Carovana dei ghiacciai, il bilancio finale: 12 ghiacciai monitorati, tutti in forte regressione
La superficie del Fradusta si è ridotta di oltre il 95%. Il Montasio è il più "resiliente" delle Alpi Orientali
[11 Settembre 2020]
Dagli studi fatti fino ad ora e osservati durante la prima edizione di Carovana dei ghiacciai, la campagna di Legambiente con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) è emerso che «I ghiacciai alpini sono in forte sofferenza, alcuni già quasi estinti, e che con il progressivo riscaldamento climatico, pur in presenza di fattori favorevoli come ad esempio una limitata esposizione all’irradiazione, nel giro dei prossimi decenni sono destinati a scomparire del tutto, a partire da quelli sotto i 3.000 metri».
L’elemento centrale di Carovana dei ghiacciai è stata la raccolta di dati su alcuni ghiacciai “simbolo” del cambiamento climatico e ambientale delle Alpi, verificato sul terreno e attraverso il confronto con i dati storici prodotti dal Comitato Glaciologico Italiano che dal 1895 opera in Italia con il compito di promuovere e coordinare le ricerche nel settore della glaciologia. 12 i ghiacciai monitorati, differenti per dimensioni, tipologia e reattività ai cambiamenti climatici: il ghiacciaio del Miage in Valle D’Aosta, Indren, Bors, Locce Sud, Piode, Sesia-Vigne sul Monte Rosa fra Piemonte e Valle d’Aosta, i ghiacciai Sforzellina e Forni in Lombardia, Marmolada in Veneto-Trentino Alto Adige, Fradusta in Trentino Alto Adige, Travignolo e Montasio in Friuli Venezia Giulia e Legambiente dice che «Su tutti è stato registrato un regresso della fronte glaciale o una diminuzione del volume di ghiaccio, e in diversi casi anche consistenti affioramenti di rocce. Tra i ghiacciai monitorati, quello in maggiore sofferenza è il Fradusta, la cui superficie si è ridotta di oltre il 95% tra il 1888 e il 2014, passando dai 150 ettari dell’altopiano glaciale del 1888 agli attuali 3 ettari. La drastica riduzione dell’area e le caratteristiche morfologiche osservate su questo piccolo ghiacciaio dolomitico possono essere considerate evidenze della “agonia di un ghiacciaio”. Sul ghiacciaio Forni, oltre all’aumento della copertura detritica, è stato riscontrato il fenomeno del black carbon, con tracce di microplastiche e di vari inquinanti che, come su tutti i ghiacciai del pianeta, è un altro lampante segnale della presenza dell’impatto antropico anche nelle regioni di alta quota e più remote della terra. Il ghiacciaio del Montasio è risultato il più “resiliente” delle Alpi orientali in quanto, nonostante sia il più basso in quota delle Alpi, riesce a sopravvivere, reso forte dalla sua particolare collocazione: le sovrastanti pareti dello Jôf di Montasio ombreggiano il ghiacciaio e sono caratterizzate da una conformazione ad imbuto che lo alimentano con accumuli di neve conseguenza di eventi valanghivi». Per il Cigno Verde, i dati emersi dalla Carovana dei Ghiacciai, «Indicano l’urgenza di mettere in campo misure e politiche ambiziose sul clima per arrivare a emissioni di gas ad effetto serra nette pari a zero al 2040, in coerenza con l’Accordo di Parigi».
Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, spiega che «I dati raccolti con la Carovana dei Ghiacciai ci dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, che il cambiamento climatico si sta manifestando in tutta la sua evidenza. I ghiacciai monitorati durante la campagna non sono che una spia di fenomeni che si stanno verificando a scala molto più vasta. A partire dalle conseguenze a valle, su risorse idriche, erosione del suolo o fenomeni di dissesto. La montagna, quindi, è sempre di più chiamata ad assumere il ruolo di sentinella dei cambiamenti climatici. Il tempo di agire è adesso, se non vogliamo che questi fenomeni diventino irreversibili, questo l’appello che rivolgiamo al Governo. Occorrono infatti articolati e approfonditi piani di adattamento, declinazioni territoriali di un buon Piano di adattamento nazionale che auspichiamo venga adottato al più presto e, in un momento in ci si stanno definendo investimenti e strategie che riguarderanno i prossimi anni, ci aspettiamo misure e politiche ambiziose, concrete ed efficaci sul clima».
Inoltre, Legambiente ricorda che «Oggi la montagna può assumere nuovi significati e valori, non più come territorio disagiato ma come territorio resiliente poiché capace di fornire risposte concrete alla crisi ambientale a partire a una una ri-centralizzazione della natura oltre che da stili di vita più improntati alla sobrietà».
Massimo Frezzotti, presidente del Comitato Glaciologico Italiano, conclude:«La Carovana dei Ghiacciai, ideata e promossa da Legambiente in sinergia con il Comitato Glaciologico Italiano, ha contribuito in modo sostanziale a diffondere e sensibilizzare nel nostro Paese la consapevolezza degli effetti del riscaldamento climatico sugli ambienti d’alta quota. Il continuo monitoraggio e studio dei ghiacciai da parte degli operatori glaciologici del Comitato ha dimostrato il valore del metodo scientifico per trasformare la semplice percezione del cambiamento in dati concreti, misure ripetibili e confrontabili, indispensabili per comprendere i cambiamenti in atto e sviluppare adeguate politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Infatti, senza conoscere le trasformazioni del passato non si possono prevedere e valutare i rischi dei futuri cambiamenti climatici. A partire dal 1914 il Comitato Glaciologico Italiano coordina a livello nazionale la raccolta e l’interpretazione dei dati regionali e locali di quasi 200 ghiacciai, inviandoli annualmente alle reti internazionali di monitoraggio della criosfera. Il tasso attuale di fusione dei ghiacciai indotto dal cambiamento climatico è senza precedenti e la contrazione dei ghiacciai si è notevolmente accelerata a partire dagli anni 80 dello scorso secolo. Le risorse idriche immagazzinate nei ghiacciai nell’arco alpino, una vera e propria “water tower” d’Europa, si stanno progressivamente assottigliando. È ormai irrinunciabile approfondire le ricerche sulle variazioni dei ghiacciai e sul loro comportamento futuro, per le notevoli implicazioni per la salvaguardia dell’ambiente e dell’economia della regione alpina. Questa attività di grande importanza sociale è ancor oggi effettuata su base volontaria e con scarsissime risorse economiche da parte degli operatori del Comitato, mentre, analogamente alle istituzioni dell’arco alpino, dovrebbero ricevere un adeguato sostegno economico da parte dello Stato/Regioni e fondazioni private».