Anche la Lombardia si prepara all’emergenza idrica. Al nord temperature invernali record
Coldiretti: nell’ultimo decennio la siccità ha provocato 14 miliardi di danni all’agricoltura
[19 Marzo 2019]
L’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi), lancia un nuovo allarme climatico: «Nonostante qualche sporadica pioggia, resta alta la preoccupazione per le riserve idriche nel Nord Italia, tanto che l’Autorità di bacino del fiume Po ha autorizzato il Consorzio del Ticino ad elevare la quota di regolazione delle acque del lago Maggiore, passando dagli attuali m.1,25 a m.1,35; ciò per incamerare un eventuale apporto idrico, fornito dalle piogge e dallo scioglimento delle nevi da utilizzare qualora dovesse sopraggiungere la paventata crisi idrica. I laghi lombardi sono accomunati da un evidente deficit nel livello idrometrico (Maggiore: -51%, Como: -65%, Iseo: -50%, Idro: -10%), causato dalla scarsità di precipitazioni, che ha caratterizzato i primi mesi dell’anno e vicina ai minimi del periodo. Unica eccezione è il lago di Garda, che segna +26% sulla media di riferimento, avendo usufruito degli apporti di un Febbraio relativamente piovoso sul suo bacino».
Secondo l’indice Snow Water Equivalent (Swe), la quantità d’acqua stoccata sotto forma di neve, espressa dall’indice SWE () è in linea o leggermente al di sotto della media, ma l’Anbi fa notare che «Ha registrato un netto calo nel mese di febbraio a causa delle temperature molto elevate anche in quota. Le previsioni a medio termine annunciano deboli fenomeni meteorici in questo inizio settimana, cui seguirà un ulteriore periodo asciutto fino al termine di Marzo. In Lombardia, la stagione dell’irrigazione partirà il 1 Aprile, ma le attuali riserve idriche difficilmente potranno soddisfare le esigenze dell’ agricoltura».
Il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi, è convinto che «Permanendo le attuali condizioni – si prefigura una stagione irrigua 2019 molto complessa, che va affrontata con un’attenta pianificazione della risorsa idrica, dando vita anche ad osservatori locali come previsto dalla bozza di nuovo regolamento dell’Osservatorio».
Per il direttore dell’Anbi Massimo Gargano, «Nell’immediata prospettiva non possiamo che ribadire la necessità di cogliere l’opportunità offerta dai Consorzi di bonifica, con la loro progettazione esecutiva, per realizzare ulteriori invasi e trattenere l’acqua piovana, di cui oggi si riesce a conservare solo l’11%. I Consorzi di bonifica, che già con i primi 30 cantieri hanno confermato la loro cultura del fare e di prossimità al territorio, chiedono di proseguire. Solo la presenza di nuovi bacini garantisce, infatti, di stoccare le acque meteoriche, creando una riserva idrica per tutti, cittadini ed imprese!»
Ma se continuerà a (non) piovere come sta succedendo in questo caldissimo inverno non ci sarà nemmeno acqua da mettere in quei bacini.
Coldiretti evidenzia che «Se le precipitazioni sono addirittura dimezzate al nord, le temperature invernali sono state di 0,4 gradi superiori alla media lungo tutta la penisola con una punta nel nord dove la colonna di mercurio è stata addirittura di circa un grado al di sopra del periodo di riferimento 1971-2000. E non si tratta di un fatto isolato dopo che il 2018 con valori superiori di 1,48 gradi la media storica si è classificato in Italia come l’anno più caldo dal 1800 in una classifica che si concentra nell’ultimo periodo e comprende nell’ordine anche il 2015, il 2014, il 2003, il 2016, il 2007, il 2017, il 2012, il 2001 e poi il 1994. L’andamento anomalo di questo inverno conferma dunque i cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti».
Il 15 marzo, in occasione del Global Strike for Future, Coldiretti aveva presentato uno studio dal quale emerge che «La grave siccità nelle campagne del nord provocata da precipitazioni invernali dimezzate (-50%) rispetto alla media storica è solo l’ultimo capitolo degli effetti delle anomalie climatiche con il ripetersi di eventi estremi che sono costati all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro in un decennio tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne».
La più grande organizzazione agricola italiana sottolinea che «Con il cambiamento del clima l’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai diventata la norma con una evidente tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. La siccità è diventata l’evento avverso più rilevante per l’agricoltura italiana in termini di danni economici a carico soprattutto delle produzioni, con due annate gravi nel 2012 e nel 2017 mentre per quanto riguarda i fenomeni precipitativi violenti, i danni riguardano sia le produzioni, sia le strutture e le infrastrutture».
Coldiretti conclude: «Su un territorio meno ricco e più fragile per l’abbandono forzato dell’attività agricola in molte aree interne si abbattono gli effetti dei cambiamenti climatici, favoriti anche dal fatto che l’ultima generazioni in 25 anni è responsabile in Italia della scomparsa di oltre un quarto della terra coltivata (-28%) per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia ad appena 12,8 milioni di ettari. La disponibilità di terra coltivata significa produzione agricola di qualità ma anche sicurezza ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico».