Sopravvivere nelle riserve naturali della Namibia, minacciate dal Covid-19 e dai bracconieri

La pandemia ha messo in crisi l’economia ecoturistica delle communal conservancies e della Namibia

[21 Settembre 2020]

Dopo 6 mesi di lockdown, il 18 settembre il governo della Namibia ha messo fine alle restrizioni di viaggio e al coprifuoco, ma l’economia della Namibia, che dipende fortemente dal turismo della fauna selvatica, ha subito un durissimo colpo e il futuro delle conservancies, le riserve naturali del Paese, è tutt’altro che certo.

La Namibia ha 86 riserve comunitarie gestite dalle popolazioni locali che sono molto apprezzate dai turisti, affascinati dai loro paesaggi desertici di sabbia ocra, roccia nera, cieli blu scintillanti e da elefanti, rinoceronti neri, leoni, ghepardi, iene e zebre che vagano liberi per le terre dei popoli auoctoni.

All’United Nations development programme (Undp) spiegano che  «Le communal conservancies svolgono un ruolo importante nello sviluppo sostenibile. Alle persone che vivono in territori tutelati vengono concessi i diritti di utilizzare la fauna selvatica in modo sostenibile, il che comprende la cacciagione e la vendita dei diritti di caccia ai trofei, entrambi basati su regolamenti e quote. In questo modo beneficiano della gestione della fauna selvatica e del turismo e hanno meno incentivi a commerciare illegalmente di parti di animali. Le conservancies proteggono e persino ripristinano la fauna selvatica, ricostruendo le popolazioni di animali persi a causa dei bracconieri». Nel 2019, il bracconaggio nelle riserve namibiane è diminuito di oltre il 60% rispetto all’anno precedente, grazie a maggiori operazioni di intelligence e delle forze dell’ordine – supportate dal’Undp – e a pene e multe più severe.

Ma è lo stesso Undp a dire che «Questo successo ora rischia di essere minato dal Covid-19«. Rispetto ad altri Paesi, in Namibia l’impatto sanitario del virus è stato relativamente basso, grazie soprattutto al divieto di arrivi internazionali messo in atto da marzo dal governo di Windhoek. Ma l’impatto sull’economia, e in particolare sul turismo, è stato devastante: il ministero del turismo della Namibia si aspetta zero arrivi di turisti per tutto  2020.

In Namibia il turismo interno è poca cosa e la maggior parte dei turisti proviene da Europa, Usa, Cina e dai Paesi africani vicini. Nel 2019, in un paese immenso ma con solo 2,5 milioni di abitanti, ci sono stati 1,7 milioni di visitatori stranieri. Da sole le conservancies producono 3,2 milioni di reddito, per non parlare dei 3,5 milioni di salari annuali per il  personale. Sono tanti soldi per un Paese che occupa l’ultimo terzo dell’indice di sviluppo umano: quasi un terzo dei namibiani è povero.

A causa della pandemia, decine di migliaia di posti di lavoro sono a rischio e in Namibia ci sono molte più persone più disperate per mancanza di cibo e reddito rispetto a prima e si prevede che il bracconaggio aumenterà per rifornire il mercato illegale di zanne di elefante, corni di rinoceronte o semplicemente carne per il consumo locale.

Alka Bhatia, rappresentante residente dell’Undp in Namibia, sottolinea che «La Namibia sta affrontando tre sfide contemporaneamente. C’è la pandemia. C’è la crisi economica. E poi c’è la minaccia di un aumento del bracconaggio, che colpisce l’industria del turismo e l’economia». Undp e Organizzazione mondiale della sanità (Oms)stanno sostenendo il governo namibiano a procurarsi le forniture mediche e l’Undp ha collaborato anche con l’United Nations information centre nella capitale, Windhoek e l’Oms ad iniziative di educazione sanitaria per rallentare la diffusione del coronavirus. Inoltre, Undp ha collaborato con uno shop online namibiano per lanciare una piattaforma di e-commerce per aiutare i commercianti informali a recuperare parte dei loro guadagni persi. E l’agenzia Onu  ha concesso una sovvenzione alle conservancies per consentire loro di restare a galla, coprendo gli stipendi del personale e l’attività anti-bracconaggio. Questa è solo l’ultimo dei contributi dato dall’Undp alle conservancies che da anni finanzia a formazione e le attrezzature per combattere gli incendi e aiutare le politiche di gestione degli incendi e del territorio.

La Bhatia. Agijnge che «Per la salute a lungo termine dell’economia namibiana, le communal conservancies devono sopravvivere. Le riserve sono uno dei più grandi pali della tenda che sostengono l’economia nazionale. Se cadono, intorno a loro crollerà molto di più. Non sarà solo l’economia a essere colpita. La perdita di aree naturali, così come il bracconaggio e il consumo di fauna selvatica, aumentano le possibilità che i virus passino dagli animali agli esseri umani. Ciò significa più malattie infettive zoonotiche – come Ebola o l’HIV/AIDS che passano dagli animali all’uomo – il che porta a più crisi economiche, più povertà, più fame. Proteggendo la flora e la fauna, le riserve fungono da cuscinetto naturale contro le malattie».

Tashia Kalondo, uno dei volti più noti della radiotelevisione namibiana, che con la sua visita ha ufficialmente riaperto le conservancies al turismo, sottolinea che «Il rapporto uomo-fauna selvatica è intricato. Oltre ad ammirare la fauna selvatica, ho trascorso del tempo con alcuni membri della comunità, incluso un insediamento della tribù Himba. Ho visto persone e animali selvatici vivere insieme in prima persona. Questo è uno dei più grandi valori delle conservancies ».

La Bhatia conclude: «Le conservancies creano posti di lavoro. Forniscono esperienze sbalorditive con la fauna selvatica. Ma ci danno anche qualcos’altro. Danno una lezione su come convivere con il mondo naturale. E’ una lezione di cui dovremmo essere tutti consapevoli».