Nuovo tentativo di sdoganare gli Ogm: si mobilita un vasto fronte di associazioni
«L’Approvazione dei decreti sulle New Breeding Techniques (NBT) costituirebbe un grave attacco alla nostra filiera agroalimentare, al principio di precauzione, ai diritti dei contadini, nonché la violazione della sentenza della Corte Europea di Giustizia che equipara nuovi e vecchi OGM»
[11 Gennaio 2021]
Il 13 gennaio ci dovrebbe essere il parere della Commissione agricoltura della Camera dei 4 decreti proposti dal ministro dell’agricoltura, Teresa Bellanova (Italia Viva), che ricorda un vasto fronte di associazioni, «Con il pretesto dell’aggiornamento delle misure fitosanitarie, riorganizza il sistema sementiero nazionale, apre la strada alla diffusione degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) e dei cosiddetti “nuovi” OGM (ottenuti tramite le New Breeding Techniques – NBT)».
Acu, Aiab, Altragricoltura Bio, Ari, Associazione Agricoltura Biodinamica, Civiltà Contadina, Coordinamento Zero OGM, Crocevia, Deafal, Égalité, European Consumers, European Coordination Via Campesina, Fair Watch, FederBio; Firab, Greenpeace, Isde, Legambiente; Lipu, Navdanya, Pro Natura, Slow Food, Terra!, Unaapi e Wwf sottolineano in un comunicato congiunto che «Già lo scorso 28 dicembre, in sordina e con una seduta a ranghi ridotti per le festività, la Commissione agricoltura del Senato ha espresso parere favorevole sui 4 decreti, che permettono di fatto la sperimentazione in campo non tracciabile di varietà di sementi e materiale di moltiplicazione ottenuti con le “nuove tecniche di miglioramento genetico” (NBT) che, come ha confermato la sentenza del 2018 della Corte Europea di Giustizia, sono a tutti gli effetti OGM e come tali devono sottostare alle normative europee esistenti in materia. Se la Commissione agricoltura della Camera prenderà la stessa decisione di quella del Senato, DOP, IGP, vini di qualità, produzione biologica, prodotti dei territori, varietà locali e tradizionali potranno essere contaminate da prodotti ottenuti con le nuove tecniche di genome editing (NBT) che non saranno etichettati come OGM e quindi saranno irriconoscibili per i consumatori. Ne risulterà che coloro che vorranno prodotti “GMO-free” garantiti, per esempio nell’export, rifiuteranno anche i prodotti etichettati come “non-OGM” per mancanza di certezze. Chi pagherà i danni? Di fatto, con questi decreti, le sanzioni per il rilascio ambientale di OGM sono esigue e, oltre a non avere funzione deterrente, aprono alla possibilità immediata di sperimentazione in pieno campo».
Le associazioni fanno notare che il comportamento della ministra renziana è anomalo: «In realtà, ci sarebbe l’obbligo di adeguare la normativa soltanto se si prevedesse di accettare la coltivazione di varietà OGM, cosa che la legislazione italiana attuale esclude esplicitamente».
E la cosa si estende anche al genome editing, le nuove tecniche di correzione del genoma, in inglese, grazie alla sentenza esecutiva della Corte europea di Giustizia che nel 2018 ha stabilito che “Gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi devono essere considerati come OGM ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18».
Le associazioni sottolineano che «La definizione di OGM nel Protocollo di Cartagena – lo stesso che introduce il Principio di precauzione garante della tutela della nostra salute, del nostro ambiente e della biodiversità – si basa su chiari e inconfutabili criteri. Tutte le nuove tecniche di genome editing prevedono l’introduzione di segmenti di genoma e producono organismi modificati che soddisfano tali criteri. Tuttavia, queste tecniche comportano spesso anche mutazioni indesiderate (off target), rese sempre più evidenti e documentate dalla letteratura scientifica. Infine, i protocolli di genome editing coinvolgono normalmente le stesse tecniche base dei “vecchi” OGM, responsabili di delezioni e riarrangiamenti non voluti».
Ambientalisti e mondo del biologico ritengono grave che «Surrettiziamente e alla chetichella, i decreti proposti aboliscano, insieme al diritto alla risemina, i diritti propri del sistema sementiero contadino, violando così l’articolo 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche e per l’alimentazione e l’agricoltura (ITPGRFA)». L’articolo stabilisce infatti che «nessuna disposizione del presente articolo comporta una limitazione del diritto degli agricoltori di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione».
Per tutti questi motivi un fronte sempre più ampio di associazioni ambientaliste, organizzazioni dell’agricoltura biologica e contadina, e associazioni di consumatori, denuncia «Il tentativo del Governo di aprire a nuovi e vecchi OGM solo per favorire un ristrettissimo numero di imprese, la maggior parte grandi multinazionali, che vogliono ottenere il controllo delle filiere agroalimentari ed intendono mettere agricoltori e consumatori davanti al fatto compiuto, con prodotti brevettati, non tracciabili e privi di certezze qualitative, violando il Principio di precauzione posto a garanzia della salute, dell’ambiente e della biodiversità, per di più in assenza di qualunque analisi d’impatto sul sistema agricolo nazionale».
In vista del voto della Commissione agricoltura della Camera le Associazioni lanciano un appello ai decisori politici: «Da due decenni siamo mobilitati per tenere i nostri campi liberi da OGM, mantenere in capo alle aziende la possibilità di produrre le proprie sementi e dare impulso al nostro sistema agricolo. Contrasteremo in ogni sede anche questo maldestro e subdolo attacco alla nostra filiera agroalimentare, la cui competitività deriva da ciò che la biodiversità coltivata è in grado di esprimere; chiediamo l’immediata esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla natura OGM dei mutanti NBT ed il pieno rispetto del Trattato sulle risorse genetiche (ITPGRFA) e ci appelliamo ai deputati della Commissione Agricoltura affinché si esprimano contro i decreti, in quanto privi di qualsiasi reale o urgente motivazione. La discussione su scelte strategiche come quelle sugli OGM e NBT deve incardinarsi su tavoli trasparenti e partecipati, e al riparo dalle ingerenze delle lobby biotech».