Pesticidi ed erbicidi, rischio per l’agricoltura e l’ambiente del Piemonte
Legambiente: «Pianura Padana tra le più colpite. Piemonte investa nell’agricoltura biologica»
[9 Aprile 2015]
Dalla tappa a Cuneo del Treno Verde, dedicato quest’anno all’agricoltura e all’alimentazione in vista di Expo Milano 2015, arriva la richiesta di «Ridurre da subito il più possibile l’uso dei pesticidi e offrire agli agricoltori ricerca, assistenza tecnica e formazione sui metodi di agricoltura biologica». Legambiente rilancia così l’allarme del recente rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) sull’incremento di pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee. «In Piemonte – ricordano sul Treno Verde – la presenza di pesticidi è stata riscontrata nell’86,1% dei punti e nel 41,3% dei campioni investigati nelle acque superficiali e nel 57,1% dei punti e nel 41,1% dei campioni delle acque sotterranee».
Gli ambientalisti riconoscono che «L’agricoltura italiana in questi anni, nel quadro della scelta di “qualità” che è l’unica che può garantire la sopravvivenza stessa degli agricoltori, ha fatto importantissimi sforzi per la diminuzione dell’uso dei pesticidi». Ma ricordano: «Anche se la vendita di pesticidi è calata del 10%, la contaminazione continua purtroppo ad essere diffusa e cumulata, stando agli ultimi dati diffusi dall’Ispra. C’è, quindi, ancora molto lavoro da fare per fare in modo che sulle nostre tavole non arrivino prodotti dannosi sia per la salute umana che per l’ambiente».
Secondo Laura Brambilla, portavoce del Treno Verde, «La strada maestra è quella di rispettare i disciplinari dell’agricoltura biologica ovvero adottare quei metodi che sostituiscono all’intervento chimico l’utilizzo dei meccanismi naturali di difesa delle piante e del suolo, come chiediamo nel nostro Manifesto per una nuova agricoltura. Si tratta di metodi che implicano un continuo accrescimento di conoscenza e di sperimentazione e quindi anche crescente professionalità dell’agricoltore. Il Piemonte può fare da modello in Italia, ma non basta la buona volontà degli agricoltori. Per questo chiediamo alla Regione di promuovere ricerca, assistenza tecnica e formazione sui metodi di agricoltura biologica, biodinamica e naturale e sul miglioramento genetico delle colture».
Il rapporto Ispra conferma l’Italia, con un consumo di 5,6 Kg/ettaro all’anno, come maggior consumatore dell’Europa occidentale di pesticidi per unità di superficie coltivata. Il doppio rispetto a Francia e Germania. E la stessa Ispra sottolinea che il dato «continua ad essere molto alto sia per quanto riguarda il numero di residui di fitosanitari rinvenuti sia che per la quantità di punti di contaminazione. Nel 2012, anno di riferimento della ricerca Ispra, nelle acque superficiali il 17,2% dei punti monitorati presenta concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientali. Cresce anche la varietà delle sostanze riscontrate: 175 tipologie di pesticidi nel 2012 a fronte dei 166 del 2010 e di 118 del biennio 2007-2008. Tutte sostanze che si ritrovano poi sulle nostre tavole. Si calcola infatti che un terzo della frutta e della verdura che consumiamo in Italia presenta tracce di pesticidi. Alcuni campioni poi sono da record, con 6, 7, anche 9 principi chimici presenti contemporaneamente».
Dati che preoccupano molto il Tavolo delle Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica (di cui fanno parte Aiab, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio, Firab, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Slowfood, Touring Club Italiano, Associazione Pro Natura, Siep, UpBio Wwf) che da tempo è al lavoro sul Piano di Azione Nazionale (PAN) sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi previsto dalla direttiva europea del 2009 e adottato in Italia solo nel 2014. Secondo le associazioni, «Il Piano italiano non contiene proposte concrete per tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente. Non è prevista una sensibile riduzione delle sostanze chimiche in uso, ma solo l’obbligo dal novembre 2015 di rispettare ciò che andrebbe rispettato per legge, ossia le prescrizioni contenute sulle etichette degli agrofarmaci». Il Tavolo ha ribadito la necessità che «I provvedimenti in attuazione del PAN seguano un iter trasparente visto che riguardano temi fondamentali per tutti i cittadini come la tutela della salute delle persone e dell’ambiente, che dovranno essere in primo piano per il nuovo periodo della programmazione dei fondi comunitari».
