Clima, dopo il medicane in Libia autunno a rischio eventi estremi anche per l’Italia

Anbi: «Le correnti fredde dal nord Europa o dall'oceano Atlantico batteranno zone dove la temperatura sta permanendo attorno ai 30°C, cioè circa 12°C sopra la media del periodo»

[14 Settembre 2023]

Dopo il passaggio del medicane Daniel nella Libia orientale si temono 20mila morti nell’area, una tragedia che il sud Italia ha sfiorato solo di un soffio, limitandosi a lambire la costa jonica calabrese e la Sicilia sud-orientale.

In compenso la scia di distruzione del ciclone, prima di abbattersi sulla sponda sud del Mediterraneo, ha provocato morte e distruzione anche in Grecia, Turchia e Bulgaria.

Basti osservare che ad Al-Bayda, in Libia, sono caduti 414 millimetri d’acqua in un’ora, mentre a Zagora in Grecia si sono registrati 910 millimetri di pioggia in 36 ore (quando ad Atene ne cadono mediamente poco più di 400 in un anno). Si tratta di eventi meteo estremi rafforzati dall’attraversamento di un mar Mediterraneo eccezionalmente caldo, dove si registrano ancora 28 °C.

Come evidenziano dall’associazione che riunisce i Consorzi di bonifica italiani (Anbi), il mar Mediterraneo unisce Italia e Libia non solo per le rotte migratorie, ma anche per i rischi legati alla crisi climatica. I rischi di eventi meteo estremi crescono dunque, ancora una volta, anche per l’autunno che attende il nostro Paese.

«Sono decisamente preoccupanti i rischi che lo scenario autunnale propone – spiega il presidente Anbi, Francesco Vincenzi –, quando le correnti fredde dal nord Europa o dall’oceano Atlantico batteranno zone del nostro continente, dove la temperatura sta permanendo attorno ai 30°C, cioè circa 12°C sopra la media del periodo. Poco importa che li si definisca medicane, uragani o cicloni simil-tropicali: la realtà è quella di territori alla mercé delle evenienze climatiche in un Paese dove continua a dominare il fatalismo».

Ma se l’Italia continua a non fare abbastanza contro la crisi climatica, gli eventi meteo estremi non aspettano, ma sono anzi cresciuti del 135% nel corso dell’ultimo anno. Per affrontarli occorre agire su un doppio binario: quello della mitigazione (riducendo drasticamente quanto rapidamente le emissioni di CO2eq legate all’uso dei combustibili fossili) e quello dell’adattamento (investendo sulla resilienza dei territori).

Visto il proprio ruolo, Anbi pone l’accento sull’adattamento: «Settimana dopo settimana testimoniamo l’evolversi di una condizione climatica la cui unica risposta sono nuove infrastrutture territoriali – argomenta il dg Massimo Gargano –, calmieratrici di una situazione idrogeologica altrimenti difficilmente governabile con crescenti rischi per la vita sociale e l’economia del Paese. Ottimizzare la capacità degli invasi esistenti, realizzandone al contempo di nuovi, deve essere il primo tassello di un grande piano di manutenzione del territorio, che rimane la prima, grande opera pubblica, di cui l’Italia necessita. I progetti dei Consorzi di bonifica ed irrigazione sono a disposizione».

È però evidente che se in 36 ore si concentrano le piogge di oltre due anni, come successo in Grecia, non basta realizzare i pur necessari laghetti e nuovi invasi per mettersi al riparo dal meteo estremo.

L’adattamento passa anche dalle soluzioni basate sulla natura (Nbs), ad esempio rinaturalizzando i fiumi e la rete idrica superficiale, o realizzando “città spugna” e Aree forestali d’infiltrazione per ricaricare le falde. Ma anche in questo caso è necessario accelerare la transizione ecologica abbandonando i combustibili fossili, o i medicane come Daniel continueranno ad aumentare.