Il legame tra povertà, clima e migrazione al centro dell’incontro tra Papa Francesco e il Presidente Ifad
Nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo vive il 40% della popolazione mondiale e più del 75% delle persone più povere ed affamate del mondo
[12 Gennaio 2018]
Pochi giorni dopo aver ribadito il suo impegno per il rispetto dei diritti dei migranti, Papa Francesco ha incontrato il Presidente dell’ International fund for agricultural development (Ifad) Gilbert F. Houngbo, per discutere «l’importanza di investire nello sviluppo rurale al fine di creare opportunità per le popolazioni più povere del mondo».
Houngbo, diventato presidente dell’Ifad nell’aprile 2017, ha subito intrapreso un ambizioso piano per definire e migliorare politiche sociali ed economiche che vanno oltre lo sviluppo agricolo, con una maggiore attenzione all’occupazione giovanile, all’uguaglianza di genere, alla nutrizione e al cambiamento climatico per dare l’opportunità alle popolazioni locali di rimanere nelle zone rurali anziché migrare verso le città.
Il presidente Ifad ha sottolineato che «La maggior parte delle persone nei Paesi a basso reddito vive in zone rurali, e oltre la metà di questi è costituita da giovani e ciò ha sicuramente ripercussioni sui processi di emigrazione economica, Non ritengo che la migrazione debba o possa essere fermata, ma per fare in modo che diventi una libera scelta e non una costrizione, bisogna dare ai giovani la speranza e l’opportunità di rimanere e non migrare».
Lo scorso lunedì, il Papa aveva detto una cosa ovvia che sfugge a molti razzisti da tastiera e ai politici alla ricerca dei loro voti: «La maggior parte dei migranti preferirebbe rimanere nei propri Paesi, mentre invece è costretta a fuggire a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale».
Nel colloquio con Papa Francesco Houngbo a fatto riferimento a recenti notizie apparse nei media su «migranti che, dopo aver visto il successo dei loro vicini e delle famiglie rimaste, ritornano nelle aree rurali in Africa per dedicarsi all’agricoltura» e ha sottolineato che «In molti casi, queste storie di successo sono il risultato di investimenti dell’Ifad e dimostrano che il processo migratorio può essere invertito». Che poi sarebbe quell’”aiutiamoli a casa loro”, declamato ma non praticato da chi vorrebbe fermare i migranti con le cannoniere o i lager libici, ma poi considera sprecati i finanziamenti allo sviluppo e per combattere la fame e il cambiamento climatico nei Paesi poveri.
Quello di ieri non è stato il primo incontro tra il presidente dell’Ifad e il Pontefice: si erano già visti a ottobre alla Giornata mondiale dell’alimentazione a Roma, dove è stato evidenziato come la fame e la migrazione nel mondo siano in aumento soprattutto a causa della povertà, disuguaglianza, conflitti e cambiamenti climatici. Intervenendo a quell’evento, Houngbo dichiarò: «Le disuguaglianze e la mancanza di opportunità nelle aree rurali comportano la perdita di una delle risorse più preziose per le loro comunità: i giovani» e poi sottolineò «il valore e l’importanza degli investimenti mirati a trasformare le realtà rurali per dare a milioni di giovani la possibilità di costruirsi una vita migliore».
Nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo vivono circa 3,1 miliardi di persone, circa il 40% della popolazione mondiale e anche più del 75% delle persone più povere ed affamate del mondo, la cui vita e mezzi di sussistenza dipendono dalla piccola agricoltura. L’Ifad investe e collabora con i governi per sviluppare programmi che attraggano le persone, in particolare i giovani, verso l’agricoltura offrendo formazione, accesso al sistema finanziario e ai mercati.
Houngbo ha detto al Papa: «Sarei felice di vedere un giorno i giovani, da soli o in gruppi, intraprendere con ottimismo ed entusiasmo un’attività legata all’agricoltura, al pari dell’entusiasmo generato dal richiamo della città».