto più avanzato che fa delle aree protette un avamposto per uno sviluppo compatibile con l’ambiente naturale. L’Agroecologia è la nuova frontiera per la valorizzazione delle eccellenze dei parchi e un ulteriore salto di qualità dell’intero comparto».
Durante l’incontro sono state illustrate esperienze e buona pratiche nei parchi nazionale del Pollino, del Vesuvio, delle Cinque Terre, del parco agricolo sud Milano e di quello regionale dei Castelli romani.
Antonio Nicoletti, della giunta esecutiva Federparchi e responsabile aree protette di Legambiente ha evidenziato che «La crescita dell’agroecologia in Italia è strettamente connessa allo sviluppo dell’agricoltura biologica e la sua applicazione, nelle aree naturali protette e nei siti della rete natura 2000, può essere realizzata a larga scala e con risultati significativi per la biodiversità. Promuovere l’agroecologia nelle aree protette significa anche valorizzare il ruolo dei biodistretti e degli altri strumenti operativi (distretti del cibo, distretti rurali, presidi, GAL/GAC, etc..) messi in campo per sostenere le produzioni di qualità e le azioni collettive in campo agricolo al fine di rendere i parchi un modello di riferimento per l’intera filiera».
Il vice presidente di Federparchi, Agostino Agostinelli, che ha moderato la tavola rotonda conclusiva che ha visto il confronto fra soggetti del mondo produttivo e quelli associativo che ha visto la partecipazione di CIA Liguria, Coldiretti, Legacoop agroalimentare, Wwf Italia, Legambiente a parco Cinque Terre, ha concluso: «L’agroecologia è centrale per un futuro all’insegna della sostenibilità. Il sistema dei parchi può dare un contributo significativo per la diffusione di tale metodo, ma occorre una forte sinergia e una visione comune sia fra le aree protette che con tutti i soggetti coinvolti. E’ necessario che, al di là della buona volontà dei singoli, i parchi regionali siano integrati nella rete di quelli nazionali e con le Aree marine, coinvolgendo tutto il sistema delle aree protette. Allo stesso modo serve un confronto continuo e permanente con il mondo produttivo del comparto agroalimentare, con quello della ricerca, dell’associazionismo e dei territori».