Nel 2020 sono state documentate centinaia di nuove specie. Ma resta da scoprire la maggior parte della vita sulla Terra
Solo la California Academy of Sciences nel 2020 ha descritto 213 “nuove” specie
[30 Dicembre 2020]
Mentre il 2020 sta per finire , gli scienziati di tutto il mondo stanno ancora scoprendo “nuove” specie di vita sulla Terra. Il 26 dicembre gli scienziati dell’università Tongren hanno annunciato di aver scoperto 5 nuove specie di ragni nella riserva naturale del Monte a Wuliang, nella provincia dello Yunnan nella Cina sud-occidentale.
Queste specie non sono state necessariamente avvistate per la prima volta quest’anno. Invece, sono state ufficialmente descritte nella letteratura scientifica come specie uniche, alcune dopo decenni di ricerca.
Nessuno sa esattamente quante specie viventi non siano state ancora descritte dalla scienza e le stime variano tra l’86% e addirittura il 99,99%. Sappiamo quindi ancora molto poco della rete del vivente di cui facciamo parte mentre siamo all’inizio di una grande estinzione di massa che noi stessi abbiamo innescato.
Anche quest’anno i ricercatori della California Academy of Sciences fanno il consueto riepilogo delle loro scoperte e rivelano di aver descritto 213 nuove specie su diverse pubblicazioni scientifiche: «101 formiche, 22 grilli, 15 pesci, 11 gechi, 11 lumache di mare, 11 piante da fiore, 8 coleotteri, 8 echinodermi fossili, 7 ragni, 5 serpenti, 2 scinchi, 2 afidi, due anguille, un muschio, una rana, un anfibio fossile, un cavalluccio marino, una capesante fossile, un biscotto marino [noto anche come dollaro della sabbia], un crinoide fossile (o giglio di mare) e un corallo».
Anche se la pandemia di Covid-19 ha presentato sfide uniche per gli scienziati, le cui ricerche in genere comportano spedizioni o visite a collezioni scientifiche, il difficile 2020 ha anche sottolineato l’importanza del loro lavoro. La virologa e Chief of Science della California Academy of Sciences, Shannon Bennett, sottolinea che «Sfortunatamente, la pandemia è un sintomo del nostro rapporto interrotto con la natura. Queste specie appena descritte rappresentano un aspetto di un crescente sforzo collettivo per riparare quella relazione. Migliorando la nostra comprensione della biodiversità della Terra e portandoci più in contatto con il mondo naturale, ogni nuova specie funge da importante promemoria, così come la pandemia, del nostro ruolo vitale nella protezione degli ecosistemi del nostro pianeta».
E le nuove scoperte non avvengono necessariamente in natura. Anzi, per i ricercatori interessati a descrivere nuove specie, ci sono pochi luoghi più ricchi di tesori tassonomici delle collezioni di storia naturale di quelle della California Academy of Sciences che non a caso è stata definita la “blioteca della vita”, visto che contiene oltre 46 milioni di esemplari che rappresentano molti rami dell’albero della vita. All’Accademia californiana ricordano che «Poiché descrivere le specie richiede tempo e competenza, un certo numero di esemplari nelle nostre collezioni rappresentano specie sconosciute alla scienza. In effetti, questo è stato il caso di un certo numero di nuove specie di quest’anno, tra cui la sorprendente vipera, Atheris hetfieldi, che è stata descritta da un singolo esemplare dell’Accademia raccolto all’inizio del 1900».
Gli esemplari che si trovano nelle collezioni di storia naturale coprono sia il tempo che lo spazio, fornendo dati di riferimento per la distribuzione geografica delle specie in vari punti nel passato. Ad esempio, le collezioni utilizzate dal curatore per la botanica della California Academy of Sciences Frank Almeda , PhD, e dal ricercatore in visita Ricardo Pacifico per le piante da fiore del genere Microlicia descritte nel 2020 hanno fornito ai ricercatori potenziali luoghi in Brasile dove potrebbero trovare esemplari viventi. Una volta trovati in natura, le aree possono essere confrontate con le informazioni degli esemplari archiviati per determinare i cambiamenti subiti nel tempo dall’areale della pianta: informazioni preziose quando si valuta lo stato di conservazione della specie. Tuttavia, per acquisire una conoscenza più approfondita di questi sono necessari campioni raccolti su scale temporali geologiche, attraverso millenni anziché secoli. Fortunatamente, i fossili possono fornire queste finestre sul passato.
La direttrice delle collezioni della California Academy of Sciences Christine Garcia, che ha contribuito a descrivere la capesante fossile Lyropecten terrysmithae , vissuta in California circa 11 milioni di anni fa, spiega che «I fossili offrono un’opportunità unica per osservare come le specie, le comunità e gli ecosistemi del passato hanno risposto ai cambiamenti ambientali. Inoltre, questa evidenza può fornire approfondimenti su come le specie e gli ecosistemi moderni potrebbero rispondere ai cambiamenti causati dall’uomo nel prossimo futuro».
I fossili di ambra possono essere particolarmente importanti perché conservano caratteristiche degli animali che altri fossili non hanno, come il tessuto muscolare o la materia vegetale. Utilizzando queste informazioni aggiuntive, il ricercatore dell’Academy Aaron Bauer e i suoi colleghi hanno stabilito che, per catturare le prede, l’anfibio Yaksha peretti che hanno scoperto intrappolato nell’ambra, probabilmente usava la sua lingua come una fionda, in maniera simile ai moderni, portando le origini evolutive di questo adattamento a 100 milioni di anni fa.
