Corno d’Africa e Africa meridionale gli hotspot delle migrazioni climatiche

Fuggire dalla siccità per finire alluvionati. La migrazione climatica umana in Africa

Le popolazioni più vulnerabili alla siccità affrontano anche il maggior rischio inondazioni

[27 Dicembre 2023]

Secondo lo studio “Drought and Human Mobility in Africa”, pubblicato recentemente su Earth’s Future da Simona Ceola dell’università di Bologna e da Johanna Mård e Giuliano Baldassarre dell’Uppsala Universitet   «Nell’80% dei paesi africani, durante la siccità, le persone si sono spostate verso i fiumi e verso le città, aumentando così il numero di persone che vivono in aree a rischio di inondazioni negli ultimi decenni . Questo modello di reinsediamento probabilmente si intensificherà nei prossimi decenni poiché si prevede che il cambiamento climatico renderà la siccità più frequente e grave».

La Ceola evidenzia che «E’ un ciclo che aggrava il numero di persone che subiscono gli effetti negativi della siccità, e non solo nei modi che normalmente ci aspetteremmo. Mentre i climi regionali cambiano e sia la siccità che le inondazioni diventano problemi sempre più grandi, sempre più persone avranno difficoltà a trovare un luogo sicuro in cui stabilirsi. Le persone possono spostarsi da un luogo colpito dalla siccità a un altro o spostarsi in un luogo che presenta semplicemente rischi climatici diversi».

I ricercatori italiani e svedesi fanno l’esempio della Somalia, dove negli ultimi tre anni più di 3,8 milioni di persone sono state sfollate, in parte a causa della siccità: «Molti di questi rifugiati climatici hanno cercato rifugio vicino ai fiumi , dove l’agricoltura poteva riprendere, ma le forti piogge e le inondazioni improvvise hanno poi costretto allo sfollamento più di mezzo milione di persone».

Finora, la ricerca sulle migrazioni causate dalla siccità in Africa si era concentrata su singoli Paesi o specifici eventi di siccità, limitando la comprensione degli scienziati su come la siccità influenza i modelli di insediamenti umani su larga scala. Il nuovo studio è il primo a esaminare i cambiamenti nei modelli di insediamento umano associati alla siccità su scala continentale.

La Ceola  evidenzia: «Vogliamo che l’intera società sia consapevole di quante persone si stanno spostando da una minaccia climatica all’altra».

La siccità può spingere le persone ad avvicinarsi ai fiumi per continuare le attività agricole, mentre altri potrebbero adattarsi trasferendosi nelle città, che offrono diverse opportunità economiche quando la siccità limita l’agricoltura. Gli scienziati hanno ipotizzato che la siccità possa essere una delle principali cause dello sfollamento umano, ma molti fattori – spesso indissolubilmente legati alla siccità stessa – possono contribuire allo sfollamento. La siccità può esacerbare i conflitti, la violenza politica e l’insicurezza alimentare e lavorativa, e ognuno di questi fattori può innescare migrazioni di massa.

I ricercatori hanno scelto di concentrarsi esclusivamente sulla siccità per il suo potenziale impatto su molti fattori diversi. Hanno utilizzato due indici, EM-DAT e SPEI-12, che riflettono rispettivamente gli impatti socioeconomici e di evapotraspirazione della siccità, per cercare gli eventi siccità in 50 Paesi africani dal 1992 al 2013. Nelle loro analisi hanno incluso gli anni precedenti e successivi alla siccità per testare per la forza del segnale di siccità e gli effetti persistenti della siccità sul movimento umano.

Per determinare se le persone si sono spostate verso i fiumi, i ricercatori hanno utilizzato il rilevamento della luce notturna vista dai satelliti per verificare i cambiamenti nella luminosità degli insediamenti esistenti o lo sviluppo di nuovi insediamenti. Hanno anche utilizzato i dati del censimento annuale della Banca Mondiale a livello nazionale per tenere traccia delle popolazioni nei centri urbani.

Lo studio ha rilevato che, come indicato da almeno uno dei due indici utilizzati, «Le persone si sono spostate verso i fiumi o i centri urbani in una percentuale pari all’80% dei Paesi africani colpiti da siccità» e che daurante gli anni di siccità, «dalla metà ai tre quarti circa di tutti i Paesi studiati hanno visto gli insediamenti spostarsi più vicino ai fiumi, e da un terzo alla metà dei Paesi la popolazione urbana è cresciuta». La Ceola fa notare che «Il segnale di crescita urbana avrebbe potuto essere più debole rispetto alla migrazione fluviale perché le persone possono trasferirsi nelle città per molte ragioni».

Secondo entrambi gli indici di siccità, durante il periodo di studio 17 Paesi africani hanno subito siccità. E quando nell’analisi è stato incluso l’anno precedente alla siccità, fino al 65% di questi Paesi ha registrato un aumento dello spostamento di persone verso i fiumi durante gli anni di siccità. In particolare, sulla base di almeno un indice di siccità, nel periodo di studio «Tutti i Paesi dell’Africa meridionale hanno registrato migrazioni legate alla siccità verso i fiumi». La Ceola ha indicato come particolarmente interessanti i casi del ​​Burundi, della Guinea Bissau e dela Namibia.

Ma gli stessi uitoei dello studio avvertono che i metodi utilizzati presentano alcuni limiti: «Le luci notturne vengono utilizzate come indicatore degli insediamenti e delle attività umane, il che significa che la quantità di luce osservata potrebbe non riflettere il numero di persone. Concentrazioni di luci più piccole potrebbero non essere visualizzate e potrebbero escludere i gruppi più poveri che non hanno abbastanza luci per apparire».

La Ceola conclude: «I dati limitati per molte regioni e popolazioni del continente implicano che gli scienziati debbano essere creativi con le fonti di informazione disponibili per preparare le persone e i governi ai rischi attuali e futuri. I decisori politici hanno bisogno di dati e informazioni dettagliate per attuare la pianificazione strategica, sostenere lo sviluppo sostenibile e aumentare la resilienza delle persone che vivono in aree vulnerabili. Allo stesso modo, le persone che vivono in quelle aree devono essere consapevoli dei rischi e dovrebbero avere l’opportunità di spostarsi liberamente verso luoghi più sicuri».