Perché il tonno rosso è tornato nel Nord Atlantico e potrebbe sparire dal Mediterraneo
L’Amo e riscaldamento globale potrebbero costringere i tonni ad abbandonare il Mediterraneo
[4 Gennaio 2019]
Il tonno rosso dell’Atlantico (Thunnus thynnus), una delle specie più emblematiche e sfruttate commercialmente al mondo, da qualche anno ha fatto la sua ricomparsa nei mari dell’Europa del nord. La conferma arriva dallo studio “Atlantic Multidecadal Oscillations drive the basin-scale distribution of Atlantic bluefin tuna”, pubblicato su Science Advances da Robin Faillettaz e Grégory Beaugrand (Cnrs Université de Lille), Eric Goberville (Sorbonne Université) e Richard Kirby (Fondation Secchi Disk) che ricordano che la specie fino all’inizio degli anni ’60 veniva abbondantemente pescata nella Manica e nel Mare del Nord. Ma poi era rapidamente scomparsa dall’area.
Gli scienziati francesi del Laboratoire d’océanologie et de géosciences del Cnrs/Université de Lille e del Laboratoire biologie des organismes et écosystèmes aquatiques (Borea) della Sorbonne Université/Ucn/Ua/Cnrs/Ird, sottolineano che «Le cause di tali cambiamenti restavano énigmatiques». Ma il nuovo studio «Spiega la sua sparizione del passato e il suo ritorno attuale con un fenomeno climatico ciclico e naturale che influenza a grande scala l’Oceano Atlantico». Si tratta dell’ Atlantic Multidecadal Oscillations (Amo).
I ricercatori francesi e della Secchi Disk Foundation fanno notare che «Sebbene il ritorno del tonno rosso in Europa del Nord potrebbe incitare i gestori della pesca a rilassare le attuali quote di pesca, l’abbondanza totale della specie non sarebbe necessariamente aumentata. Sarebbe stata modificata solo la sua distribuzione spaziale, essendo gli aumenti locali di abbondanza in alcune zone probabilmente compensati da delle diminuzioni locali in altre regioni. Conseguentemente, sarebbe pericoloso accettare troppo ingenuamente l’aumento delle quote di pesca, Un esame più approfondito dell’origine delle cause delle variazioni di abbondanza del tonno rosso deve essere condotta sull’insieme delle zone dove la specie viene attualmente osservata.
Lo studio fa parte del programma scientifico Climibio e dimostra che «La variabilità idroclimatica su vasta scala spaziale, e in particolare le fasi di alternanza positive e negative dell’Amo, spiega la presenza o l’assenza di questo grande predatore nella Manica e nel Mare del Nord». Per arrivare a queste conclusioni, gli scienziati hanno studiato le catture del tonno rosso nell’Oceano Atlantico nord-orientale nel corso dell’ultimo secolo e i cambiamenti della distribuzione della specie e ora dicono che «I risultati sono inequivocabili: l’Amo modula le fluttuazioni dell’abbondanza del tonno rossoe controlla la sua distribuzione geografica».
L’Atlantic Multidecadal Oscillations è un’oscillazione naturale delle temperature oceaniche di superficie dell’Atlantico che alterna fasi calde e fredde su periodi di tempo di 70 anni, con differenze di temperature tra queste fasi leggermente inferiori a 1 grado centigrado. Può sembrare poco, ma l’Amo influenza processi atmosferici e oceanici complessi nell’intero emisfero nord, come l’intensità e la direzione delle correnti oceaniche, l’alternanza sardine/aringhe nella Manica, le piogge o l’intensità e la frequenza degli uragani. Essendo la produzione planctonica primaria (la base della rete trofica dell’ambiente marino) molto sensibile alle temperature, le variazioni dell’Amo possono avere conseguenze notevoli sui sistemi biologici.
I ricercatori francesi spiegano ancora: «Durante una fase positiva (calda)dell’Amo. Il tonno rosso risale fino alla Groenlandioa, all’Islanda e alla Norvegia alla ricerca di cibo; si fa quindi più raro nelle regioni sud e centrale dell’Atlantico. Durante una fase negativa (fredda), il tonno rosso esplora maggiormente le zone tropicali dell’Atlantico (Atlantico occidentale, centrale e Sud) e non oltrepassa che molto raramente la latitudine 45°N». Un esempio evidente dell’influenza dell’Amo sul tonno rosso è il crollo improvviso della pesca nordica a questa specie nel 1963, un episodio che ha coinciso con una rapida transizione dell’Amo, in soli 2 anni, da una fase molto calda (positiva) alla fase più fredda (negativa). Allora la scomparsa del tonno rosso venne attribuita alla sovrapesca. Ma dal 1995 l’Amo è ritornato in fase positiva e i branchi di tonni rossi hanno nuovamente fatto la loro ricomparsa nelle acque costiere della Gran Bretagna.
Gli scienziati stimano che «Il tonno rosso continuerà a migrare nelle acque nordiche e nel Mare del Nord fino a che l’Amo non entrerà nuovamente nella fase negativa. Tuttavia, il riscaldamento globale dell’oceano potrebbe limitare i futuri effetti di una fase negativa dell’oscillazione, la specie potrebbe allora perdurare nella Manica e nel Mare del Nord. Gli effetti congiunti di un aumento delle temperature dell’oceano – indotto dal cambiamento climatico – e di una fase positiva dell’Amo potrebbero colpire il reclutamento della specie nel Mediterraneo, impattando sulla sua abbondanza. Ii tonno rosso potrebbe quindi lasciare il Mar Mediterraneo, il suo principale sito di riproduzione e la sua maggiore zona di sfruttamento commerciale».
Il tonno rosso, presente in numerose Zone economiche esclusive e nelle acque internaziobali (Nord Atlantico, Mediterrandeo golfo del Messico e Atlantico meridionale), è il simbolo dei problemi dall’industria della pesca che sta cercando di conciliare lo sfruttamento economico e la gestione sostenibile degli stock. DAgli anni ’70 il tonno rosso è stato vittima di un’intensa sovrapesca che ha costretto a fissare delle qjuote a metà anni 2000. La sua recente ripresa ha portato l’International commission for the conservation of atlantic tunas (Iccat) ad aumentare per 3 anni del 20% le catture autorizzate all’anno. Ma i ricercatori evidenziano che «Però, queste decisioni non considerano l’importanza del ruolo delle fluttuazioni climatiche naturali sulla variabilità spazio-temporale degli stock di pesca. Questa considerazione è quindi indispensabile per una gestione sostenibile degli stock. Nel caso del tonno rosso, i cambiamenti locali di abbondanza riflettono delle modifiche di distribuzione su vasta scala che possono verificarsi disconnesse dalle politiche locali di gestione degli stock».
Kirby della Secchi Disk Foundation, conclude: «Il tonno rosso è stato ampiamente sovrasfruttato nel corso del XX secolo e lo stock era vicino al livello più basso nel 1990, un fatto che indica che i recenti cambiamenti nella distribuzione sono più probabilmente guidati dall’ambiente piuttosto che dalla gestione della pesca e dal recupero degli stock. Prima di sfruttare ulteriormente il tonno rosso, sia commerciale che per la pesca sportiva, dovremmo valutare se sarebbe meglio proteggerli rendendo i mari del Regno Unito uno spazio sicuro per uno dei pesci più minacciati dell’oceano».