Dopo aver eseguito un’analisi genetica su una specie sconosciuta di lumaca di mare, Lynn Bonomo, una ricercatrice che lavora con il curatore di zoologia degli invertebrati dell’Accademy Terry Gosliner, pensavo di aver sbagliato: secondo la sua analisi, il nuovo nudibranco faceva parte dei Chromodoris , un genere colorato di lumache di mare che solitamente sfoggiano lungo il corpo strisce nere prominenti. Ma la nuova specie, che la Bonomo ha chiamato Chromodoris kalawakan (“kalawakan” significa “galassia” in filippino), è di un grigio opaco con puntini bianchi. Tuttavia, dopo aver ricontrollato le analisi che aveva eseguito e la morfologia interna del campione, Gosliner ha confermato la scoperta e C. kalawakan appartiene a un genere completamente diverso e la giovane ricercatrice ha potuto così descrivere la sua prima nuova specie.
Se gli organismi mancano della morfologia tipica di un genere o presentano quella di un altro, anche gli esperti possono identificare erroneamente specie finora sconosciute. Per districarsi nei contorti rami dell’albero della vita, gli scienziati utilizzano tecnologie di sequenziamento genico, come quelle utilizzate dalla Bonomo, che determinano le relazioni tra le specie attraverso analisi matematiche. Oltre alla morfologia e alla genetica, per distinguere le specie i ricercatori usano anche il comportamento. Ad esempio, nel descrivere le nuove specie di grilli scoperte nel 2020, David Weissman, si è parzialmente affidato alle analisi dei loro richiami. Utilizzando apparecchiature di registrazione e software audio, entomologi come Weissman catturano le onde sonore dei richiami dei grilli per confrontarli con quelle di specie conosciute.
Per alcune specie, la tecnologia non svolge solo un ruolo significativo nel modo in cui vengono descritte, ma anche nel modo in cui vengono scoperte. Estendendosi fino a 150 metri sotto la superficie dell’oceano, le barriere coralline mesofotiche pongono serie sfide per condurre ricerche scientifiche: utilizzare l’attrezzatura subacquea tradizionale per studiare queste barriere sarebbe impossibile a causa dell’intensa pressione e del tempo necessario per raggiungerle e per farlo gli scienziati dell’Accademy utilizzano tecnologie subacquee rivoluzionarie come i rebreather a circuito chiuso che rimuovono l’anidride carbonica dalle emissioni del respiro, quindi restituiscono aria ossigenata mista a elio al subacqueo in modo che possa osservare nuove bellissime specie, come avvenuto quest’anno con il Cirrhilabrus briangreenei, riuscendo a stare più a lungo alle profondità mesofotiche.
Insieme, queste tecnologie innovative consentono ai ricercatori di esplorare la biodiversità del nostro magnifico mondo come mai prima d’ora, aggiungendo specie all’albero della vita e chiarendo ulteriormente come d si è ramificato.
Se sappiamo davvero poco degli esseri che abitano insieme a noi il pianeta Terra, a volte troviamo specie sconosciute accanto a dove viviamo e lavoriamo, come successo per il mimetico pesce ago scoperto al largo di Botany Bay, in Australia, un popolare sito di immersioni subacquee vicino a Sydney. A trovare la Stigmatopora harastii nascosta nelle secche tra le alghe rosse è stato Graham Short. Si tratta del primo pesce ago scoperto nelle alghe rosse, le parenti meno abbondanti e di acque profonde delle alghe brune, e questo vantaggio evolutivo unico ha permesso a S. harastii di evitare non solo la competizione con gli altri pesci ago che vivono in profondità e che preferiscono le alghe brune, ma anche di eludere finora gli scienziati che non li cercavano in un habitat dove “non dovevano essere”.
Ma non ci sono solo le specie che si nascondono bene; ci sono anche quelle che ora si fanno vedere a causa dell’invasione umana nella natura. Man mano che le grandi città come Guwahati, in India, dove vive il geco Crytodactylus urbanus appena descritto, si espandono, gli ecosistemi circostanti si restringono, quindi, alcune specie perdono il loro habitat preferito, mentre altre ben adatte ai territori urbani prosperano, comprese alcune che sono nuove per la scienza.
All’Accademy sottolineano: «Sebbene l’espansione urbana possa essere ecologicamente distruttiva, il coinvolgimento della comunità può ispirare l’apprezzamento per le specie che ancora chiamano casa la giungla di cemento casa». E sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore delle specie urbane è quello che ha in parte ispirato Aaron Bauer a chiamare il “nuovo” geco C. urbanus «Poiché questa diversità si verifica dove le persone vivono, offre loro l’opportunità di entrare in contatto con la natura nel proprio cortile. E’ importante sottolineare che questo maggiore apprezzamento della biodiversità locale può indirizzare gli sforzi di conservazione per proteggere questi ambienti fragili».
Alla California Academy of Sciences concludono: «Dagli spazi urbani ai luoghi inaspettati, comprendere la biodiversità, in particolare dove gli esseri umani e la natura coesistono e quindi dove la natura è più vulnerabile, è fondamentale per governare efficacemente il pianeta. Continuando a setacciare il noto per l’ignoto, i ricercatori possono approfondire tale comprensione e promuovere ulteriormente l’apprezzamento per il mondo naturale».