Nel Mediterraneo uccisi e catturati 25 milioni di uccelli all’anno
La strage più grossa in Italia: tra i 3,4 e i 7,8 milioni di uccelli all’anno
[10 Maggio 2016]
Oggi, in occasione della Giornata mondiale degli uccelli migratori (World Migratory Bird Day), istituita nel 2006 per sensibilizzare alla tutela degli uccelli selvatici migratori, la Lipu pubblica lo studio “Preliminary assessment of the scope and scale of illegal killing and taking birds in the Mediterranean”, già comparso su Bird Conservation International, dal quale emerge che sono 25 milioni gli uccelli selvatici catturati o uccisi nell’intera regione del Mediterraneo. Nell’articolo gli autori presentano una dettagliata analisi su quanti uccelli e quali specie subiscono un impatto a causa della caccia illegale, dove si trovano le 20 peggiori aree del Mediterraneo per la caccia illegale (ove avviene la cattura o l’uccisione di 8 milioni di uccelli) e perché diverse specie vengono prese di mira nei singoli Paesi. Le cifre erano state presentate in anteprima nell’agosto 2015 nel report “The Killing”. I dati sono stati raccolti dai partner di BirdLife ( In Italia la Lipu) utilizzando una varietà di fonti, come il monitoraggio sulle specie target , pubblicazioni, report e stime fornite da esperti.In molti casi, i numeri sono stati ricavati in base all’uso di reti “mist-nets”, di trappole utilizzate per l’uccellagione, di rametti (in inglese “limesticks”) cosparsi di colla per la cattura di piccoli uccelli e dai ricoveri nei centri per il recupero della fauna selvatica.
Anne-Laure Brochet, la principale autrice dello studio pubblicato su Bird Conservation International, sottolinea: «Siamo rimasti profondamente colpiti dallo scoprire che 25 milioni di individui di oltre 450 specie sono stimati catturati o uccisi ogni anno nella regione del Mediterraneo, principalmente a scopi alimentari (ossia per il consumo in proprio come prelibatezze o venduti a scopo di profitto), per sport o per essere utilizzati come uccelli da richiamo nella caccia. Le stime parlano di otto milioni di uccelli uccisi o catturati all’interno di 20 zone della regione mediterranea. Data l’incertezza di questi numeri, dovuta alla difficoltà di documentare le attività illegali, il totale potrebbe in realtà essere compreso tra 5 e 11 milioni».
Le 20 aree del Mediterraneo a maggior intensità di illegal killing sono in soli 4 Paesi: Cipro, Egitto, Libano e Siria. E BrdLife International segnala «l’area di Famagusta a Cipro, dove tra i 400mila e 1 milione di uccelli sono illegalmente uccisi o catturati ogni anno, o quella denominata El Manzala in Egitto ( fino a 1,1 milioni di uccelli)».
Ma la Lipu aggiunge un nostro triste primato: «Il più alto numero di uccelli catturati o uccisi nella regione del Mediterraneo si registra in Italia (tra i 3,4 e i 7,8 milioni di uccelli), Egitto (tra i 700mila e i 10,6 milioni), e Siria (tra i 2,9 e i 4,9 milioni). La massima densità di uccisioni/catture si registra invece a Malta (tra i 18 e i 667 uccelli ogni anno per chilometro quadrato), Cipro (146-351 per chilometro quadrato) e Libano (161-335 uccelli per chilometro quadrato)». Gli uccelli colpiti dalla caccia illegale, tra le altre, includono specie come il fringuello (2,9 milioni di esemplari uccisi ogni anno), la capinera (1,2 – 2,4 milioni), la quaglia (1,6 milioni), il tordo bottaccio (1,2 milioni), la tortora selvatica (tra le 300mila e le 900mila) e il tordo bottaccio (tra i 700mila e 1,8 milioni), oltre a specie classificate come Vulnerabili dalla Lista rossa come il chiurlo maggiore.
Secondo la Lipu, in Italia i dati parlano di «una strage di fringuelli (tra i due e i tre milioni), pispole (500/900mila esemplari), pettirossi (300/600mila),frosoni (200mila/1 milione) e storni (100/500mila). Le specie minacciate di estinzione più colpite dalla caccia illegale nel nostro Paese sono l’anatra marmorizzata, da 1 a 5 esemplari colpiti (pari 50% della popolazione nidificante), il nibbio reale, da 50 a 150 esemplari coinvolti (pari al 30% della popolazione nidificante) e il capovaccaio, tra 1 e 5 esemplari colpiti (20% popolazione nidificante)». Claudio Celada, direttore dipartimento di conservazione natura della Lipu-BirdLife Italia, sottolinea a sua volta: «Gli uccelli selvatici, un immenso patrimonio di tutti e che non conosce confini nazionali o internazionali si meritano delle rotte migratorie, dette flyways, più sicure. Chiediamo dunque che l’Europa e l’Italia, quest’ultima in particolare con un Piano antibracconaggio nazionale e un inasprimento delle norme, incrementino gli sforzi per la conservazione e la condanna delle illegalità, prima che sia troppo tardi».
Willem Van den Bossche, coautore dell’articolo e responsabile della conservazione della Flyway per Europa e Asia Centrale per BirdLife Europa, aggiunge: «E’ allarmante scoprire che nonostante l’impatto positivo della legislazione europea, metà dei 10 Paesi a più alta intensità di caccia illegale sono membri dell’Unione europea – Ciò indica la necessità di sforzi maggiori per assicurare che la direttiva europea Uccelli sia pienamente implementata a livello nazionale».
Un’altra delle autrici dello studio, Vicky Jones, responsabile Flyway per BirdLife International, evidenzia che «La caccia illegale è un problema di conservazione complesso. Affrontare questo tema richiede azioni a livello locale, nazionale e internazionale, coinvolgendo le forze dell’Ordine, la Magistratura, le associazioni venatorie, le autorità governative nazionali, le Ong e gli strumenti di politica internazionale».
in Egitto/Libia e a Cipro sono stati redatti i primi Piani d’azione nazionali per combattere la caccia illegale, grazie alle pressioni di un vasto numero di stakeholders, con lo scopo di rafforzare la legislazione e la sua applicazione, sviluppando il monitoraggio e sostenendo gli sforzi per intraprendere azioni a favore di singole specie. Ma Stuart Butchart, coautore della pubblicazione e direttore scienza a BirdLife International conclude: «Lo sfruttamento insostenibile è una delle maggiori minacce agli uccelli mondiali, e buona parte di esso è illegale. Il nostro studio è il primo a compilare stime quantitative dettagliate del problema nel Mediterraneo. L’identificazione da noi operata degli “hot spots” della caccia illegale ci aiuterà a mettere a fuoco gli sforzi da mettere in atto sul campo per fronteggiare questo problema».