Riceviamo e pubblichiamo
L’ibridazione cane-lupo nella prospettiva della biodiversità
Quando avviene su scala ecologica e biogeografica rappresenta un’importante spinta evolutiva, in caso contrario può portare all’estinzione della specie
[24 Maggio 2018]
Il master in Amministrazione e gestione della fauna selvatica dell’Università Ca’Foscari di Venezia è stato inaugurato durante il convegno del 15 giugno del 2017 con “Il caso del lupo”. Quel convegno aveva lo scopo di porre l’accento sulla necessità di rendere complementari i profili giuridici e i profili biologici, indispensabili per la gestione della specie, e di come tale processo fosse essenziale per amministrare in modo intelligente la biodiversità. Il lupo quindi era un caso, un esempio. Ci siamo riusciti? Credo di sì.
In quella sede abbiamo tentato di far vincere ai biologi la ritrosia per il linguaggio giuridico e di far riemergere, tra i giuristi, quelli scampoli di metodo scientifico propedeutici a qualsiasi attribuzione di significato della normativa vigente. Già, perché da qualsiasi parte si voglia vederla, alla fine si tratta sempre di sapere di cosa si sta parlando.
Ora, credo sia noto a tutti di come molta della superficialità interpretativa amministrativa della biodiversità, spinta fino ad una vera e propria banalizzazione dei principi scientifici che stanno alla base della sua gestione, si sia tradotta in costi altissimi sia economici che culturali. Ed è proprio qui che si inserisce il nuovo appuntamento del master Fauna di Ca’Foscari del prossimo 8 giugno “L’ibrido lupo – cane nella prospettiva della biodiversità”, il cui scopo fondamentale è quello di porre fine al potere del fraintendimento intenzionale del termine “ibrido”.
Ma procediamo per passi. Parlare di biodiversità significa parlare delle diverse specie che abitano i diversi ecosistemi e delle loro interrelazioni. Troviamo biodiversità a livello genetico, speciespecifico ed eco sistemico. Possiamo misurarla, abbiamo gli strumenti per farlo. Sappiamo tutto al riguardo? Certamente no, ma quello che sappiamo ci basta per poter affermare con forza che la biodiversità è sia il motore che il prodotto dell’evoluzione.
Sappiamo anche che quando la biodiversità diminuisce gli ecosistemi diventano più vulnerabili. È per questo motivo che gli sforzi di tutta la biologia della conservazione si traducono nelle diverse strategie messe in atto proprio per eliminare tutte le minacce alla integrità genomica delle diverse specie. Il lupo, ovviamente, è tra queste, e il fenomeno dell’ibridazione lupo-cane è proprio una delle minacce.
Ora, fenomeni di ibridazione tra il lupo (progenitore selvatico del cane) e i cani domestici non sono certo una novità, lungo la storia della domesticazione del cane si saranno verificati più volte. E allora? E allora dobbiamo distingue tra due fenomeni dagli effetti conservazionistici opposti.
Quando l’ibridazione lupo-cane avviene su scala ecologica e biogeografica, assistiamo ad un “processo naturale” che ha un grande significato conservativo perché rappresenta un’importante spinta evolutiva. Diversamente, l’ibridazione antropogenica rappresenta una grave minaccia visto che è la causa dell’estinzione di diverse specie (può diventarlo anche per il lupo) e conseguentemente perdita di biodiversità.
L’ibridazione antropogenica, nel nostro caso, ha un’unica causa: la continua presenza nel nostro territorio di cani randagi e cani vaganti. Di questo, delle diverse tecniche diagnostiche e della necessità della loro standardizzazione si discuterà l’8 giugno, senza tralasciare alcune delle questioni più importanti: l’assenza di disposizioni normative relative all’ibridazione rappresenta una lacuna dell’ordinamento? In assenza di disposizioni normative chi decide e secondo quali criteri? I problemi sottesi alla questione sono molti e impongono scelte, e queste scelte vanno studiate tenendo presenti insieme diversi aspetti.
di Paola Peresin, master in Amministrazione e gestione della fauna selvatica, docente e coordinatrice del modulo VI – Biologia della conservazione