Cambiamento climatico ed emissioni net zero: le multinazionali non mantengono le promesse
Enel si piazza al settimo posto su 25 companies. Troppo greenwashing che confonde la politica e l’opinione pubblica
[7 Febbraio 2022]
Secondo il rapporto “Corporate Climate Responsibility Monitor” pubblicato oggi, dal NewClimate Institute in collaborazione con Carbon Market Watch, gli impegni sul clima di 25 delle più grandi companies mondiali in realtà portano «A ridurre le loro emissioni in media solo del 40%, non del 100% come suggerito dalle loro affermazioni “net zero” e “carbon neutrality”».
Il rapporto valuta le promesse fatte da alcune delle più grandi multinazionali operanti in diversi settori e aree geografiche, per determinare la trasparenza e l’integrità dei loro principali impegni climatici, e dice che, nel complesso, «Le promesse di Amazon, Deutsche Telekom, Enel, GlaxoSmithKline, Google, Hitachi, IKEA, Vale, Volkswagen e Walmart hanno una bassa integrità e quelle di Accenture, BMW Group, Carrefour, CVS Health, Deutsche Post DHL, E .ON SE, JBS, Nestlé, Novartis, Saint-Gobain e Unilever un’integrità molto bassa».
Il NewClimate Institute sottolinea che «I principali impegni delle companies e sul clima richiedono una valutazione dettagliata e nella maggior parte dei casi non possono essere presi per valore nominale. Solo l’impegno net zero di una company è stato valutato come dotato di “ragionevole integrità”; 3 con “moderato”, 10 con “basso” (tra queste c’è l’italiana ENEl che si piazza in totale al settimo posto, ndr) e i restanti 12 sono stati valutati con integrità “molto bassa”».
Il principale autore dello studio, Thomas Day del NewClimate Institute, sottolinea che «Ci siamo proposti di scoprire quante più buone pratiche possibili, ma siamo rimasti francamente sorpresi e delusi dall’integrità generale delle affermazioni delle imprese Con l’aumento della pressione sulle aziende affinché agiscano sui cambiamenti climatici, le loro affermazioni suonano ambiziose ma troppo spesso mancano di reale sostanza, il che può fuorviare sia i consumatori che le autorità di regolamentazione che sono fondamentali per guidare la loro direzione strategica. Anche le aziende che stanno facendo relativamente bene esagerano le loro azioni».
Per una minoranza delle 25 multinazionali valutate, i loro impegni principali rappresentano un’utile visione a lungo termine e sono confermati da specifici obiettivi di riduzione delle emissioni a breve termine. Sebbene nessuno degli impegni abbia un alto grado di integrità nel complesso, Maersk è prima, con una ragionevole integrità, seguita da Apple, Sony e Vodafone con una moderata integrità. Poi ci sono Amazon, Deutsche Telecon, Enel, Glaxosmithkline, Google e Hitaki a chiudera la “top ten”. In fondo alla classifica troviamo JBS, Nestlé, Novartis. Saint-Gobain e, ultima, Unilever, una delle multinazionali più attiva a sponsorizzare eventi e iniziative “climatiche”.
In realtà, le 13 multinazionali che hanno sostenuto con più visibilità le loro promesse net zero con impegni espliciti di riduzione delle emissioni «Si impegnano, in media, a ridurre le loro emissioni dell’intera catena del valore dal 2019 solo del 40%». Le altre 12 praticamente fanno greenwashing: non hanno impegni specifici di riduzione delle emissioni e un anno di scadenza per arrivare al loro obiettivo net zero.
Solo Maersk, Vodafone e Deutsche Telekom si impegnano chiaramente ad arrivare a una una profonda decarbonizzazione di oltre il 90% delle emissioni dell’intera catena del valore. Dal rapporto emerge che almeno 5 delle multinazionali esaminate in realtà ridurrebbero le loro emissioni solo di meno del 15%, escludendo spesso da questi calcoli le emissioni a valle o a monte nella loro catena produttiva/commerciale.
Il NewClimate Institute fa notare che «L’esclusione di fonti di emissione o segmenti di mercato è un problema comune che riduce il significato di obiettivi. 8 aziende escludono le emissioni a monte o a valle nella loro catena di valore, che di solito rappresentano oltre il 90% delle emissioni sotto il loro controllo. E.ON può escludere segmenti di mercato che rappresentano oltre il 40% delle sue vendite di energia; Carrefour sembra escludere le località che rappresentano oltre l’80% dei negozi a marchio Carrefour».
Anche gli approcci alla compensazione delle emissioni climalteranti stanno minando l’integrità degli impegni delle multinazionali: «24 companies su 25 faranno probabilmente affidamento su crediti di compensazione, di qualità variabile. Almeno due terzi delle aziende fanno affidamento su rimozioni provenienti dalle foreste e altre attività biologiche, che possono essere facilmente annullate, ad esempio, da un incendio boschivo. Nestlé e Unilever prendono le distanze dalla pratica della compensazione a livello di società madre, ma consentono e incoraggiano i loro singoli marchi a perseguire la compensazione per vendere prodotti con etichetta carbon neutral».
Come se non bastasse. alcuni obiettivi apparentemente ambiziosi possono portare a pochissime azioni a breve termine, per esempio: «Per CVS Health Potrebbe essere possibile raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 2030 con un’azione aggiuntiva limitata, poiché l’obiettivo è confrontato con un anno base con emissioni straordinariamente elevate. GlaxoSmithKline potrebbe ritardare l’attuazione delle misure chiave di riduzione delle emissioni fino al 2028/2029, prima di rispettare il suo obiettivo 2030».
Gilles Dufrasne di Carbon Market Watch è convinto che in molti casi siamo di fronte a colossali e pericolose operazioni di greenwashing: «Le pubblicità ingannevoli delle companies hanno un impatto reale sui consumatori e sui responsabili politici. Veniamo ingannati nel farci credere che queste imprese stiano intraprendendo un’azione sufficiente, quando la realtà è lontana da questo. Senza più regole, questo continuerà. Abbiamo bisogno che i governi e gli organismi di regolamentazione si facciano avanti e mettano fine a questa tendenza al greenwashing».
Ma sono stati individuati esempi promettenti di leadership climatica: Google sta sviluppando strumenti innovativi per procurarsi energia rinnovabile di alta qualità in tempo reale; Maersk e Deutsche Post stanno effettuando importanti investimenti nelle tecnologie di decarbonizzazione per i trasporti e la logistica: ENEL sta attuando la decarbonizzazione dell’elettricità italiana e puntando sempre di più sulle energie rinnovabili e lo studio afferma che «C’è ancora un ampio potenziale per le companies di replicare e ampliare queste buone pratiche emergenti.
Dufrasne conclude: «Le companies devono affrontare la realtà di un pianeta che cambia. Quel che sembrava accettabile dieci anni fa non è più sufficiente. Impostare obiettivi vaghi non ci porterà da nessuna parte senza un’azione reale e può essere peggio che non fare nulla se fuorvia l’opinione pubblica. Quando abbiamo adottato l’Accordo di Parigi, i Paesi hanno dimostrato che abbiamo bisogno di un nuovo inizio e le companies devono rifletterlo nelle loro azioni».