Enzimi del mare per l’industria del futuro
Microbi marini resistenti potrebbero contenere elementi adatti per processi industriali "estremi"
[6 Maggio 2015]
E’ stato recentemente avviato il progetto quadriennale “Industrial Applications of Marine Enzymes: Innovative screening and expression platforms to discover and use the functional protein diversity from the sea” (Inmare), finanziato dall’Unione europea, che spera di «Liberare l’immenso potenziale degli enzimi ottenuti dal mare». Il consorzio Inmare è formato da una ventina di partner – università, centri di ricerca e industrie anche multinazionali – e vede la partecipazione anche dell’università di Bologna e del Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr), e spera di scoprire «enzimi microbici capaci di fornire prodotti chimici ad alto contenuto tecnologico rispettosi dell’ambiente, nuove tecnologie di pulizia e persino farmaci antitumorali».
Il progetto si basa su precedenti ricerche finanziate dall’Ue, come Macumba che terminerà nel luglio 2016 ma che intanto ha giaà contribuito ad identificare nuovi modi di coltivare e aumentare l’efficienza di crescita dei microrganismi marini sia in habitat normali che estremi. Oppure il progetto Mamba che ha sviluppato nuovi metodi per selezionare microrganismi utili all’attività degli enzimi.
Inmare ha già accesso a oltre 100 librerie genomiche, che contengono microbi provenienti da una varietà di ambienti che possono essere sottoposti immediatamente allo screening. Il team «intende accrescere questa libreria con DNA estratto dagli ambienti marini estremi che non sono stati ancora adeguatamente studiati».
Illustrando il progetto Inmare, il bollettino scientifico dell’Ue Cordis, spiega che «Gli enzimi sono ampiamente usati nell’industria chimica, e sono anche fondamentali per altre industrie dove sono necessari dei catalizzatori biologici. Queste vanno dalla produzione di birra e biocarburanti, fino ai detergenti biologici e all’industria della carta. I microrganismi marini, come batteri, funghi, spugne e alghe, sono stati identificati come una fonte non sfruttata di enzimi, ma rimangono piuttosto sottoutilizzati. Soltanto una piccolissima parte degli enzimi marini hanno raggiunto la commercializzazione». Secondo il team di Inmare, si tratta di un’occasione persa: «Il difficile ambiente marino potrebbe produrre ingredienti resistenti, già in grado di sopravvivere ai processi industriali estremi, e questo alla lunga potrebbero aiutare a ridurre i costi aziendali. Ciò avviene perché l’ottimizzazione degli enzimi, un processo per renderli più stabili e per migliorare le loro prestazioni, può essere dispendioso in termini di tempo e costoso, coinvolgendo il miglioramento di determinate caratteristiche quali resistenza al calore o la capacità di sopravvivere a pressioni estreme».
Peter Golyshin, della School of Biological Sciences della Bangor University – lateneo britannico capofila di Inmar – , spiega: «Un ostacolo importante in applicazioni industriali degli enzimi è il laborioso e costoso (e raramente di successo) processo di ottimizzazione degli enzimi che mira a rendere gli enzimi più stabili ed a prestazioni migliori nel difficile ambiente di processi industriali. La soluzione potrebbe essere quella di trovare varianti migliori di un enzima naturale: dopo 4 miliardi di anni di evoluzione, la natura ha creato una grande diversità di enzimi, alcuni dei quali possono adattarsi perfettamente alla domanda industriale».
Olga Golyshina, anche lei della Bangor aggiunge. «Dato che la maggior parte dei microbi degli ambienti estremi, non può essere coltivata in condizioni standard di laboratorio, le nuove tecnologie e gli approcci di metagenomica giocheranno il ruolo centrale nel progetto. Particolare attenzione sarà dedicata allo sviluppo di approcci di screening innovativi».
Inmare utilizzerà queste nuove tecniche di screening per identificare degli enzimi del mare potenzialmente promettenti e sottolinea che «Particolarmente interessanti saranno i microbi capaci di sopravvivere in condizioni difficili come pressione, salinità o temperatura estreme. Tali microbi potrebbero contenere enzimi capaci di funzionare in contesti industriali con dure condizioni fisiche e chimiche, senza aver bisogno dell’ottimizzazione. Il progetto aprirà inoltre la strada a una tecnologia per la scoperta dei geni basata sulla bioinformatica».
L’altro importante elemento di Inmare è la promozione della sostenibilità ambientale: «Con le risorse globali che vengono usate ad una velocità in costante aumento, le risorse microbiologiche non sfruttate provenienti dal mare potrebbero fornire all’industria una fonte quasi illimitata di prodotti più sicuri, economici ed ecologici; a patto che questa risorsa venga gestita in modo responsabile».