Nuovi strumenti molecolari per il monitoraggio della biodiversità nelle aree protette
Per il benessere economico e la nostra stessa salute è necessario difendere (anche) la diversità genetica di specie e popolazioni
[21 Gennaio 2021]
Che preservare la biodiversità e la variabilità genetica ad essa associata sia importante è cosa oramai assodata. Come misurare e comparare questa diversità è invece ancora poco chiaro. Occorre pertanto definire e adottare strumenti condivisi al fine di monitorare e preservare la biodiversità tramite strategie comuni a lungo termine.
Dinanzi a quella che molti non esitano a definire la sesta estinzione di massa, le organizzazioni internazionali e i governi, sulla spinta di una sempre maggiore sensibilizzazione e mobilitazione dell’opinione pubblica sul tema, da circa trent’anni stanno stipulando convenzioni e accordi per contrastare, e finanche invertire, l’allarmante perdita di biodiversità in atto.
Questo importante traguardo, che oggi finalmente evolve attraverso l’adozione di idonei strumenti legislativi da parte dei singoli Stati, è stato raggiunto anche sulla base della crescente consapevolezza che il benessere economico e la nostra stessa salute sono intimamente legati alla salvaguardia della biodiversità. Questo concetto spesso viene semplicisticamente identificato con il mero numero di specie viventi in un determinato contesto spaziale, ma che in realtà ha un significato assai più ampio e complesso, includendo – tra le altre cose – la diversità genetica di specie e popolazioni. Tuttavia, quello che accordi e leggi non chiariscono è come misurare in maniera standardizzata – e quindi ripetibile e comparabile – la diversità genetica tra specie diverse, né tantomeno come monitorarla nel corso del tempo.
Uno studio internazionale pubblicato recentemente nella rivista Heliyon e condotto dai ricercatori del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (EBD-CSIC) spagnolo e del Sabah Parks malese, ha affrontato questo problema mettendo a punto dei marcatori molecolari per monitorare la diversità genetica delle comunità di micromammiferi nel corso del tempo.
«La scelta di centrarsi su questo eterogeneo gruppo animale è stato dettato dalla loro grande importanza ecologica e dal loro ruolo di indicatori biologici, il che li rende particolarmente preziosi in un’epoca di incessante cambiamento climatico», afferma Sacramento Moreno, ricercatrice del CSIC nella Stazione Biologica di Doñana a Siviglia.
Lo studio ha preso in esame le eterogenee comunità di micromammiferi di due famosi parchi nazionali dichiarati Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO e situati ai due antipodi dell’Eurasia: Doñana (Spagna) e Kinabalu (Malesia). Il lavoro si è basato nell’applicazione di tecniche di sequenziamento massivo parallelo del DNA (note come Next Generation Sequencing o NGS) e marcatori ottimizzati per il comune ratto di laboratorio. Per questo motivo la quantità di informazione raccolta è stata assai maggiore nel caso di specie affini come, topi e arvicole, ma comunque discreta anche in quelle evolutivamente più distanti scoiattoli, ghiri, toporagni, conigli e tupaie.
Questo pannello di marcatori genetici rappresenta uno strumento che potrà essere usato per misurare la diversità genetica nel corso del tempo, in specie diverse e in molteplici ecosistemi, fornendo informazioni preziose per studi di conservazione. «Il grande vantaggio di questo sistema è che non solo permette di ottenere molti dati in varie specie nello stesso esperimento, ma anche in un gran numero di individui, e in una maniera relativamente rapida ed economica», spiega Jennifer Leonard, ricercatrice del CSIC nella Stazione Biologica di Doñana.
«L’idea di questo lavoro è proporre un approccio metodologico che sia trasferibile ad altri sistemi di studio e che abbia il potenziale di fornire dati su larga scala», conclude Miguel Camacho-Sanchez, che insieme a chi scrive è ricercatore all’Università di Porto con un passato nella Stazione Biologica di Doñana. Il monitoraggio genetico della biodiversità è un compito imprescindibile per la salvaguardia delle funzioni eco sistemici. Studi come questo mettono a disposizione strumenti e conoscenze di importanza fondamentali per la pianificazione di strategie di conservazione a lungo termine.
di Giovanni Forcina (giovanni.forcina@cibio.up.pt) per greenreport.it
Pubblicazione: G. Forcina, M. Camacho-Sanchez, F.Y.Y Tuh, S. Moreno, J.A. Leonard. Markers for genetic change. Heliyon 7(1): e05583. DOI:10.1016/j.heliyon.2020.e05583. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2405844020324269