Perù: rispunta il famigerato progetto della strada della morte promossa da un prete italiano
Padre Piovesan: gli indios sono preistorici e quelli incontattati non esistono
[1 Dicembre 2016]
Survival International rilancia l’allarme: «Le terre abitate da diverse tribù isolate nel cuore della frontiera dell’Amazzonia incontattata potrebbero essere tagliate in due da una nuova “strada della morte”, promossa con forza da un controverso prete italiano», Miguel Piovesan. un prete cattolico noto per aver definito «preistorici» i popoli indigeni e per aver criticato le Ong internazionali preoccupate per l’impatto sociale e ambientale del progetto che dovrebbe attraversare per 270 km le aree protette a più alta biodiversità dell’Amazzonia.
Ma a quanto pare il Congresso del Perù starebbe per approvare la strada che collegherà Puerto Esperanza all’autostrada inter-oceanica, che corre tra Perù e Brasile. Survival spiega che «Quest’area fa parte della frontiera dell’Amazzonia Incontattata, la regione lungo il confine tra Perù e Brasile dove vive la più alta concentrazione di tribù incontattate al mondo. Se la strada sarà costruita, molti popoli incontattati potrebbero essere spazzati via. Tra questi i Mashco Piro, i Chitonahua, i Mastanahua e i Sapanawa, tribù nomadi che vivono da generazioni nella regione. Negli ultimi anni, esterni come i missionari e i taglialgena hanno costretto diversi gruppi a entrare in contatto. In altre aree dell’Amazzonia, progetti di “sviluppo” come le strade hanno permesso ai coloni di accedere ad aree remote, e di minacciare la vita e le terre di popoli incontattati Diverse organizzazioni indigene del Perù hanno diffuso una dichiarazione in cui condannano il progetto della strada».
Le tribù incontattate sono i popoli più vulnerabili del pianeta. Si stima che in Perù ci siano circa 15 popoli incontattati, molti dei quali vivono nella regione dove sarà costruita la strada, eppure Padre Piovesan ha sempre negato l’esistenza di indios incontattati e nella newsletter della sua parrocchia si legge che «L’isolamento non è un desiderio naturale. Non possiamo dimostrare che i popoli isolati esistono. Sono un’invenzione di chi conosce i popoli indigeni di vista, o di chi basa le sue ricerche su ipotesi non verificate sul campo».
Survival ribatte che «Gli Indiani incontattati hanno espresso chiaramente il loro desiderio di restare isolati. Non è possibile ottenere il loro consenso al progetto e questo comporta una violazione del loro diritto a determinare il proprio futuro. Delle tribù incontattate sappiamo molto poco. Ma sappiamo che nel mondo ce ne sono oltre un centinaio. E sappiamo che intere popolazioni sono sterminate dalla violenza genocida di stranieri che le derubano di terre e risorse, e da malattie, come l’influenza e il morbillo, verso cui non hanno difese immunitarie. I popoli incontattati non sono arretrati o primitivi, né reliquie di un passato remoto. Sono nostri contemporanei e rappresentano una parte essenziale della diversità umana. Quando i loro diritti sono rispettati, continuano a prosperare. Se le loro terre non saranno protette, per i popoli incontattati sarà la catastrofe. Survival International sta facendo tutto il possibile per rendere le loro terre sicure, e dare loro la possibilità di determinare autonomamente il proprio futuro».
Il progetto stradale sponsorizzato da questo prete italiano neocolonialista era stato respinto dal Congresso peruviano nel 2012, ma Survival e le organizzazioni indigene dicono che «Tuttavia, i lavori sono continuati illegalmente per anni e ora il progetto è stato ripresentato dal deputato Carlos Tubino, del partito Fuerza Popular.
Survival International ha presentato un’Istanza alle Nazioni Unite, denunciando «l’impatto catastrofico che il progetto avrà sugli Indiani incontattati e sollecitando il governo peruviano a porre il veto.
Nell’area vivono 3.000-4.000 persone, di cui circa l’80% sono indigeni. La maggior parte di loro sono contrari alla strada.
Emilio Montes, presidente della Feconapu, un’organizzazione di Puerto Esperanza ha detto: «Rifiutiamo categoricamente questa strada. Noi indigeni non avremo benefici, li avranno solo i taglialegna, i minatori, le compagnie petrolifere e i narcotrafficanti. La strada minaccia le vite dei nostri parenti isolati, come i Mashco Piro. Distruggerà i nostri animali e le piante. Dovrebbero rispettare i nostri territori ancestrali. Abbiamo sempre vissuto qui, e i nostri figli devono poter continuare a farlo. Lo sviluppo che serve è un altro, capace di gestire le nostre risorse in modo sostenibile: per vivere bene e per il nostro futuro».
Stephen Corry, direttore generale di Survival, conclude: «Se la strada avrà il via libera, le tribù incontattate saranno distrutte, e il loro presunto ‘sviluppo’ avrà fine, per sempre. Survival ha combattuto per decenni contro l’apertura di strade in questa parte dell’Amazzonia. Chi dovrebbe beneficiarne? Se il Perù ha un minimo di rispetto per i fondamentali diritti umani e per la legge, deve fermare immediatamente questi progetti».