Madagascar: ambientalisti in prigione e boss del traffico di palissandro impuniti

Un ambientalista condannato per aver pubblicato documenti su Faceebook. Forse è una trappola.

[29 Maggio 2015]

L’ambientalista Armand Marozafy, uno di leader della Coalition Lampogno di Maroantsetra e presidente del Comité de Soutien aux Aires Protégées del Parc national Masoala, che era già stato messo in prigione con l’accusa di  aver pubblicato su Facebook un rapporto confidenziale sul traffico illegale di “bois de rose”, il prezioso legno di palissandro, è stato condannato a 6 mesi di carcere ed a pagare una multa di 12 milioni  di ariary  (circa 4.000 euro, un’enormità in Madagascar) di risarcimento danni e di interessi.

La condanna di Marozafy  è stata resa possibile dalla nuova legge sulla “cybercriminalità” e Léa Ratsiazo sulla Tribune ha scritto che «La libertà di espressione è in pericolo», mentre l’ambasciata statunitense ad Antananarivo ha espresso al governo malgascio tutta la sua inquietudine per la vicenda.

Tra gli ambientalisti malgasci l’emozione è forte e crescono i sospetti che gli ambienti coinvolti nel traffico illegale di  palissandro abbiano teso una trappola a Marozafy, facendo trapelare volutamente un rapporto confidenziale sui social network  per liberarsi dello scomodo ambientalista  e terrorizzare gli attivisti ambientali, che già non facevano una vita facile.

Ratsiazo scrive su La Tribune: «Ricordiamo che il primo ministri o ha annunciato con orgoglio la strategia di lotta contro il traffico di bois de rose, con l’istituzione del tribunale speciale e della chaîne pénale spéciale. Nessuna pietà per i trafficanti, secondo il primo ministro, 10 anni per i semplici esecutori e 20 anni per le menti, nessuna possibilità di libertà provvisoria. Per il momento, non c’è nessuna pietà per coloro che osano denunciare i trafficanti! Chi oserà ancora sfidare i trafficanti?»

In effetti molte cose non tornano. Armand Marozafy è una guida eco-turistica ed era stato incarcerato  il 29 aprile a Maroantsetra, dopo essere stato accusato di diffamazione per aver pubblicato su Facebook documenti che dimostravano il taglio illegale di palissandro realizzato da due operatori turistici a MaMaBai. Poi  Marozafy aveva inviato una e-mail a due ambientalisti  di Lampogno  nella quali li informava del fatto.

Clovis Razafimalala, coordinatore della coalizione Lampogno, spiega che «Il 14 febbraio 2015, una persona con falsa identità aveva pubblicato questa mail privata sul social network Facebook con il nome dei due operatori turistici coinvolti. Questo account Facebook non appartiene ad  Armand Marozafy e la pagina è stata creata solo per pubblicare l’informazione». I due operatori turistici però hanno immediatamente denunciato  Marozafy  che è stato subito arrestato il 26 aprile. Il sospetto che si tratti di una macchinazione della mafia del bois de rose di MaMaBai è forte.

La coalizione Lampogno riunisce diverse associazioni che lottano contro la rapina delle risorse naturali del Madagascar ma, nonostante decine di dossier e denunce,  non è mai riuscita a far arrestare nessuno dei boss di MaMaBai. Invece  Marozafy  è stato arrestato e rapidamente condannato per un reato di opinione che probabilmente non ha nemmeno commesso.

Per Razafimalala  «Si tratta di una manovra per impedire alla gente di parlare» e Ndranto Razakamanarina, presidente della Alliance Voahary Gasy (Avg), aggiunge «In questa regione si applica la legge del più forte. Finora, nessuno dei  grandi trafficanti è stato messo in prigione. Vengono condannate solo le persone che lottano contro il traffico»

In una lettera aperta inviata dall’Avg al ministro della giustizia e a tutti i giudici del Madagascar per chiedere notizie sull’attuazione della legge per reati ambientali, l’Ong che difende i diritti umani e dell’ambiente ha citato tre casi recenti, compreso questo di Marozafy, ed a chiesto spiegazioni: «Non capiamo alcune delle ragioni della giustizia in Madagascar». Ma fino ad ora nessuno ha risposto.