Le farine fortificate possono ridurre fino al 90% l’impatto ambientale per unità nutrizionale
BCG: con un aumento del 30% del consumo di cereali integrali, una diminuzione annuale di 120 milioni di tonnellate di CO2 equivalente
[16 Aprile 2024]
Tutti i giorni consumiamo cibi a base di grano, riso e mais raffinati che subiscono un processo di lavorazione che li rende più digeribili, più appetibili e più facili da lavorare negli impasti. Infatti, con l’avvento dei mulini industrializzati nel XIX secolo è diventato facile ed economico rimuovere la crusca e setacciare il germe di grano e mais, rendendo questi grani più stabili e più economici anche per il consumatore finale. Ma il modo in cui vengono prodotti i cereali oggi, ha un inevitabile impatto sull’ambiente.
Il nuovo studio “The Whole Truth About Whole Grains” pubblicato da Boston Consulting Group (BCG) rileva che «Le emissioni di CO2 derivate dalla produzione di cereali nel mondo sono maggiori di tutte le emissioni di CO2 di Russia, Brasile e Germania messe insieme. La produzione di cereali genera minori emissioni di CO2 per tonnellata rispetto alla produzione di carne, pur determinando il maggiore impatto ambientale tra tutte le colture alimentari. Se pensiamo che nei Paesi a basso e medio reddito i grani costituiscono oltre il 50% delle calorie consumate, si comprende come il problema possa diventare notevole anche da un punto di vista climatico».
Antonio Faraldi, managing director e partner di BCG, spiega che «Migliorare il profilo nutrizionale di quello che mangiamo è un’opportunità. Migliorarne il profilo di sostenibilità è una necessità. Nel mondo delle farine – e quindi di una fetta enorme di prodotti food c’è spazio per fare entrambe le cose in contemporanea. Fortificare le farine è un’opzione interessante: molto chiara e certamente percorribile. La vera svolta però ce l’avremo quando sul mercato degli ingredienti arriveranno farine che vanno oltre: attributi funzionali superiori e un ridotto impatto sull’ambiente non bastano. Il cibo deve essere buono e, anche nelle fasce premium, accessibile alla maggior parte dei consumatori. Il “Sacro Graal” in questo senso sarebbe avere farine in grado di dare un contributo anche su queste due dimensioni e quindi di abilitare una vera e propria democraticizzazione del mangiar bene, mangiare sano, con ancora più rispetto per la natura».
In Italia le vendite attraverso la grande distribuzione di prodotti da forno e di pasta coprono più del 20% delle vendite complessive di cibo e bevande e ci sono moltissimi esercizi commerciali artigianali: circa 24.000 panifici, 4.000 pastifici, 107.000 pizzerie e 14.000 pasticcerie. Le attività che operano con la cucina tradizionale italiana creano infatti una domanda molto consistente di grani perlopiù raffinati, per un totale di circa 7.7 milioni di tonnellate di farine e semole, di cui 5 milioni di tonnellate destinate alla produzione industriale, 2.4 milioni di tonnellate destinate ai canali artigianali e 300.000 tonnellate acquistate direttamente dai consumatori.
BCG ricorda che «I cereali, nella loro forma integrale, sono formati da tre componenti alimentari: crusca, germe ed endosperma. I chicchi raffinati trattengono solo l’endosperma (denso di carboidrati) e vengono privati dei nutrienti essenziali presenti nella crusca e nel germe. I benefici nutrizionali del consumo di cereali integrali sono quindi evidenti e una strada che potrebbe portare a cereali più nutrienti anche quando raffinati è quella che prevede di fortificare (o arricchire) i grani, aggiungendo vitamine, minerali e fibre nel processo di produzione, migliorandone il profilo nutrizionale. La pratica di fortificare i grani raffinati risale a molto tempo fa e, dal 1943, è obbligatoria negli Stati Uniti, mentre oggi 93 Paesi nel mondo richiedono la fortificazione del grano, 19 di mais e solo 8 di riso. Il consumo di chicchi interi e la loro fortificazione variano tra le colture, ma hanno un notevole margine di crescita. Ad esempio, solo il 26% del grano e il 3% del riso sono fortificati a livello globale, e meno di un quarto di tutti i chicchi viene consumato nella loro forma intera».
L’analisi di BCG prende in considerazione i “tre grandi” cereali – grano, mais e riso – e per indagare i vantaggi che la coltivazione, la lavorazione e il consumo di cereali integrali fortificati possono avere, confronta la loro forma integrale fortificata con la loro forma raffinata. Secondo lo studio, «Unendo entrambe le pratiche, quindi arricchendo i cereali integrali, si ottiene una forma ancora più nutriente di queste colture. I cereali integrali fortificati forniscono infatti una quantità significativamente maggiore di fibre e micronutrienti, vitamine e minerali essenziali, oltre a essere più ricchi di proteine e grassi sani rispetto alle controparti raffinate. Questi cereali forniscono un valore nutrizionale da 6 a 7 volte maggiore rispetto alla stessa quantità di cereali che viene raffinata, con impatti determinanti sull’impronta climatica».
