Canale di Panama, rotte le trattative per l’ampliamento col Consorzio italo-spagnolo
[5 Febbraio 2014]
Il Grupo Unidos por el Canal (Gupc), un consorzio internazionale capitanato dalla spagnola Sacyr e dall’italiana Salini-Impregilo, ha annunciato che «l’Autoridad del Canal de Panamá (Acp) ha rotto i negoziati» e che il Gipc «prosegue nella ricerca di una soluzione di finanziamento» per terminare le opere di ampliamento ed adeguamento del Canale di Panama entro il 2015.
Secondo il quotidiano panamense La Prensa, che riporta un comunicato del Consorzio, «la rottura dei negoziati pone “in un rischio imminente” l’espansione del Canale di Panama w fino a 10.000 posti di lavoro».
Senza una soluzione immediata il governo di Panama, l’Acp e il Gupc vano verso uno scontro legale che potrebbe durare anni. La Sacyr ha inviato una nota alla Comisión Nacional del Mercado de Valores (Cnmv) per dire che le trattative erano fallite, smentendo così quanto aveva dichiarato il 3 febbraio il presidente di Panama, Ricardo Martinelli, che aveva assicurato: «Le parti stanno cercando di giungere ad una felice conclusione». Ieri, mentre circolava ottimismo sull’accordo, le azioni in borsa della Sacyr erano salite del 6.19%, oggi dopo l’annuncio del fallimento dei negoziati erano già calate del 6% d solo un’ora dopo l’apertura della borsa di Madrid. Il titolo di Impregilo cede il 2,4% a 4,23 euro
Il Consorzio Gupc dice che «Il mancato accordo vedrebbe allontanarsi di qualche anno la messa in opera del nuovo Canale in grado di far transitare le navi Post-Panamax di maggiori dimensioni rispetto alle attuali e con capacità di carico triple (12.000 contro 4.000 containers) e, di conseguenza, un mancato introito stimabile in 2 miliardi di dollari l’anno solo per il Canale di Panama. Una decisione illogica e dettata da un atteggiamento rigido che danneggerà il Canale, il Paese e i panamensi, oltre a creare un danno per il commercio internazionale e per tutti quei Paesi, come gli Stati Uniti, dove sono stati fatti ingenti investimenti in previsione dell’allargamento del commercio mondiale».
Il consorzio aveva invitato i presidente dell’Acp, Jorge Quijano, fortemente sospettato di voler far fuori spagnoli ed italiani per realizzare l’ampliamento/adeguamento del Canale con una “Soluzione B”, «Ad abbandonare la sua posizione ingiustificatamente rigida» sui sovra-costi dell’opera (che la stampa panamense imbeccata dall’Acp fissa a 1,6 miliardi di dollari) ed aveva detto che l’Acp doveva onorare subito una fattura da 50 milioni di dollari «Per permettere di pagare i subappaltatori ed i lavoratori».
L’ambasciatore di Panama in Spagna, Roberto Eduardo Arango, ha assicurato che «Il Canale di Panama ed i suoi amministratori hanno messo opzioni chiare sul tavolo» e che il “Plan B” esiste. Le voci che circolano insistentemente a Panama sono che il “Plan B” prevede il rientro in scena della multinazionale statunitense Bechtel, che aveva perso la gara per i lavori sul Canale vinti da Grupo Unidos por el Canal.