Il più importante hotspot di biodiversità sotterranea del mondo è la grotta del Bue Marino in Sardegna
Società Speleologica Italiana salvaguardare le aree carsiche, così importanti per l’acqua potabile e la sopravvivenza di molte specie
[4 Novembre 2022]
Mentre il mondo è sempre più alle prese con la scarsità di risorse idropotabili e cambiamenti climatici, la Società Speleologica Italiana (SSI) ricorda che «Le grotte naturali costituiscono l’accesso agli ecosistemi carsici che, sebbene invisibili ai più, conservano elevata qualità dell’acqua e della biodiversità. Le acque sotterranee che scorrono nelle falde acquifere carsiche costituiscono circa il 40% delle fonti di acqua potabile per il nostro Paese, dove le grotte scoperte e documentate dagli speleologi sono oltre 40.000, di cui circa 40 aperte al turismo e dunque una risorsa anche per le economie locali. Nelle grotte carsiche vivono oltre 3.600 specie animali finora conosciute e che sono molto vulnerabili all’inquinamento, allo sfruttamento eccessivo del suolo e alla cattiva gestione.
In Italia ono stati istituiti numerosi Parchi e Aree Protette a connotazione carsica, e le “grotte non ancora sfruttate a livello turistico”, che spesso contengono importanti corpi idrici sotterranei, sono riconosciute habitat 8310 dalla Rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Ma per salvaguardare queste risorse ambientali così importanti per la sopravvivenza di molte specie è sempre più urgente adottare approcci multidisciplinari di monitoraggio ambientale per di salvaguardare le aree carsicheed è sempre più impellente l’esigenza di effettuare monitoraggi ambientali costanti e precisi. E’ per questo che negli ultimi anni il ruolo degli speleologi sta assumendo sempre maggiore importanza. Come spiegano alla SSI, «Questi esploratori, riuscendo ad arrivare in luoghi estremi e difficilmente accessibili, supportano i ricercatori nella raccolta di dati utili a discipline anche molto distanti tra loro, dall’idrogeologia alla medicina, dalla biologia all’ingegneria dei grandi vuoti, passando per l’archeologia e l’astrobiologia».
Ma per ricerche e monitoraggi realmente efficaci, è necessario un approccio analitico competente e multidisciplinare, ed è proprio di questo che si è discusso nel seminario di 3 giorni organizzato dalla Società Speleologica Italiana sui monitoraggi degli ambienti carsici dedicato a speleologi, scienziati, istituzioni e operatori del settore, che si è svolto in Sardegna, a Cala Gonone, la località che ospita lo scrigno di biodiversità sotterranea più importante del Mediterraneo: la grotta turistica del Bue Marino. Il seminario e gli eventi collaterali sono promossi dalla Società Speleologica Italiana e patrocinati da Ministero della Transizione Ecologica, Regione Autonoma della Sardegna, Provincia di Nuoro, Comune di Dorgali, Consiglio Nazionale dei Geologi, Ordine dei Geologi della Sardegna, Ordine Nazionale Biologi, Società Italiana di Geologia Ambientale, l’UIS – International Union of Speleology, Associazione Grotte Turistiche Italiane.
Il direttore del seminario, lo speleologo Mauro Chiesi, ha evidenziato che «Il monitoraggio dei parametri ambientali in aree carsiche presuppone l’individuazione degli indicatori corretti da rilevare, la conoscenza e la capacità d’uso di strumenti adeguati nonché la raccolta, la gestione statistica e l’interpretazione dei dati raccolti. Con questo seminario abbiamo iniziato a mettere in rete le più avanzate conoscenze della speleologia, in un consesso multidisciplinare che ha fatto entrare in contatto le diverse professionalità coinvolte nelle azioni di studio e salvaguardia dei territori carsici, custodi di imperdibili risorse idropotabili e scrigni di biodiversità»
La Grotta del Bue Marino è famosa a livello internazionale in quanto ultimo sito di riproduzione conosciuto per la foca monaca in Italia. Con uno sviluppo esplorato di oltre 20 km, fa parte di un vasto e articolato sistema carsico che si estende per oltre 70 km e che ricopre un’area complessiva di quasi 29.000 ettari tra i Comuni di Baunei, Dorgali e Urzulei. Il geosito di importanza comunitaria, è soggetto a stringenti normative nazionali ed europee. La grotta, già frequentata in epoca neo-eneolitica (circa 4000 a.C.), da oltre 50 anni è visitata da decine di migliaia di turisti e da speleologi provenienti da tutto il mondo. Con l’obiettivo di valorizzare siti naturalistici strategici per lo sviluppo dei servizi al turismo, fonte primaria dell’economia locale, nel 2021 l’Amministrazione comunale di Dorgali ha commissionato uno Studio di Incidenza Ambientale sul Ramo Nord della Grotta del Bue Marino, finalizzato alla riapertura di questa sezione della cavità, per garantire condizioni di sicurezza per la fruizione complessiva del sito. All’SSI ricordano che «Prima di questo studio, nella Grotta del Bue Marino erano riportate ben 50 specie animali, di cui 28 considerate sotterranee, acquatiche o terrestri; questa analisi già poneva la cavità ai primi posti per biodiversità sotterranea in Italia e nel mondo: le grotte con 25 o più specie sono infatti considerate “hotspot di biodiversità” a livello mondiale (nel 2019 erano note solamente 24 di queste grotte in tutto il mondo, di cui 16 nella zona temperata). Durante gli ultimi monitoraggi sono state complessivamente raccolte e identificate almeno altre 21 specie, prevalentemente marine (e in piccola parte legate ad acque anchialine) che non erano mai state rilevate prima e si aggiungono alla folta lista precedente».
Secondo Fabio Stoch, un biospeleologo di fama internazionale che ha partecipato a quest’ultimo studio di incidenza ambientale: «Non esiste al mondo un hotspot di biodiversità equiparabile alle grotte del Bue Marino, non pensavamo che fosse possibile un simile risultato nell’area mediterranea, invece, dati alla mano, è al primo posto tra le grotte più ricche di fauna e biodiversità».
Tra gli studi sardi presentati al seminario di Cala Gonone ci sono anche quelli multidisciplinari effettuati nell’acquifero carsico del Monte Albo grazie al supporto di biospeleologi e speleosub, e quello sulla vulnerabilità delle risorse idropotabili delle sorgenti di Su Gologone, fonte di approvvigionamento idrico giornaliero di grande qualità per una popolazione che, in alcuni periodi dell’anno, supera le 10.000 persone.