Se, oltre a quelli nutrizionali, consideriamo i benefici ambientali, i cereali integrali fortificati diventano uno strumento davvero potente: «Grazie al maggiore apporto nutrizionale in volumi inferiori, la loro produzione ha un’impronta ambientale per unità di volume inferiore dal 20% al 25% sulle emissioni di gas serra e sull’uso di terreni, acqua e prodotti dannosi per l’ecosistema, come fertilizzanti e pesticidi, che si traduce in una riduzione dell’impatto ambientale dall’ 85% al 90% per unità nutrizionale. Guardandola da una prospettiva diversa, i cereali integrali fortificati non richiederebbero risorse aggiuntive rispetto a quelle che utilizziamo oggi per produrre il 20% in più di cibo destinato al consumo umano, promuovendo allo stesso tempo la biodiversità e riducendo la deforestazione».
bcg fa notare che «Le soluzioni a base di farine integrali e fortificate sarebbero spendibili anche nel nostro Paese dove, sebbene il consumo di farine e semole derivate da cereali raffinati sia pervasivo, i trend legati a salute, benessere e sostenibilità rappresentano una scelta quotidiana per molti consumatori. L’ 81% degli italiani cerca infatti di evitare il consumo di prodotti ultra-processati e più del 60% considera la presenza di ingredienti naturali come l’elemento fondamentale nell’acquisto dei prodotti alimentari. L’83% degli italiani concorda inoltre che acquistare cibi e bevande sostenibili genera un senso di soddisfazione. Il maggiore consumo di farine ottenute utilizzando tutte le componenti nutritive del grano, permetterebbe quindi di rispondere alle preferenze alimentari di molti consumatori nel nostro Paese con una soluzione naturale, funzionale e sostenibile».
Però è lo stesso studio ad avvertire che una sostituzione completa delle versioni raffinate dei cereali che mangiamo oggi non è realistica perché «Andrebbe presa in considerazione l’interdipendenza tra cibo umano e animale, che richiede una transizione graduale verso cereali integrali fortificati per mitigare gli impatti lungo tutta la filiera agroalimentare. La crusca e il germe che vengono rimossi dai cereali durante il processo di raffinazione, per esempio, sono destinati all’alimentazione animale. Per questo motivo, un passaggio improvviso ai cereali integrali potrebbe incidere sull’offerta e sul prezzo dei foraggi che gli allevatori danno agli animali. Inoltre, un’adozione graduale sarebbe preferibile sia per gestire la domanda nei Paesi a reddito più elevato sia i vincoli dell’offerta nei paesi a basso reddito, portando il mercato dei mangimi a un nuovo punto di equilibrio col tempo».
Ad esempio, la Danimarca ha lanciato un programma di adozione di cereali integrali con un forte sostegno da parte del governo, aumentando l’adozione a un tasso annuo di crescita composto (CAGR) del 6%. Per quanto riguarda l’offerta, i mulini nei Paesi a basso reddito tendono ad essere molto piccoli, come in Kenya dove i piccoli mulini rappresentano il 98% del mercato. Per BCG «Queste dinamiche suggeriscono un lento passaggio verso cereali integrali, riducendo ulteriormente l’impatto sul mercato dei mangimi».
Lo studio conclude: «Con i giusti tempi e modi, il maggiore consumo di questi alimenti può essere uno strumento estremamente efficace sia per mitigare che per adattarsi ai cambiamenti climatici e naturali e tutti gli attori coinvolti possono avere un ruolo per far sì che accada. I produttori di diversi settori e catene possono ripensare le proprie tipologie di prodotti, restando sensibili ai contesti culturali che definiscono le preferenze alimentari. I governi possono intervenire direttamente sugli appalti istituzionali per realizzare cereali integrali fortificati e favorirne il consumo, in particolare nei pasti scolastici. Possono agire anche indirettamente, applicando le modalità esistenti di arricchimento dei cereali e promuovendo una legislazione che richieda sovvenzioni o agevolazioni fiscali a supporto di coltivazione e arricchimento dei cereali integrali e dell’uso di etichette ambientali. Anche le ONG possono incoraggiare la produzione e il consumo di cereali integrali e di cereali integrali fortificati, spingendo l’implementazione di migliori pratiche agricole e la riduzione degli sprechi di cibo. Le imprese possono poi aumentare la quota di prodotti a base di cereali integrali all’interno del proprio portafogli e incorporare percentuali più elevate di cereali integrali fortificati in nuove linee di prodotti come parte della strategia di sostenibilità. Produrre e consumare cereali integrali fortificati potrebbe portare a una nutrizione di qualità ed efficiente in termini di utilizzo di risorse e costi, rappresentando la soluzione giusta per il pianeta e le persone che lo popolano».