Le foreste del patrimonio mondiale Unesco sono pozzi di carbonio sotto pressione (VIDEO)

Quantificati i benefici e i rischi climatici delle foreste Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco

[28 Ottobre 2021]

Il rapporto “World Heritage forests: Carbon sinks under pressure”, appena pubblicato da Unesco, del World Resources Institute (WRI)  e  International union for conservation of nature (Iucn)i, fornisce la prima valutazione scientifica globale delle emissioni e del sequestro di gas serra da parte delle foreste Siti del patrimonio mondiale Unesco e rivela che «Nonostante la notevole quantità di carbonio immagazzinato e assorbito dalle foreste in tutta la rete del patrimonio mondiale dell’Unesco, i benefici climatici anche di alcune delle foreste più iconiche e protette del mondo sono sotto pressione a casa dell’utilizzo del suolo e dai cambiamenti climatici».

Gli autori dello studio –  Tales Carvalho Resende (Unesco), David Gibbs e Nancy Harris (WRI), Elena Osipova (Iucn) . evidenziano che «Negli ultimi 20 anni, i siti Patrimonio dell’Umanità hanno perso 3,5 milioni di ettari di foresta (un’area più grande del Belgio) e le foreste di 10 siti Patrimonio dell’Umanità hanno emesso più carbonio di quanto ne hanno assorbito. La continua dipendenza dai pozzi di assorbimento e dallo stoccaggio del carbonio di queste foreste dipende da una migliore protezione delle foreste».

Le foreste contribuiscono al sistema climatico globale emettendo e assorbendo anidride carbonica (CO2) dall’atmosfera. Tuttavia, la nostra comprensione del trasferimento di CO2 tra le foreste e l’atmosfera in luoghi specifici è stata spesso ostacolata dalla mancanza di dati. Le nuove mappe disponibili   di quanto carbonio assorbito e rilasciato dalle foreste tra il 2001 e il 2020 consentono una stima più localizzata del carbonio emesso e stoccato dalle foreste. Combinando queste mappe prodotte dalla ricerca condotta dal WRI con le informazioni provenienti dal monitoraggio nei siti realizzato grazie  al  processo di segnalazione dello  stato di conservazione della Convenzione del Patrimonio Mondiale e dell’Iucn World Heritage Outlook del 2020, per la prima volta sono stati stimati il ​​carbonio lordo e netto assorbito ed emesso dalle foreste Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco tra il 2001 e il 2020 e sono state determinate le cause delle emissioni da alcuni siti.

La nuova analisi stima che «Le foreste Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, che coprono 69 milioni di ettari, circa il doppio della Germania, contengono 13 miliardi di tonnellate di carbonio (GtC) nella vegetazione e nel suolo. Questo supera la quantità di carbonio nei 101 miliardi di barili  di  riserve accertate di petrolio del Kuwait». La maggior parte del carbonio delle forestale Patrimonio dell’Umanità è stoccato in siti tropicali.

L’Unesco ricorda che «Sebbene lo stoccaggio stabile del carbonio sia importante, il carbonio emesso e catturato dalle foreste influisce più direttamente sui cambiamenti climatici». Il nuovo rapporto stima che «Le foreste di tutti i siti Patrimonio dell’Umanità abbiano rimosso dall’atmosfera circa 190 milioni di tonnellate di CO2 all’anno tra il 2001 e il 2020». Questo equivale a circa la metà delle emissioni di carbonio da combustibili fossili del Regno Unito nel 2019. 10 siti di grandi dimensioni rappresentano da soli la metà dell’assorbimento di carbonio della rete del Patrimonio Mondiale. Ma l’Unesco sottolinea che «Anche siti che sono pozzi totali più piccoli (assorbendo meno CO2 in generale) possono svolgere un ruolo considerevole nella regolazione del clima regionale e locale. Infatti, in 55 siti Patrimonio dell’Umanità, un ettaro medio di foresta può assorbire in un anno la stessa quantità di carbonio emessa da un’auto».

Essendo tra le foreste meglio protette del mondo, è però allarmante che tra il 2001 e il 2020  i siti del Patrimonio Mondiale abbiano perso 3,5 milioni di ettari di foresta (più della superficie del Belgio) e che le foreste di 10 siti del Patrimonio Mondiale abbiano emesso più carbonio di quanto ne abbiano assorbito. E l’Unesco avverte che per quanto riguarda i modelli di emissioni, tuttavia, non si sono limitati a quei 10 siti: «Altri siti, nonostante i restanti pozzi di carbonio netti nel complesso, hanno mostrato picchi o chiare traiettorie verso l’alto nelle emissioni che minacciano la forza del pozzo in futuro».

