Sequenziato il genoma del leggendario calamaro gigante

Uno studio complesso che permette di far luce sull’evoluzione della vita nelle profondità marine

[21 Gennaio 2020]

Nel 1857, il naturalista danese Japetus Steenstrup, collegò le storie di navi che venivano trascinate sul fondo dell’oceano dal mitico Kraken, un gigantesco mostro marino in agguato nell’abisso, all’esistenza del calamaro gigante (Architeuthis dux): un invertebrato a dieci braccia, grosso come uno scuolabus, pesante 900 kg, con gli occhi grandi come piatti e tentacoli che arrivano a 10 metri. Ma come hanno fatto dei calamari a diventare così spaventosamente grandi da alimentare leggende e incutere timore nei marinai e pescatori?

A rispondere in parte a questa domanda è lo studio “A draft genome sequence of the elusive giant squid, Architeuthis dux”, pubblicato su GigaScience da un folto team internazionale di ricercatori, che attraverso il sequenziamento del DNA calamaro gigante rivela importanti indizi sull’anatomia e l’evoluzione di questo gigantesco cefalopode.

I calamari giganti vengono avvistati raramente e nessun esemplare è mai stato catturato vivo, «Il che significa che la loro biologia (anche come si riproducono) è ancora in gran parte un mistero – spiegano i ricercatori giudati da Rute da Fonseca, del Center for macroecology, evolution and climate (CMEC) del GLOBE Institutedell’università di Copenhagen – La sequenza del genoma può fornire informazioni importanti». La De Fonseca è convinta che «Questi nuovi risultati potrebbero sbloccare diverse domande evolutive in sospeso su questa specie criptica».

Ma i problemi in laboratorio sono iniziati subito, perché i campioni disponibili provengono da animali in decomposizione, generalmente conservati in formalina o etanolo nei musei di tutto il mondo Questo significa che la maggior parte non può essere utilizzata per ottenere il DNA di alta qualità necessario per un buon assemblaggio del genoma. Inoltre, gli elevati di ammoniaca e polisaccaridi nei tessuti dei calamari giganti erano probabilmente la causa dei ripetuti fallimenti nel creare un dataset adatto per essere utilizzato da quasi tutte tecnologie di sequenziamento disponibili.

La De Fonseca aggiunge: «Questo progetto ci ricorda che là fuori ci sono molte specie che richiedono procedure di laboratorio e bioinformatica ottimizzate individualmente. Uno lavoro a volte sottovalutato quando si progettano approcci single-pipeline nei grandi consorzi di sequenziamento del genoma»,

Una delle autrici dello studio, Carolin Albertin dell’Eugene Bell center for regenerative biology and tissue engineering del Marine biological laboratory dell’università di Chicago, che nel 2015 ha guidato il team che ha sequenziato il primo genoma di un cefalopode (il gruppo che comprende calamari, polpi, seppie e nautilus), evidenzia che «In termini di geni, abbiamo scoperto che i calamari giganti assomigliano molto agli altri animali. Ciò significa che possiamo studiare questi animali davvero bizzarri per saperne di più su noi stessi».

Il team di ricercatori ha scoperto che il genoma dei calamari giganti è grande: «con una stima di 2,7 miliardi di paia di basi del DNA, è circa il 90% delle dimensioni del genoma umano». La Albertin ha analizzato diverse antiche e note famiglie genetiche nel calamaro gigante, facendo un confronto con le altre quattro specie di cefalopodi sequenziate e con il genoma umano e ha scoperto che «Importanti geni dello sviluppo presenti in quasi tutti gli animali (Hox e Wnt) erano presenti in singole copie solo nel genoma dei calamari giganti. Questo significa che questa gigantesca creatura invertebrata – a lungo una fonte della tradizione dei mostri marini – non è diventata così grande attraverso la duplicazione dell’intero genoma, una strategia che l’evoluzione ha impiegato molto tempo fa per aumentare le dimensioni dei vertebrati». Quindi, per sapere come questa specie di calamaro sia diventata gigantesca ci vorranno ulteriori approfondimenti sul suo genoma.

La Albdertin spiega ancora: «Il genoma è un primo passo per rispondere a molte domande sulla biologia di questi animali molto strani. Ad esempio, come hanno acquisito il cervello più grande tra gli invertebrati, i loro comportamenti sofisticati e l’agilità, e la loro incredibile abilità di mimetismo istantanea. Mentre i cefalopodi hanno molte caratteristiche complesse ed elaborate, si pensa che si siano evoluti indipendentemente dai vertebrati. Confrontando i loro genomi possiamo chiederci: “I cefalopodi e i vertebrati sono costruiti allo stesso modo o sono costruiti in modo diverso?”».

Nel genoma dei calamari giganti la Albertin ha anche identificato più di 100 geni nella famiglia delle protocolliherine, generalmente non presenti in abbondanza negli invertebrati e sottolinea che «Si ritiene che le protocolliherine siano importanti per connettere correttamente un cervello complicato. Si pensava che fossero un’innovazione dei vertebrati, quindi siamo rimasti davvero sorpresi quando ne abbiamo trovati più di 100 nel genoma del polipo (nel 2015). Sembrava la pistola fumante di come si crea un cervello complicato. E abbiamo trovato un’espansione simile di protocolliherine anche nei calamari giganti».

Infine, gli scienziati hanno analizzato una famiglia di geni, chiamati riflettine, che (finora) è unica per i cefalopodi e la Albertin siega ancora: «Le reflectine codificano una proteina coinvolta nella produzione dell’iridescenza. Il colore è una parte importante del camuffamento, quindi stiamo cercando di capire cosa sta facendo questa famiglia di geni e come funziona».

La scienziata conclude: «Avere questo genoma di calamari giganti è un nodo importante per aiutarci a capire cosa rende un cefalopode un cefalopode. E può anche aiutarci a capire come nascono nuovi e diversi geni nell’evoluzione e nello sviluppo».