Anche le piante hanno memoria, è prionica

Ricordano gli eventi salienti: inverno, caldo e freddo, siccità e aggressioni di patogeni

[28 Aprile 2016]

La ricerca “Luminidependens (LD) is an Arabidopsis protein with prion behavior”  pubblicata su  Pnas da un team di ricercatori del Whitehead Institute for Biomedical Research, del Massachusetts Institute of Technology e dell’Howard Hughes Medical Institute  analizza le proteine ​​prioniche come il miglior modo per comprendere la memoria molecolare a base di proteine e sottolinea che «Sin dalla loro scoperta nei mammiferi, i prioni sono stati  identificati in diversi organismi, compresi i funghi, AplysiaDrosophila, ma non nel regno vegetale». Ma utilizzando nuovi metodi e della conoscenza della sequenza di DNA che codifica per una proteina prionica presente nei lieviti, il team di ricercatori statunitensi guidato da Susan Lindquist, che lavora per tutti e tre gli istituti di ricerca coinvolti nello studio, ha analizzato il genoma dell’Arabetta comune (Arabidopsis thaliana) per identificarne le regioni che mostravano una certa somiglianza con quella sequenza. Così  hanno identificato 474 proteine potenzialmente prioniche (potential prion-like domains – PrDs)., che poi hanno ulteriormente vagliato basandosi su considerazioni strutturali e su test in vitro. E’ così che hanno scoperto che «Luminidependens PRD, quando è stato testato sperimentalmente nel lievito,  aveva alcune delle caratteristiche classiche delle proteine ​​prioniche, il che lo rende, a nostra conoscenza, la prima proteina dal regno vegetale con gli attributi da prioni, bona fide. E’importante sottolineare che, Luminidependens è coinvolto nel processo della fioritura, un corso dello sviluppo cruciale che integra diversi stimoli interni ed esterni, incluse le memorie dell’inverno, per la sua regolazione». Secondo i ricercatori, «La conformazione di luminidependens e alcuni test in vitro suffragano l’ipotesi che si tratti di una proteina prionica –  la prima mai individuata in una pianta – che media le memorie di Arabidopsis, o quanto meno quelle che hanno a che fare con il processo di fioritura».

Insomma, come spiega bene Red su Le Scienze, « Anche le piante hanno un meccanismo che permette di ricordare gli eventi salienti della loro esistenza, dall’esposizione alla siccità o al freddo fino alle aggressioni da parte di agenti patogeni. Questa memoria è conservata in modo diffuso da proteine che hanno le stesse caratteristiche dei prioni»

Le piante quindi formerebbero dei “ricordi” tenendo traccia della loro esposizione in passato a caldo e freddo prolungati, siccità, patogeni e lunghezza del giorno. «La memoria di questi eventi – spiega ancora Le Scienze – permette alla pianta di distinguere, per esempio, l’improvviso crollo della temperatura di una sola nottata dalla prolungata esposizione al freddo invernale che, grazie alla stabilità di questa memoria, promuove la fioritura in primavera. Ma non solo: se esposto al freddo, un callo vegetale – una massa di tessuti indifferenziati – si sviluppa in una nuova pianta che si comporta come se avesse passato un inverno rigido, senza averlo mai realmente sperimentato. Ciò dimostra che la memoria delle piante viene trasmessa per via epigenetica, ossia attraverso proteine che influenzano l’espressione dei geni».

Si tratta di qualcosa di simile al potenziamento a lungo termine delle sinapsi neuronali che permette al cervello degli animali di conservare i ricordi nel cervello degli animali e che coinvolge proprio delle proteine con caratteristiche simili a quelle dei prioni.