“Salam è tornata”: la saga decennale dell’Ibis eremita orientale
Il biologo Gianluca Serra racconta la parabola ecologica di un uccello sacro nella Siria di oggi
[14 Novembre 2016]
Il biologo Gianluca Serra, noto ai lettori di greenreport.it anche per il suo lavoro in Oceania, prima che scoppiasse la guerra in Siria si era occupato della salvaguardia degli ultimi ibis eremita orientali, definitivamente estinti mentre il conflitto siriano,oltre alle città, alle scuole e agli ospedali, ha demolito ogni tipo di iniziativa di tutela della natura in Siria.
Ora Serra racconta questa storia nel libro “Salam è tornata – La parabola ecologica di un uccello sacro nella Siria di oggi”, edito da Exorma, che è anche la storia di un biologo italiano che sbarca nella Siria della dinastia nazional-socialista degli Assad per prendere parte a un progetto di cooperazione internazionale e compie una clamorosa scoperta scientifica, la cui notizia farà il giro del mondo. Un libro che è anche il racconto di come era la Siria prima della guerra che ha fatto centinaia di migliaia di vittime, milioni di profughi e sconvolto non solo gli equilibri geopolitici planetarii ma anche quelli ecologici. Sullo sfondo di questo libro che è un atto d’amore verso gli ibis, la Siria e la biodiversità, la preoccupazione di un biologo che conosce il mondo per un collasso ecologico globale.
Ecco come Gianluca Serra racconta la storia di Salam, degli ibis siriani e la sua stessa storia in esclusiva per greenreport.it:
L’Ibis eremita (Geronticus eremita), calvo pennuto dal becco a falce e la gualdrappa dietro la nuca, è una specie tra le più rare al mondo, classificata a “grave rischio di estinzione” nella Lista Rossa IUCN fin dal 1994. Attualmente sopravvive allo stato selvatico con poco più di un centinaio di coppie nella fascia costiera del Marocco. Esistono vari progetti in Europa che cercano di reintrodurre questo uccello, che si è estinto dal vecchio continente vari secoli fa, partendo da esemplari allevati in cattività. In Italia negli ultimi anni questa specie avicola ha avuto un’alta esposizione mediatica grazie a un progetto austriaco di reintroduzione/introduzione.
L’Ibis eremita è un animale particolarissimo e unico, che figura al dodicesimo posto della classifica degli animali evolutivamente e geneticamente più distinti e a maggior rischio di estinzione a livello globale (classifica redatta dalla Società Zoologica di Londra).
L’antica e carismatica stirpe orientale dell’Ibis eremita, riscoperta in Medio Oriente nel 2002 e magnificamente stilizzata nei geroglifici delle antiche dinastie egizie, molto probabilmente si è estinta, nell’indifferenza generale, l’anno scorso – ironia della sorte, nello stesso anno in cui le millenarie rovine di Palmira, uno dei più spettacolari siti archeologici del Medio Oriente, sono state ridotte in macerie. I vari gridi di allarme degli anni passati per salvare gli ultimi ibis orientali sono caduti nel vuoto.
Questa popolazione orientale, separata da secoli da quella occidentale che sopravvive in Marocco, si contraddistingueva da quella non soltanto per la genetica (molto probabilmente) ma sicuramente per la sua ecologica comportamentale (erano migratori di lungo tratto a differenza dei marocchini che erano stanziali) e per il suo simbolismo culturale nella regione.
Come sostiene il biologo conservazionista di Harward E.O. Wilson “ogni specie vivente è un gioiello di adattamento alla vita, il prodotto unico di centinaia di migliaia di anni di evoluzione. Ogni specie merita di essere celebrata da ricercatori, poeti e storici […]”. O come si legge nel Talmud “chi salva una vita salva il mondo intero”. Ma il fatto è che l’interesse dell’opinione pubblica, della politica e dei donors nei confronti della tragedia della natura che scompare e delle specie che si estinguono è minima e del tutto insufficiente. Per questo motivo 4 anni fa mi sono imbarcato nella missione di tentare di raccontare al grande pubblico la storia della saga di conservazione dell’ibis eremita in Siria.
Il racconto, di genere abbastanza ibrido, è questo:
Nel 2000 sbarcai in Siria, per prendere parte a un progetto di cooperazione internazionale finalizzato a creare una riserva naturale nel deserto di Palmira. La Siria era ancora un sonnacchioso paese dittatoriale, travestito da repubblica, e il progetto s’impantanò presto nei labirinti della corruzione e della burocrazia. Se non fosse che circa a metà del progetto guidando una squadra raffazzonata ma motivata di locali realizzammo una clamorosa scoperta naturalistica, la cui notizia fece il giro del mondo: scovammo l’ultima colonia dell’Ibis eremita orientale, uccello mitologico e dall’aspetto bizzarro che si considerava estinto da più di settant’anni in Siria. Già sacro agli egizi, immortalato in un famoso geroglifico del Tempio di Horus, l’Ibis svolazzava ormai soltanto nell’immaginazione dei naturalisti e negli sbiaditi ricordi di vecchi beduini.
