Tutelare il 30% del Mediterraneo per rigenerare la biodiversità e sostenere la pesca. Italia in forte ritardo
Proteggendo entro il 2030 il 30% del mare ci sarebbe un aumento fino al 140% di specie pregiate come il tonno rosso
[25 Febbraio 2021]
Gli stock ittici del Mediterraneo, inclusi quelli di grande valore commerciale di nasello e cernia, potrebbero rigenerarsi se il 30% del mare venisse protetto efficacemente. Considerando che ad oggi, solo il 9,68% del Mar Mediterraneo è indicato come ‘protetto’ e che solo l’1,27% è effettivamente tutelato, c’è ancora molto lavoro da fare. Per questo il Wwf e altre associazioni e istituzioni stanno chiedendo un network efficace di Aree marine protette (Amp) e di Other Effective area based Conservation Measures (OECMs) per salvaguardare il 30% del Mar Mediterraneo entro il 2030. Il Wwf spiega che «La differenza tra aree protette e OECM è che se l’obiettivo primario delle aree protette è la conservazione, le OECM forniscono un’efficace conservazione della biodiversità in situ indipendentemente dai propri obiettivi (Iucn-Wcpa, 2019). Per esempio, la chiusura alla pesca commerciale in una determinata area, stabilita attraverso un piano di gestione a lungo termine, e l’ottenimento di risultati positivi per la biodiversità possono essere classificati come una OECM, contribuendo sia ai target della Convenzione della Diversità Biologica che ai Goal per lo Sviluppo Sostenibile».
Ora il novo rapporto “30 BY 30: Scenarios to recover biodiversity and rebuild fish stocks in the Mediterranean”, pubblicato da un team di ricerca coordinato da Marina Gomei della Wwf Mediterranean Marine Initiative e che comprende scienziati del CNRS-CRIOBE francese, dell’Ecopath International Initiative e l’ICM-CSIC spagnolo, « indica gli scenari per l’attività di conservazione nel Mar Mediterraneo, analizzando i benefici che l’interruzione della pesca insostenibile e della pesca illegale, e di altre attività dannose in aree selezionate, porterebbe alla biodiversità marina e alle popolazioni ittiche». L’analisi scientifica evidenzia che «Nei prossimi anni, se la pesca insostenibile e le altre attività industriali proseguiranno agli stessi livelli di oggi, gli stock ittici nel Mediterraneo continueranno a diminuire», Il 75% degli stock ittici studiati nel Mediterraneo sono sovrasfruttati e le temperature dell’acqua marina stanno aumentando del 20% più velocemente della media globale. Il Wwf ricorda che «La pandemia da COVID19, con la riduzione delle attività dovuta ai lockdown e alla diminuzione della domanda di pesce a causa della chiusura di mercati locali di pesce e ristoranti, ha colpito gravemente il settore della pesca a livello globale e nel Mediterraneo».
Il rapporto evidenzia che c’è un modo per contrastare questo trend: «La protezione efficace di specifiche aree, fino a raggiungere il 30% del Mar Mediterraneo, unita alla gestione sostenibile delle attività economiche nella restante parte del bacino». Le aree del Mediterraneo che dovrebbero avere i maggiori benefici dalla conservazione sono: Mare di Alboran, Mediterraneo nord-occidentale, Canale di Sicilia, Mare Adriatico, Fossa ellenica, Mar Egeo e Mar Levantino. I ricercatori dicono che questo «Garantirebbe l’aumento di questi stessi stock ittici commerciali e una ripresa significativa dell’intero ecosistema marino». Inoltre, i risultati dello studio dimostrano che «Le catture degli sparidi (come saraghi, dentici, etc) potrebbero aumentare del 4-20% e quelle dei grandi pesci demersali (che vivono sui fondali) di interesse commerciale (ad esempio il nasello) fino al 5%».
Nel Mediterraneo Occidentale, per il quale sono disponibili più dati scientifici, lo studio mostra grossi aumenti potenziali: «La biomassa di predatori come gli squali potrebbe aumentare fino al 45%, mentre la biomassa di specie commerciali come le cernie potrebbe aumentare del 50% e il nasello potrebbe perfino raddoppiare la sua biomassa. Anche il tonno rosso, la popolazione più iconica e commercialmente importante del Mediterraneo, potrebbe potenzialmente rigenerare la sua biomassa fino a un aumento record del 140%».
La Gomei fa notare che «Oggi abbiamo la prova scientifica che la protezione di aree chiave del Mediterraneo è un modo efficace per ricostituire gli stock ittici più importanti e fermare la drammatica perdita di specie e habitat che sta minacciando il nostro mare. Queste aree marine hanno un enorme potenziale per sostenere il settore della pesca e le economie locali, già ampiamente colpite dalla pandemia da Covid-19, e aumentare la nostra resilienza contro il cambiamento climatico. Il prossimo decennio deve vedere il Mar Mediterraneo di nuovo al centro delle agende ecologiche ed economiche dei nostri governi se vogliamo assicurare un futuro per il quasi mezzo miliardo di persone che vivono nella regione».
