L’impatto dell’urbanizzazione residenziale rurale sulle comunità di avifauna
In due territori chiave gli uccelli reagiscono in modo diverso allo sviluppo edilizio extraurbano
[17 Febbraio 2021]
Il nuovo studio “Exurbia East and West: Responses of Bird Communities to Low Density Residential Development in Two North American Regions”, pubblicato su Diversity da Michale Glennon del Paul Smith’s College Adirondack Watershed Institute e da Heidi Kretser della Wildlife Conservation Society e del Department of natural resources della Cornell University rileva che le comunità di uccelli in due territori rurali in rapido sviluppo reagiscono in modo diverso all’aumento della “urbanizzazione rurale”.
I ricercatori hanno scoperto che le comunità di uccelli che vivono nelle foreste orientali dell’Adirondack Park di New York sono più sensibili alle suddivisioni residenziali rispetto agli uccelli del West che vivono nei territori più vari del Greater Yellowstone Ecosystem (GYE), che si estende in Idaho, Montana e Wyoming.
La Kretser e Glennon dicono che «Il territorio più irregolare nella prateria arbustiva occidentale del GYE potrebbe supportare comunità di uccelli meno sensibili agli impatti della frammentazione. Gli uccelli che vivono nelle foreste in gran parte ininterrotte e intatte dell’Adirondack Park subiscono gli effetti più negativi dei disturbi».
Le cosiddette località “exurban” residenziali, ai margini di città, paesi e periferie, sono tra le aree degli Usa che registrano i più alti livelli di crescita della popolazione negli ultimi tre decenni. I ricercatori evidenziano che «Questo è dovuto in parte alle seconde case e alle nuove tecnologie che consentono di lavorare da postazioni remote», un fenomeno in aumenti anche in Italia con la pandemia di Covid-19 che ha visto molte persone tornare dalle città ai loro luoghi di origine o andare a vive nelle seconde case al mare e in montagna, ritenute più sicure. .
Gli autori dicono che, «Per proteggere e conservare gli uccelli in entrambi i territori, nel preservare gli uccelli, può essere più efficace concentrarsi sull’ubicazione iniziale delle case rispetto ai tentativi di influenzare i comportamenti umani dopo il completamento delle costruzioni».
Lo studio ha anche scoperto che «Gli uccelli hanno risposto in modo più negativo a una più ampia interruzione dell’habitat dallo sviluppo edilizio rispetto a specifici disturbi associati all’uomo. Ad esempio, in generale, le specie orientali – la silvia blu dalla gola nera, la dendroica delle magnolie, il picchio muratore pettofulvo, lo scricciolo invernale, il passero dalla gola bianca e il picchio panciagialla – si sono comportate meglio nei siti di controllo non sviluppati, ma nessuna di queste stesse specie ha dimostrato una risposta negativa a un disturbo specifico come l’aumento del rumore o gli animali domestici nelle case».
Le risposte degli uccelli alle caratteristiche dell’habitat e ai potenziali disturbi sono state fortemente specifiche per specie, rendendo difficili stilare raccomandazioni valide per tutte le specie di avifauna, ma fornendo anche opportunità a beneficio delle singole specie che potrebbero aver bisogno di protezione. Ad esempio, nel West, i passeri delle praterie e le allodole occidentali sono stati influenzati negativamente dagli animali domestici, ma non da altri disturbi come gli esseri umani che si spostano all’esterno o le luci accese di notte.
Glennon sottolinea che «Alcuni dei nostri risultati sono stati sorprendenti: ci aspettavamo che gli uccelli reagissero in modo più negativo a potenziali disturbi come gli animali domestici e il rumore. I risultati contrastanti suggeriscono che ci possono essere benefici indiretti da alcune forme di disturbo: ad esempio, alcuni predatori dei nidi, come gli scoiattoli, possono essere spaventati dai cani, e questi benefici possono superare i costi».
Gli autori dello studio sono convinti che i governi locali e le commissioni di pianificazione dovrebbero avere la capacità pianificare l’ubicazione e la configurazione dell’urbanizzazione attraverso ordinanze locali sull’uso del suolo e che, per produrre benefici relativamente grandi per la fauna selvatica, le ordinanze esistenti possono richiedere solo piccoli aggiustamenti. Allo stesso modo, le associazioni di proprietari di case potrebbero influenzare le decisioni a livello di suddivisione o di vicinato che influenzano la disponibilità e la struttura dell’habitat su scala più ampia e, a loro volta, influenzano le comunità di uccelli.
La Kretser conferma che «I nostri risultati sottolineano il ruolo importante che le commissioni di pianificazione locale possono svolgere indirizzando la posizione e la configurazione dello sviluppo urbanistico su terreni privati per proteggere gli habitat critici per la fauna selvatica».
Per salvare la fauna selvatica e i luoghi selvaggi i conservazionisti fanno sempre più affidamento sui terreni privati. Tra i recenti ordini esecutivi per la tutela dell’ambiente, il nuovo presidente statunitense Joe Biden si è impegnato a realizzare il 30 x 30, un piano ambizioso già sostenuto da 50 Paesi (Italia compresa) che punta a proteggere almeno il 30% del pianeta, a terra e a mare, entro il 2030, nel tentativo di arginare la perdita globale di biodiversità e di utilizzare i sistemi naturali per combattere il cambiamento climatico. Lo studio conclude che «La gestione dei terreni privati a fini di salvaguardia della biodiversità svolgerà un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questo obiettivo».