Scoperto un nuovo ecosistema sottomarino a 500 metri di profondità (VIDEO)
Si chiama "The Trapping Zone" e crea un'oasi di vita alle Maldive
[25 Ottobre 2022]
La missione Nekton Maldives, ha scoperto un ecosistema precedentemente sconosciuto – che gli scienziati hanno chiamato “The Trapping Zone” – che sta creando un’oasi di vita a 500 metri nelle profondità dell’Oceano Indiano. Una scoperta che secondo il governo delle Maldive è molto significativa. Il presidente delle Maldive, Ibrahim Mohamed Solih, ha dichiarato: «La scoperta della ” Trapping Zone” e dell’oasi di vita nelle profondità che circondano le Maldive ci fornisce nuove conoscenze fondamentali che supportano ulteriormente i nostri impegni di conservazione e la gestione sostenibile degli oceani, e quasi certamente per sostenere la pesca e il turismo».
La Nekton Maldives Mission è coordinata e gestita da Nekton, un istituto di ricerca senza fini di lucro con sede al Begbroke Science Park di Oxford. La missione è una partnership tra il governo delle Maldive, Nekton e l’Università di Oxford insieme a una dozzina di organizzazioni delle Maldive e un’alleanza internazionale tra tecnologia, filantropia, media e partner scientifici. Lo scopo è quello di «Condurre la prima indagine sistematica della vita oceanica alle Maldive, dalla superficie fino a 1.000 metri di profondità, per aiutare a informare le politiche di conservazione e sviluppo sostenibile». Fino a che non è partita la missione, non si sapeva quasi nulla di quello he si trovava al di sotto dei 30 metri di profondità in questa regione.
Oliver Steeds, amministratore delegato e direttore della missione di Nekton, ha sottolineato che «La missione alle Maldive è stata co-creata e co-prodotta con i nostri colleghi maldiviani per soddisfare le priorità nazionali con tutti i dati e i campioni biologici che sono di proprietà e vengono conferiti alle Maldive. La leadership scientifica di Nekton è ancorata al nostro team di ricerca dell’università di Oxford ed è questa collaborazione scientifica tra le Maldive e Oxford a essere al centro del successo della missione e dell’impatto a lungo termine».
La missione è salpata il 4 settembre ed è rimasta in mare per 34 giorni e i ricercatori dicono che ì video girati dalle telecamere scientifiche Nekton a bordo del sommergibile Omega Seamaster II, insieme ai campioni biologici raccolti e a un’ampia mappatura sonar, «Indicano che in questa zona predatori come squali e altri pesci di grandi dimensioni si nutrono di sciami di piccoli organismi noti come micro-nekton. Si tratta di organismi marini che possono nuotare indipendentemente dalla corrente e in genere migrano dal mare profondo alla superficie di notte e si tuffano nuovamente nelle profondità all’alba (nota come migrazione verticale). Ma in quest’area, il micro-necton rimane intrappolato nel territorio sottomarino a 500 metri di profondità .
Il team di Nekton Maldive spiega che «Gli strati sottomarini vulcanici e le barriere carbonatiche fossilizzate che formano la base degli atolli maldiviani combinano ripide scogliere verticali e terrazze con piattaforme. Questo sembra essere il motivo per cui a queste specie viene impedito di immergersi più in profondità al sorgere del sole. Gli animali intrappolati vengono quindi presi di mira da grandi predatori pelagici, inclusi banchi di tonni e squali, insieme a pesci di acque profonde di grandi dimensioni tra cui l’oreo spinoso e il berice rosso». La missione scientifica ha documentato la presenza di diverse specie di squali, compreso il rarissimo ronco (Echinorhinus brucus).
Altre scoperte dalla missione finora includono:
Antiche linee di spiaggia: i terrazzamenti e l’erosione delle onde a profondità di 122 m, 101 m, 94 m, 84 m e 55 m hanno rivelato prove di diverse linee di spiaggia dovute all’innalzamento del livello del mare negli ultimi 20.000 anni. dalla fine dell’ultimo massimo glaciale.
Barriere coralline: la missione ha sistematicamente mappato, rilevato, determinato posizione, salute e resilienza delle barriere coralline in 6 località principali per informare le politiche di conservazione e gestione del governo delle Maldive. Le barriere coralline sono essenziali per la vita alle Maldive e aiutano a ridurre gli impatti dell’innalzamento del livello del mare e la crescente frequenza e intensità delle tempeste causate dai cambiamenti climatici.
Un rifugio in acque profonde: a profondità comprese tra 120 metri e 300 metri, il team ha esaminato sistematicamente per la prima volta la Zona Rarifotica alle Maldive, sede di coralli, barriere coralline e organismi, alcuni dei quali è molto probabile che siano specie nuove per la scienza.
Alex Rogers dell’università di Oxford, che ha trascorso oltre 30 ore sott’acqua nei sommergibili della missione osservando “The Trapping Zone”, ricorda che «Gli ecosistemi marini sono definiti sia dalla topografia che dalla vita oceanica. Questo ha tutte le caratteristiche di un nuovo ecosistema distinto. La Trapping Zone sta creando un’oasi di vita alle Maldive ed è molto probabile che esista in altre isole oceaniche e anche sulle pendici delle piattaforme continentali».
Sebbene un effetto “cattura” sia stato associato agli hotspot della biodiversità sulle montagne sottomarine, in precedenza non era stato collegato alla diversa geomorfologia e ai parametri biologici delle isole oceaniche, come le Maldive.
Le analisi del video e dei dati biologici raccolti alle Maldive sono in corso alla sede britannica di Nekton a Oxford e nei laboratori partner e i ricercatori concludono: «La scoperta potrebbe avere importanti implicazioni per altre isole oceaniche e le pendici continentali, la gestione sostenibile della pesca, il seppellimento e lo stoccaggio del carbonio e, in definitiva, la mitigazione del cambiamento climatico».