Le diete non sempre variegate e le dinamiche evolutive dei grandi carnivori

Uno studio internazionale coordinato dall'università di Siena rivela la spietata competizione tra i carnivori

[24 Luglio 2020]

Il recente studio “Only the largest terrestrial carnivores increase their dietary breadth with increasing prey richness”, pubblicato sua Mammal Review da un team internazionale di ricerca, coordinato da Francesco Ferretti del dipartimento di Scienze della vita dell’università di Siena, ha valutato la ricchezza della dieta delle 12 specie di grandi carnivori più diffuse al mondo, tra le quali  tigre, leone, leopardo delle nevi e lupo, in relazione alla locale ricchezza di prede, esaminando un campione di oltre 500 studi realizzati su scala globale.

La ricerca, a cui hanno collaborato il professor Sandro Lovari dell’Ateneo senese, Philip Stephens, della Durham University (Regno Unito), Mauro Lucherini dell’Universidad Nacional del Sur (Bahia Blanca, Argentina) e Matt Hayward dell’University of Newcastle (Australia), ha prodotto un quadro differenziato tra le specie, suggerendo che«Ii carnivori più grossi, dominanti nelle relazioni competitive con altri carnivori, possono “comprimere” la dieta di quelli di dimensioni inferiori».

Ferretti spiega: «Abbiamo valutato le relazioni tra l’ampiezza dell’alimentazione (la nicchia trofica) e la locale diversità della comunità di grandi prede (principalmente Ungulati, da cui i Carnivori dipendono), sintetizzando e ri-analizzando informazioni disponibili nella letteratura scientifica. I risultati della nostra sintesi indicano che non tutte le specie di Carnivori rispondono nello stesso modo a variazioni nella comunità di prede. Infatti le specie più grandi (per esempio leone, tigre o giaguaro) sembrano ampliare la propria alimentazione in aree con comunità più ricche di specie. Altri Carnivori (per esempio. ghepardo o licaone) non mostrano invece questa tendenza. La competizione tra specie è molto forte tra i carnivori, e le specie più grandi sono solitamente dominanti su quelle di dimensioni minori: i risultati suggeriscono che l’alimentazione dei Carnivori “subordinati” venga in qualche modo limitata dai Carnivori più grandi».

Ferretti sottolinea che «Le specie che sono solitamente predatori al vertice della piramide alimentare, come tigre, leone, giaguaro, iena macchiata, puma, lupo, lince eurasiatica, mostrano una dieta più diversificata all’aumento del numero di specie di prede disponibili localmente. Tuttavia, leopardo, ghepardo, licaone, leopardo delle nevi e dhole, un grosso canide selvatico asiatico, che sono solitamente specie “subordinate” negli ecosistemi in cui vivono, non traggono lo stesso vantaggio alimentare dalla presenza di una comunità ricca di prede».
La competizione tra specie di carnivori è solitamente molto intensa e non di rado sfocia nell’uccisione della specie più piccola da parte di quella più grande. Lo studio evidenzia che «Solo le specie dominanti possano arricchire liberamente la propria dieta in presenza di una ricca comunità di prede».

Ferretti  conclude: «I grandi carnivori terrestri rivestono notevole importanza ecologica, conservazionistica, economica e culturale. Questi risultati aiutano a comprendere le dinamiche evolutive della coesistenza tra specie di carnivori e presentano importanti risvolti conservazionistici: per esempio, alterazione dell’habitat o sfruttamento intensivo con la locale scomparsa di grandi erbivori ( per esempio a causa di caccia intensiva, bracconaggio o alterazione dell’habitat da parte dell’uomo, sono destinati ad avere un impatto negativo non solo sui carnivori più iconici, ma anche su quelli di dimensioni relativamente inferiori, determinando un aumento della competizione alimentare con i predatori più grossi».