Per Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, «Tanto però si può e si deve fare anche a livello locale. Per questo chiediamo alla Regione e ai Comuni di intervenire, in via prioritaria, su alcune pratiche che continuano a danneggiare l’ambiente e la salute delle persone. In particolare ci rivolgiamo all’assessore regionale all’Agricoltura Ferrero perché siamo molto preoccupati dall’ancora diffuso ricorso all’insetticida Clorpirifos e dalla pratica dell’irrorazione aerea di prodotti fitosanitari. Il primo, vista la sua dannosità ormai conclamata, dovrebbe essere eliminato dalle sostanze consigliate per la lotta obbligatoria alla flavescenza dorata e dal novero dei prodotti ammessi dalle Norme tecniche di Produzione Integrata 2015. La pratica dell’irrorazione aerea, invece, è già vietata attraverso una specifica legge ma autorizzata in via eccezionale solo laddove non è possibile l’esecuzione dei trattamenti con mezzi terrestri. Su questo chiediamo alla Regione di controllare in modo più stringente che il ricorso in deroga all’irrorazione aerea avvenga solo ed esclusivamente nei casi previsti dalla normativa».
La tappa piemontese del Treno Verde è stata l’occasione per parare anche dei diserbanti: «Ogni primavera infatti, quando tutto si va tingendo di un bel verde – sottolineano al Cigno Verde piemontese – i bordi delle strade cominciano invece a diventare delle interminabili strisce gialle. Gli addetti alla manutenzione e, sempre più spesso, anche i privati cominciano ad irrorare con diserbanti/disseccanti tutte le possibili fasce di vegetazione». Già in passato Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta aveva segnalato la situazione ad alcune amministrazioni provinciali, alle quali spetta la manutenzione della gran parte delle strade, chiedendo di «interrompere questa pratica, pericolosa per la salute umana (possibile presenza di sostanze cancerogene), per gli animali (alcuni pastori transumanti hanno visto delle pecore morire dopo aver brucato l’erba avvelenata) e per gli ambienti acquatici (le sostanze irrorate vengono dilavate dalla pioggia e vanno a finire nei corsi d’acqua)».
Dovana conclude: «Dato che i mezzi ci sono, perché non procedere semplicemente al taglio meccanico? Le sostanze utilizzate come diserbanti non sono per niente innocue ma, anzi, presentano notevoli livelli di pericolosità per la salute umana, per gli animali di tutti i tipi, per l’acqua che le dilava e le porta nei fiumi e nelle falde Questa pratica così dannosa non deriva da necessità reali, ma piuttosto da una mentalità molto diffusa che vorrebbe eliminare tutto quanto considerato “infestante” e “disordinato”. In questo modo, attraverso cattive abitudini apparentemente poco significative, causiamo in realtà dei danni enormi anche a noi stessi, aumentando l’esposizione alle sostanze che ci possono causare malattie molto gravi. In altre regioni italiane o in altri paesi europei la manutenzione delle strade viene fatta totalmente con sfalcio meccanico o manuale, addirittura programmando gli interventi in modo tale che le specie vegetali che colonizzano queste fasce possano compiere il loro ciclo vegetativo. Il risultato è che i bordi delle strade sono più belli e comunicano un’idea di rispetto per l’ambiente nelle sue forme anche più umili. Chiediamo quindi alle amministrazioni pubbliche e private, agli imprenditori agricoli, ma anche ai cittadini che ne fanno uso, di interrompere queste pratiche dannose alla salute umana e alla biodiversità, adottando modalità di gestione della vegetazione meno rischiose, più prudenti, razionali e rispettose di se stessi, della popolazione e dell’ambiente».