È urgentemente necessario un Blue Deal per gli oceani per proteggere ambiente ed economia (VIDEO)
UNCTAD: grandi opportunità per i Paesi in via di sviluppo di utilizzare in modo sostenibile le risorse marine
[9 Maggio 2023]
Al 3rd UN Trade Forum in corso all’Onu, l’United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) ha presentato il rapporto “Trade and Environment Review 2023” che, analizza l’economia oceanica mondiale – del valore stimato di 3 – 6 trilioni di dollari – e valuta come l’attività umana e le molteplici crisi globali abbiano influenzato in modo significativo diversi settori, tra i quali la pesca, l’acquacoltura, la navigazione e il turismo costiero .
Secondo l’UNCTAD «L’oceano offre grandi opportunità ai paesi in via di sviluppo per costruire economie più innovative e resilienti. Ma il cambiamento climatico, l’inquinamento e la pesca eccessiva minacciano queste opportunità e il sostentamento di circa 3 miliardi di persone che dipendono dall’oceano per cibo e reddito».
Per questo il rapporto, Che si basa sulle raccomandazioni del 4° UN Oceans Forum e della 2° UN Ocean Conference tenutisi nel 2022, chiede «Un “Blue Deal” per il commercio globale, gli investimenti e l’innovazione per utilizzare in modo sostenibile il nostro oceano, che ospita l’80% di tutta la vita».
Come ha riassunto ha dichiarato Pedro Manuel Moreno, vice segretario generale dell’UNCTAD, «L’economia oceanica offre molte opportunità. Dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra i benefici dell’oceano e la protezione delle sue risorse»,
Dal rapporto emerge che un “Blue Deal” globale potrebbe portare maggiori investimenti nei settori sostenibili emergenti che potrebbero avvantaggiare i Paesi in via di sviluppo ed evidenzia due settori promettenti: la coltivazione di alghe e i sostituti della plastica. In 20 anni il mercato globale delle alghe è più che triplicato, passando da 4,5 miliardi di dollari nel 2000 a 16,5 miliardi di dollari nel 2020. Per crescere le alghe non hanno bisogno di acqua dolce o fertilizzanti. Possono essere coltivato in molti Paesi in via di sviluppo per produrre alimenti, cosmetici e biocarburanti e fornire un’alternativa alla plastica, in particolare agli 11 milioni di tonnellate che ogni anno si riversano in mare. E l’UNCTAD ricorda che «Oltre alle alghe, la natura abbonda di molti altri materiali sostenibili che potrebbero essere utilizzati per realizzare versioni ecologiche di cannucce, confezioni per alimenti e altri prodotti in plastica che consumiamo quotidianamente. L’elenco include materiali di cui molti paesi in via di sviluppo dispongono in abbondanza, come bambù, gusci di cocco, bucce di banane e scarti agricoli. E le loro comunità hanno una ricchezza di conoscenze tradizionali e culturali nell’utilizzo di questi materiali».
Nel 2020 il mondo ha v commercializzato circa 388 miliardi di dollari in sostituti della plastica, solo un terzo della quantità scambiata in plastica prodotta da combustibili fossili. Quindi c’è un enorme potenziale di crescita. Il rapporto chiede ai governi e alle imprese di «Aumentare i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di settori sostenibili emergenti nell’economia oceanica» ed esorta le imprese a «Investire nei paesi in via di sviluppo per rafforzare la loro tecnologia, competenze e capacità produttive, in modo che entrambi possano sfruttare le nuove opportunità oceaniche».
Inoltre, investire nei settori oceanici emergenti potrebbe aiutare i Paesi in via di sviluppo a diversificare le loro esportazioni: «Nel 2020 il valore delle esportazioni globali di beni oceanici, come pesci e rutti di mare e attrezzature portuali, e servizi tra cui il trasporto marittimo e il turismo costiero è stato stimato a 1,3 trilioni di dollari – evidenzia “Trade and Environment Review 2023” – La crisi del Covid-19 ha rivelato il potenziale e la resilienza di alcuni settori e l’estrema vulnerabilità di altri. In generale, le esportazioni di beni oceanici, che sono diminuite del 3,2%, hanno retto meglio dei servizi, crollati del 59% nel 2020. Il calo delle entrate derivanti dai servizi ha colpito molte comunità costiere nei Paesi in via di sviluppo, che spesso dipendono da settori come il turismo. Diversificare le loro esportazioni e attività oceaniche è la chiave per costruire la resilienza economica alle crisi future».
Il rapporto afferma che «I governi dovrebbero includere l’obiettivo di promuovere un’economia oceanica diversificata e sostenibile nelle strategie di ripresa dalla crisi e negli sforzi di mitigazione e adattamento climatici».
Si stima che in tutto il mondo vadano alle attività di pesca circa 35 miliardi di dollari di sussidi governativi e il rapporto fa notare che «Una quota significativa – circa 20 miliardi di dollari all’anno – potrebbe contribuire alla pesca eccessiva, migliorando la capacità dell’industria della pesca attraverso, ad esempio, sussidi per il carburante o incentivi finanziari per l’acquisto di barche più grandi» e; con il 34% degli stock ittici globali al di sotto dei livelli biologicamente sostenibili, l’UNCTAD chiede a trutti i Paesi del mondo di «Ratificare con urgenza l’accordo dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) sui sussidi alla pesca, adottato il 17 giugno 2022. L’accordo, che rappresenta un grande passo avanti nell’affrontare le sovvenzioni dannose, vieta il sostegno alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, vieta il sostegno alla pesca di stock sovrasfruttati e pone fine ai sussidi per la pesca in alto mare non regolamentata. Entrerà in vigore quando due terzi dei 164 membri della WTO depositeranno i loro “strumenti di accettazione”».
Analogamente, il rapporto chiede ai governi di «Adottare e ratificare il Marine Biodiversity Beyond National Jurisdiction agreement del 4 marzo 2023, meglio noto come “High Seas Biodiversity Treaty”, il trattato che punta a creare strumenti per la giusta ed equa condivisione dei benefici delle risorse genetiche marine e istituire aree protette nel 30% degli oceani e dei mari del mondo.
L’UNCTAD denuncia che «L’Obiettivo di sviluppo sostenibile dedicato alla vita sott’acqua SDG 14) è il meno finanziato di tutti gli Obiettivi. Dal 2013 al 2018, solo l’1,6% del totale dell’assistenza ufficiale allo sviluppo – circa 2,9 miliardi di dollari all’anno – è andato all’economia oceanica. Questo è molto al di sotto di quanto è necessario per affrontare la crisi oceanica». Rapporti recenti suggeriscono che sono necessari 175 miliardi di dollari all’anno per raggiungere l’SDG14 entro il 2030, eppure, tra il 2015 e il 2019, sono stati effettivamente investiti poco meno di 10 miliardi di dollari (WEF, 2022). Inoltre, si stima che un investimento di 2,8 trilioni di dollari in 4 soluzioni oceaniche sostenibili: conservazione e ripristino delle mangrovie, decarbonizzazione del traffico commerciale marittimo, produzione alimentare sostenibile basata sull’oceano e produzione eolica offshore, produrrebbe benefici netti di 15,5 trilioni di dollari entro il 2050.
Moreno conclude: «Senza un “Blue Deal” globale, tali vantaggi e gli obiettivi dell’SDG 14 saranno molto più difficili da raggiungere. Ora è il momento di impostare un nuovo corso investendo di più nella costruzione di un’economia oceanica sostenibile».