Riceviamo e pubblichiamo
La bufala della “scoperta” dell’Ibis eremita in Italia
Una critica al modo sensazionalistico di riportare il ritrovamento di ibis eremita in Italia
[11 Giugno 2018]
Negli ultimi anni si è ripetuta più volte in tutta Italia, dalle Alpi a Alicudi, la pubblicazione di notizie,sensazionalistiche e senza alcun fondamento,della scoperta di una specie rarissima di volatile estinta dall’Europa secoli fa: l’Ibis eremita (Geronticus eremita).
L’ultimo fake risale al 7 giugno (La Stampa, La Repubblica ecc.).
Queste notizie rattristano perché’ tradiscono una non indifferente superficialità e analfabetismo ecologico-naturalistico da parte dei vari giornalisti e testate che pubblicano gli articoli – analfabetismo che alla fine purtroppo è collegato ad un innegabile e progressivo, forse ineluttabile, distacco dalla natura selvatica che la nostra società urbanizzata ha creato col tempo.
Il distacco ormai è tale che la gente fatica a distinguere la differenza fondamentale che esiste tra un animale selvatico, indipendente ed autonomo dall’uomo, e gli animali domestici che sono creazioni dell’uomo, dipendenti da noi in tutto e per tutto.
Ebbene, basterebbe usare Google un attimo, per capire che questi ibis eremita che ormai imperversano intutta Italia (per arrivare fino a Malta), e che appaiano all’improvviso sui balconi dei palazzi e nei giardini delle cittàa mendicare cibo e protezione dalla gente, sono altro che animali nati in cattività e scappati nel corso di un progetto, finanziato dall’Unione europea, che si sta svolgendo dal 2014 tra Austria e Italia.
L’obbiettivo del progetto,tuttora dibattuto,è quello di reintrodurre la specie in Europa centrale dopo 4 secoli di assenza (!) – avendo identificato una zona dell’Italia (la Toscana costiera meridionale) come area di svernamento per questa futura possibile nuova popolazione.Un’area per cui non esiste alcuna segnalazione di svernamento della specie in tempi storici: quasi sicuramente la specie infatti andava a svernare in Africa, come facevano gli ibis eremita del Medio Oriente.
Ad onor del vero, se l’obbiettivo della reintroduzione rimane discutibile, il progetto probabilmente sta ottenendo dei risultati nell’ambito della ricerca comportamentale su questa specie e certamente nel combattere il bracconaggio in generale in Italia. Grazie a questo progettoinfatti per la prima volta in Italia un bracconiere è stato condannato proprio l’anno scorso in provincia di Livorno.
Devo specificare a questo punto che: 1) l’Ibis eremita è una specie classificata come gravemente minacciata di estinzione a livello globale e che sopravvive allo stato selvatico solo in Marocco, in quanto la popolazione relitta scoperta nel 2002 nel deserto siriano probabilmente non esiste più, grazie alla indifferenza generale (in primo luogo delle organizzazioni di conservazione della natura). 2) Gli Ibis eremita sparpagliati individualmente per l’Italia non costituiscono di certo ancora una popolazione “reintrodotta”: sono solo individui che hanno perso la bussola e che hanno bisogno dell’uomo per sopravvivere. 3) La reintroduzione di specie estinte in natura è un processo molto costoso in termini di denaro e tempo che raramente ha successo: il buon senso vuole che ci si concentri sulla sopravvivenza delle specie/popolazioni selvatiche, nel loro habitat naturale, prima di investire milioni di euro su incerti progetti di reintroduzione.
MI preme infine segnalare che il pianeta Terra sta attualmente vivendo una crisi ecologica senza precedenti, le cui cause sono soltanto riconducibili alla nostra miopia e avidità, che tra le altre cose sta causando la sparizione di interi ecosistemi naturali selvatici e delle specie di piante e animali associate. Uno degli scogli principali da affrontare per poter sperare di fermare l’estinzione di specie selvatiche (centinaia ogni anno, si stima) è quella di arginare l’indifferenza, il distacco e l’inconsapevolezza dell’opinione pubblica riguardoalla natura selvatica o wildness.
Purtroppo molte persone a cui parlo di questo problema mostrano di non capire che un gatto o un cane domestico non sono natura. Lo erano certamente prima della loro domesticazione, ma non lo sono più. Quindi occuparsi di cani e gatti non significa necessariamente avere cura della natura: anzi! Spesso, come nel caso del gatto, è nettamente controproducente, visto che i felini domestici sono dei predatori indefessi e implacabili di uccelli e piccoli rettili e mammiferi selvatici.
Insomma quando avvisterete uno (sperduto) ibis eremitaa giro per l’Italia, per favore pensateci due volte prima di slanciarvi anche voi in esclamazioni del tipo: “abbiamo appena scoperto una specie rarissima! accorrete!”.
di Gianluca Serra, ornitologo e conservazionista, autore di “Salam è tornata“