“Salam è tornata” racconta l’avventura di quella scoperta, l’entusiasmo e gli incredibili ostacoli alla salvaguardia dell’ultima colonia di Ibis eremita che abbiamo incontrato nella battaglia lunga dieci anni. Attraverso questo racconto si offre al lettore un’immagine abbastanza unica della Siria, scattata appena prima dello scoppio della guerra civile nel 2011: tra le tende dei beduini come sotto il giogo dei famigerati servizi segreti, dentro i lussuosi palazzi del potere come nelle sue strade polverose.
Ma soprattutto emerge la vitalità della sua gente straordinaria, che attraverso la battaglia per la conservazione dell’ibis ha acquistato una nuova consapevolezza del patrimonio ambientale del proprio paese. Sullo sfondo l’allarme per un collasso ecologico globale – dovuto alla stessa, folle cecità umana responsabile della guerra – che si sta consumando sotto i nostri occhi.
Salam è il nome di uno degli ibis della colonia di Palmira.
Ogni volta che Salam, una femmina, tornava insieme ai suoi compagni di viaggio a riprodursi sulle rocce del deserto palmiriano, dopo la lunga migrazione annuale dall’Etiopia, le speranze di riuscire a salvare questa popolazione unica al mondo dall’estinzione si riaccendevano. Il suo nome in arabo vuol dire Pace. Negli anni 2013 e 2014 Salam, ultima rappresentante della sua nobile stirpe, è tornata da sola a Palmira, sorvolando incredula un paese trasfigurato e tormentato dalla cieca e oscena violenza tra uomini.
L’ultimo esemplare di quelli tenuti in cattività a Palmira fino all’inizio del conflitto – usati per tentare di rimpolpare la sparuta colonia selvatica – fu avvistato in vendita nel suq di Raqqa nel 2015. “Alla fiera dell’Est per tre soldi un ibis calvo mio padre comprò…” (libera trasposizione da Angelo Branduardi).
Ho scritto questo racconto – sotto forma di narrativa e diario di avventure – in un periodo particolare della mia vita, districandomi a malapena tra l’accudimento di due bambini piccoli su un’isoletta della Polinesia e al contempo lavorando ad un programma ambientale dell’Oceania molto impegnativo. Nonostante la stanchezza e lo stress la sera dopocena, non so come, per due anni di seguito sono riuscito a trovare le energie e la motivazione per scrivere.
Ispirato certamente da R.L. Stevenson che riposa su un cocuzzolo della foresta pluviale non lontano in linea d’aria dalla mia scrivania. C’era una storia che covava in me. Avevo bisogno di raccontarla come un omaggio speciale verso questa creatura straordinaria che non c’è più: l’Ibis eremita orientale. E verso le centinaia di popolazioni e specie che scompaiono ogni anno dal pianeta.
Certamente anche un omaggio ai miei compagni-fratelli palmiriani che in poco tempo si sono ritrovati profughi con le loro famiglie in mezzo a difficoltà inimmaginabili e agli orrori della guerra e che nonostante tutto hanno cercato di proteggere gli ibis fino all’ultimo. Infine ho scritto questa storia per motivare i giovani che la leggeranno, in primo luogo i miei figli a cui l’ho dedicato, a impegnarsi nella sacrosanta lotta per salvare quel che resta del mondo naturale e della diversità biologica del pianeta. Una delle sfide più importanti per la civiltà umana al giorno d’oggi.
Il condividere questa storia mi aiuta a elaborare il senso di lutto e di perdita che avverto dentro di me. Fare il conservazionista della natura in prima linea al giorno d’oggi è abbastanza duro psicologicamente ed emotivamente, un po’ alla stregua di fare il medico da campo in tempo di guerra. Il racconto tra l’altro da’ anche un’idea di come funziona il mondo della cooperazione internazionale e delle organizzazioni conservazioniste internazionali.
Ogni anno nel mondo si estinguono centinaia, se non migliaia, di popolazioni e specie uniche di piante ed animali. Gli scienziati la hanno denominata la Sesta Ondata di Estinzioni di Massa sul pianeta. Un recente studio del WWF e della Società Zoologica di Londra ha messo in luce, dati alla mano, la gravità della situazione: entro i prossimi tre anni il pianeta potrebbe vedere sparire i due terzi delle sue specie e popolazioni animali selvatiche.
Viviamo da almeno duecento anni in un mondo dominato da un paradigma economico-produttivista che ci ha sradicati progressivamente dalla natura sia fisicamente che emotivamente. Fino a farci illudere che potremmo vivere senza di essa – ignorando il dato di fatto che noi siamo parte integrante della natura e che tutto il sistema della vita sulla terra è interconnesso.
Gianluca Serra
Chi fosse interessato a iniziative di presentazione di “Salam è tornata” può contattare:
ibiseremita@gmail.com
info@exormaedizioni.com
ufficiostampa@exormaedizioni.com
Nota: E’ importante sottolineare che gli ibis eremiti che hanno sorvolato il nostro paese in anni recenti (parecchi impallinati purtroppo) sono animali allevati in cattività e semi-domestici mentre gli ibis siriani, insieme, a quelli del Marocco, erano/sono gli ultimi ibis eremita selvatici capaci di sopravvivere in natura autonomamente.