A fine 2021, i leader mondiali dovrebbero adottare alla COP16 CBD un nuovo post-2020 global biodiversity framework per fermare e invertire la perdita di natura. Più di 50 Paesi, tra i quali l’Italia, hanno già chiesto un impegno per proteggere il 30% del Pianeta entro il 2030. Un impegno che poi dovrebbe essere applicato dai Paesi Mediterranei nel Piano regionale per la biodiversità da adottare a dicembre alla 22esima Conferenza delle parti della Convenzione di Barcellona (i cui obiettivi in materia di Aree marine protette sono già stati abbondantemente non rispettati dall’Italia). Il Wwf chiede ai Paesi del Mediterraneo di «Espandere la copertura delle Amp e delle OECM fino al 30% del Mar Mediterraneo. Proteggere gli hotspot di biodiversità marina per aumentare le future catture della pesca nelle aree sovrasfruttate del Mar Mediterraneo e assicurare il pescato e la sussistenza delle generazioni future. Lavorare con altri settori per l’istituzione di OECM. I passi verso le OECM dovrebbero includere l’istituzione di nuove: aree no-take gestite localmente, zone di restrizione della pesca, corridoi ecologici, e divieti di pesca a strascico estesi al mare profondo e alle coste. Integrare il network di Amp e OECM all’interno di una più ampia gestione marina integrata e basata sugli ecosistemi al fine di gestire in modo sostenibile tutte le attività nel Mediterraneo. Aumentare urgentemente il livello di protezione di Amp e OECM presenti e future, combinando aree integralmente e altamente protette che permettano la rigenerazione degli ecosistemi e forniscano maggiori benefici. Assicurarsi che tutte le Amp e OECM siano gestite efficacemente, tramite zonazione, piani di gestione e risorse sufficienti per la loro l’implementazione e il monitoraggio. Impiegare strumenti finanziari adeguati ed equi al fine di promuovere la trasformazione dallo status quo verso una conservazione efficace e una blue economy sostenibile. I Paesi a basso reddito necessitano di supporti finanziari per la ricerca, per la pianificazione spaziale marina e per l’implementazione di misure di conservazione. Coinvolgere gli stakeholder locali in tutte le fasi relative alla creazione e alla gestione di Amp e OECM tramite la cogestione e i processi partecipativi. I pescatori e le comunità locali devono essere coinvolti nelle decisioni che interessano i loro diritti e la loro sussistenza e devono condividere la responsabilità della gestione delle loro risorse».
E il Wwf ricorda che «L’ Italia in particolare è una delle nazioni con la maggiore responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 nel Mediterraneo, poiché le sue coste sono lambite da 3 delle 6 aree che, se protette, si prevede forniscano i maggiori benefici di conservazione: Mediterraneo nord-occidentale, Canale di Sicilia e Mare Adriatico».
Na dallo studio emerge che il nostro Paese deve fare ancolra molto per recuperare i suoi ritardi: secondo l’analisi condotta nel 2019 dal Wwf, «Soltanto l’1,67% delle aree marine a vario titolo protette italiane, incluse Amp e siti Natura2000, sono gestite in modo efficace attraverso piani di gestione implementati».
Il Wwf conclude: «Quattro sono le azioni che il nostro Paese deve necessariamente compiere entro il Super Year se intende mantenere gli impegni presi al 2030. Il WWF chiede, infatti, che l’Italia dimostri l’impegno preso al 2030 con 4 azioni concrete immediate, volte in primo luogo ad aumentare l’efficacia di gestione delle aree marine protette esistenti : 1) identificazione , tramite Direttiva ministeriale, di obbiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Realizzabili, Rilevanti, Temporizzabili) per tutte le Amp, da definire con il sostegno del Ministero dell’Ambiente e di Ispra o enti di ricerca analoghi, per aumentarne l’efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini 2) identificazioni di obbiettivi Smart per tutti i siti Natura 2000, da parte degli enti preposti alla loro gestione, per aumentarne l’efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini e per contribuire al raggiungimento del Buono Stato Ambientale 3)eliminazione delle attività illegali, ancora troppo diffuse nelle Amp e nei siti Natura 2000 4) formalizzazione a livello nazionale di sistemi locali di cogestione per condividere la responsabilità dell’identificazione e gestione delle aree protette e delle risorse naturali tra i diversi portatori di interesse, compresi i pescatori artigianali, valorizzando la piccola pesca come opportunità di presidio e gestione».