Gli squali sono funzionalmente estinti in molte barriere coralline

Un censimento globale rivela grossi rischi, ma anche le possibilità offerte dalla salvaguardia del mare

[24 Luglio 2020]

Lo  studio “Global status and conservation potential of reef sharks” pubblicato su Nature dal team di Global FinPrint rivela che «Gli squali sono assenti in molte barriere coralline del mondo, indicando che sono estinti funzionalmente – troppo rari per svolgere il loro normale ruolo nell’ecosistema».

Gli squali non sono stati osservati in quasi il 20% delle 371 barriere coralline dei 58 Paesi, Stati e Territori  di tutto il mondo dove è stato effettuato il censimento di Global FinPrint, «Indicando un declino diffuso che finora non era stato documentato su questa scala», dicono i ricercatori guidati dalla Florida international university (FIU) che hanno anche identificato misure di conservazione che potrebbero portare al recupero delle popolazioni degli squali.

L’iniziativa Global FinPrint è stata avviata nell’estate del 2015 e i sui dati di sono stati generati da stazioni video remote sottomarine ad esca (BRUVS – baited remote underwater video stations) che consistono in una videocamera posizionata di fronte a una quantità standard di esche: una “Chum Cam”. Gli ecosistemi della barriera corallina sono stati esaminati con BRUVS in quattro regioni geografiche chiave: Indo-Pacifico, Pacifico, Atlantico occidentale e Oceano Indiano occidentale. Per 4 anni, il foltissimo team internazionale di ricercatori ha acquisito e analizzato oltre 15.000 ore di video dai censimenti video. Un lavoro che è stato condotto da centinaia di scienziati, ricercatori e ambientalisti organizzati da una rete di collaboratori della Florida International University, dell’Australian Institute of Marine Science, della Curtin University, della Dalhousie University e della James Cook University.

Gli squali sembrano essere scomparsi in tutte le barriere coralline della Repubblica Dominicana, nelle isole dei Caraibi francesi, in Kenya, Vietnam, nelle Antille olandesi sopravento e in Qatar. Secondo lo studio, in questi reef sono stati osservati solo 3 squali durante più di 800 ore di indagine.

Jody Allen, cofondatrice e presidente della Paul G. Allen Family Foundation, sottolinea che «Mentre i risultati di Global FinPrint hanno rivelato una tragica perdita di squali in molte barriere coralline del mondo, ci mostrano anche segni di speranza. I dati raccolti dal primo censimento in tutto il mondo sugli squali sulle barriere coralline possono portare a  significativi piani di conservazione a lungo termine per proteggere gli squali di barriera che rimangono».

Questo studio, destinato a diventare un punto di riferimento per lo stato degli squali di barriera in tutto il mondo, rivela «un’allarmante perdita globale di queste specie iconiche che sono importanti risorse alimentari, attrazioni turistiche e grandi predatori sulle barriere coralline. La loro perdita è dovuta in gran parte al sovrasfruttamento degli squali, con il maggior contributo singolo proveniente dalle pratiche di pesca distruttive, come l’uso di palangari e di reti da posta».

Uno dei principali autori dello studio,  Demian Chapman, co-responsabile di Global FinPrint,  del Department of biological sciences della FIU e ricercatore dell’Institute of Environment, evidenzia che «Sebbene il nostro studio mostri impatti umani negativi sostanziali sulle popolazioni di squali di barriera, è evidente che esiste un problema centrale nell’intersezione tra densità di popolazione umana elevata, pratiche di pesca distruttive e cattiva governance. Abbiamo scoperto che possono esistere popolazioni robuste di squali a fianco delle persone, quando quest’ultime hanno la volontà, i mezzi e un piano per intraprendere azioni di conservazione».

Lo studio dimostra che in diversi Paesi la salvaguardia degli squali sta funzionando e che le azioni specifiche che possono funzionare. Le nazioni con le migliori performance rispetto alla media della loro regione sono: Australia, Bahamas, Stati Federati di Micronesia, Polinesia Francese, Maldive e Stati Uniti d’America. Alla FIU dicono che «Queste nazioni riflettono gli attributi chiave che sono stati trovati associati alle popolazioni più alte di squali: essere generalmente ben governati, vietare tutta la pesca degli squali o avere una forte gestione basata sulla scienza che limita quanti squali possono essere catturati.

Il principale autore dello studio, Aaron MacNeil di Global FinPrint e della Dalhousie University, evidenzia che «Queste nazioni vedono più squali nelle loro acque perché hanno dimostrato un buon governo su questa tematica. Dalla limitazione di alcuni tipi di attrezzi  alla fissazione di limiti di cattura, ai divieti su scala nazionale di catture e scambi, ora abbiamo un quadro chiaro di cosa si può fare per limitare le catture di squali di barriera in tutti i tropici».

Il team di FinPrint sta cercando di capire se le azioni di conservazione riguardanti i soli squali possono portare a successi notevoli e ora sta esaminando se il recupero delle popolazioni di squali richiede una gestione più ampia dell’intero ecosistema per garantire che ci siano abbastanza pesci di barriera per nutrire questi predatori.