Secondo le informazioni del processo di monitoraggio reattivo della World Heritage Convention l’IUCN World Heritage Outlook del 2020, «Le due minacce più diffuse per le foreste del Patrimonio Mondiale dell’Unesco sono i cambiamenti climatici con le condizioni meteorologiche avverse associate (ad esempio incendi, tempeste, inondazioni, siccità, temperature estremi e spostamento/alterazione dell’habitat) e pressioni sull’uso del suolo associate a varie attività umane come il disboscamento illegale, la raccolta del legno e l’invasione agricola a causa dell’allevamento/pascolo e delle colture». Ognuno di questi  tipi di pressioni sono riportati in circa il 60% dei siti Patrimonio dell’Umanità.

Anche se sono necessari diversi interventi per affrontare tutte le minacce alle foreste del patrimonio mondiale dell’Unesco, emergono tre percorsi distinti per proteggere queste foreste come pozzi di carbonio per le generazioni future, contro gli eventi meteorologici gravi e le pressioni sull’uso del suolo:

1 Risposte rapide ed efficaci possono aiutare a prevenire la devastazione causata da eventi legati al clima. Quando si verificano eventi legati al clima come gli incendi estremi, spesso si perdono giorni preziosi nell’organizzazione di un intervento di emergenza a causa della mancanza di fondi e dati affidabili, mentre durante questo periodo possono essere rilasciate grandi emissioni di gas serra. Alcuni siti Patrimonio dell’Umanità hanno già adottato misure per gestire meglio i rischi legati al clima adottando piani di adattamento ai cambiamenti climatici (ad esempio  Wet Tropics of Queensland in Australia e Mount Kenya National Park/Natural Forest in Kenya), implementando programmi integrati di gestione degli incendi (ad esempio  Cerrado Protected Areas: parchi nazionali Chapada dos Veadeiros ed Emas in Brasile), e sostenere iniziative di riduzione del rischio di catastrofi attraverso la protezione delle coste e la regolamentazione delle inondazioni (ad eempio Sundarbans in Bangladesh e Sundarbans National Park in India). Tuttavia, il numero di siti del Patrimonio Mondiale con politiche in atto, piani o processi di gestione o riduzione dei rischi legati ai disastri resta basso.

2 Supportare i meccanismi che massimizzano l’integrità e la connettività delle foreste. La protezione di un territorio più ampio dei siti protegge i siti stessi. La maggior parte delle pressioni sui siti del patrimonio mondiale ha origine al di fuori dei loro confini, dove la protezione delle foreste è più debole. La frammentazione del territorio forestale intorno ai siti può generare maggiori emissioni di carbonio e interrompere la connettività ecologica con implicazioni per il funzionamento dell’ecosistema più ampio (ad esempio mortalità degli alberi, spostamento delle specie, ecc.) e la stabilità degli stock di carbonio. La gestione integrata del territorio e la creazione di corridoi ecologici e zone cuscinetto sono pertanto necessarie per garantire che la capacità dei siti di immagazzinare e sequestrare il carbonio sia preservata. La creazione di zone cuscinetto è specificamente raccomandata nelle linee guida per la dichiarazione e la gestione dei siti del Patrimonio Mondiale. Oltre ad aggiungere uno livello di protezione ai siti, possono fungere essi stessi da assorbitori di carbonio netti.

3 Integrare i siti del patrimonio mondiale nei programmi per il clima, la biodiversità e lo sviluppo sostenibile. Con l’interazione tra il cambiamento climatico globale e le crescenti pressioni umane locali, è necessaria un’azione coordinata a tutti i livelli. L’inclusione esplicita dei siti del patrimonio mondiale nelle politiche nazionali dei Paesi può contribuire a iniziative internazionali, come gli obiettivi di sviluppo sostenibile, i piani d’azione per il clima (ad esempio, i Nationally Determined Contributions nell’ambito dell’accordo di Parigi)  e  lestrategie sulla biodiversità nell’ambito del Post-2020 Global Biodiversity Framework, poiché hanno il potenziale intrinseco di fungere da laboratori viventi e influenzare lo sviluppo delle politiche. Ad esempio, il programma di ricerca del Gabon al Lope National Park dall’inizio degli anni ’80 ha sostenuto molte delle politiche nazionali riguardanti la conservazione e il clima del Paese. La successiva attuazione di tali politiche ha portato nel 2021 il Gabon a diventare il primo Paese in Africa a ricevere pagamenti basati sui risultati per la riduzione delle emissioni dovute alla deforestazione e al degrado forestale.

Lo studio conclude: «Le foreste del patrimonio mondiale dell’Unesco possono continuare a essere pozzi di carbonio affidabili se sono protette efficacemente dalle minacce locali e globali. L’alto profilo, la portata globale e il potere ispiratore dei siti Patrimonio dell’Umanità sono alla base di una forte motivazione ad agire. L’attuazione di successo delle azioni per proteggere queste foreste richiede la mobilitazione dei principali stakeholders  (ad esempio governi, società civile, popolazioni indigene, comunità locali e settore privato) per sviluppare finanziamenti e investimenti sostenibili e promuovere la condivisione interdisciplinare delle conoscenze per il processo decisionale».

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  • Quantifying climate benefits from UNESCO World Heritage forests