La plastica è una trappola evolutiva per le giovani tartarughe marine

Lo stomaco delle tartarughe marine è pieno di detriti di plastica dannosi

[2 Agosto 2021]

L’inquinamento da plastica è diventato una delle minacce più pressanti per la fauna marina. Si stima che più di 700 specie marine, dalle gigantesche balenottere azzurre ai piccoli cirripedi, abbiano avuto interazioni con la plastica negli oceani. La plastica ora costituisce l’ 80% di tutti i detriti marini e si trova ovunque, dalle acque superficiali ai sedimenti di acque profonde. La plastica negli oceani si presenta sotto forma di macroplastiche (>1 mm) e microplastiche (<1 mm).

Ora, il nuovo studio “Plastic pollution and small juvenile marine turtles: a potential evolutionary trap”, pubblicato su Frontiers in Marine Science  da un team di ricercatori britannici e australiani dimostra che «L’inquinamento da plastica crea una “trappola evolutiva” per le giovani tartarughe marine. Una trappola evolutiva si verifica quando un comportamento o un habitat precedentemente adattivo ora ha effetti negativi sulla sopravvivenza e sulla riproduzione complessive.

Lo studio, condotto da Emily Duncan e Annette Broderick dell Centre for ecology and conservation dell’università di Exeter, ha trovato plastica all’interno dei piccoli di tartarughe lungo la costa australiana orientale del Pacifico e occidentale dell’Oceano Indiano.

Dopo la schiusa sulle spiagge, le tartarughe marine si spostano sfruttando le correnti e passano i primi anni di vita in mare aperto. Ma in queste correnti ora si accumulano grandi quantità di plastica e – nutrendosi vicino alla superficie – molte giovani tartarughe la inghiottono.

La Duncan ricorda che «Le tartarughe giovani si sono evolute per svilupparsi in mare aperto, dove i predatori sono relativamente scarsi. Tuttavia, i nostri risultati suggeriscono che questo comportamento evoluto ora le porta in una “trappola”, portandoli in aree altamente inquinate come il Great Pacific Garbage Patch. Le tartarughe marine giovanili generalmente non hanno una dieta specializzata: mangiano qualsiasi cosa e il nostro studio suggerisce che questo include la plastica. Non sappiamo ancora quale impatto abbia l’ingestione di plastica sulle tartarughe giovani, ma qualsiasi perdita in queste prime fasi della vita potrebbe avere un impatto significativo sui livelli di popolazione».

Si ritiene che le giovani tartarughe marine siano le più a rischio, poiché in questa fase della vita sono più inclini all’intrappolamento nelle reti da pesca e all’ingestione di plastica a causa delle loro preferenze alimentari, mentre le zone oceaniche in cui vivono si sovrappongono ad aree ad alto inquinamento plastico. Si pensa che l’ingestione di plastica porti alla mortalità per lacerazione, ostruzione o perforazione del tratto gastrointestinale. Inoltre, si sospetta inoltre che porti a malnutrizione e contaminazione chimica.

I ricercatori hanno esaminato le tartarughe marine giovanili (dai quelle appena uscite dall’uovo fino a quelle con un carapace fino a 50 centimetri di lunghezza) che si sono spiaggiate o che sono state catturate accidentalmente dai pescatori sulle coste australiane. In totale lo studio comprende 121 tartarughe marine di 5 delle sette 7 del mondo: verde, caretta caretta, embricate, bastarda olivacea olive ridley e a dorso piatto, ne è venuto fuori che «La percentuale di tartarughe contenenti plastica era molto più alta sulla costa del Pacifico: 86% di caretta, 83% di verdi, 80% di dorso piatto e 29% di bastarda olivacea. Sulla costa dell’Oceano Indiano, il 28% delle dorso piatto, il 21% delle Caretta caretta e il 9% delle tartarughe verdi conteneva plastica. Nessuna plastica è stata trovata nelle tartarughe embricate in entrambe le coste, ma sono state trovate solo 7 embricate, quindi questa dimensione del campione era piccola».

La plastica trovata nello stomaco delle tartarughe del Pacifico era costituita per lo più frammenti duri, che potevano provenire da una vasta gamma di prodotti utilizzati dagli esseri umani, mentre la plastica dell’Oceano Indiano era per lo più formata da fibre, forse provenienti da cime o reti da pesca. In entrambi gli oceani, i polimeri più comunemente ingeriti dalle tartarughe erano polietilene e polipropilene.

La Duncan conclude: «Questi polimeri sono così ampiamente utilizzati nei prodotti in plastica che è impossibile individuare le probabili fonti dei frammenti che abbiamo trovato. I piccoli generalmente contenevano frammenti fino a circa 5 mm a 10 mm di lunghezza e le dimensioni delle particelle sono aumentate insieme alle dimensioni delle tartarughe. La fase successiva della nostra ricerca è scoprire se e come l’ingestione di plastica influisce sulla salute e sulla sopravvivenza di queste tartarughe. Questo richiederà una stretta collaborazione con ricercatori e veterinari di tutto il mondo».