Gli incendi fantasma delle torbiere consumano i più grandi serbatoi di gas serra della Terra

Studio di università di Firenze e Ferrara e CNR ha individuato gli indicatori geochimici che permettono di stimare gli effetti del degrado del suolo

[27 Novembre 2023]

Lo studio “The trace element distribution in peat soils affected by natural burning events: A proxy of the original composition and metals mobility assessment”, pubblicato su Science of  the Total Environment da un team di ricercatori di università di Firenze, CNR e università di Ferrara hs analizzato quali sono le conseguenze di un fenomeno spontaneo, quello degli incendi fantasma che coinvolge le torbiere di tutto il mondo, all’origine di significative emissioni di gas serra, e ha documentato come sia possibile tracciare le modificazioni causate dalla combustione dei suoli e valutarne i potenziali rischi ambientali.

All’università di Firenzwe spiegano che «La torba è un deposito sedimentario caratterizzato da un elevato contenuto di sostanza organica (i resti di piante e animali) che si è accumulata nel corso dei millenni in zone umide continentali e costiere. Le torbiere sostituiscono solo il 3% della superficie terrestre ma intrappolano circa il 30% del carbonio globale dei suoli».

Uno degli autori dello studio, Gianluca Bianchini, coordinatore dell’unità di ricerca dell’università di Ferrara. Ricorda che «In seguito alla bonifica e alla conversione da aree paludose a terre emerse costiere nel delta del Po, i depositi sono oggetto di un particolare fenomeno di combustione spontanea che si sviluppa tra i 30 e 65 cm sotto la superficie, i cosiddetti “incendi fantasma”, in letteratura scientifica “zombie peat fires”. Tali incendi, che si innescano durante la stagione estiva, possono proseguire anche per anni, fino al totale consumo della materia organica, che costituisce il loro combustibile, con una duplice minaccia per l’ambiente: un significativo rilascio di gas serra (principalmente CO2) e un’alterazione degli originari livelli di concentrazione dei metalli presenti nel terreno».

Con l’obiettivo di valutare le modificazioni della composizione del terreno e calcolare con precisione la quantità di gas serra originato dalla combustione del suolo, il team di ricerca italiano ha studiato il più grande deposito italiano di torba, quello della valle del Mezzano in provincia di Ferrara, ricostruendone l’originaria composizione geochimica, organica e inorganica.

Claudio Natali, associato petrologia e petrografia all’università di Firenze, sottolinea che «Lo studio della composizione di questi suoli ci ha permesso di individuare i marker geochimici per ricostruire la composizione originaria del suolo e i suoi cambiamenti dopo la combustione. Abbiamo così potuto documentare che in seguito agli incendi spontanei la mobilità degli elementi, in particolare di alcuni metalli potenzialmente tossici che raggiungono concentrazioni elevate ad alcuni livelli di profondità del suolo, rimane limitata al suolo interessato, non sono state infatti registrate significative emissioni in atmosfera o nelle falde acquifere».«

Gli autori dello studio, utilizzando il rapporto fra gli elementi in traccia, hanno anche potuto calcolare con precisione le quantità di carbonio rilasciato in atmosfera come CO2, stimando che «Se l’intera area fosse coinvolta in fenomeni di combustione spontanea le emissioni di CO2 equivalente ammonterebbero a circa 118 milioni di tonnellate».

Natali conclude: «Considerando che gli incendi spontanei sono sempre più frequenti a causa dell’aumento della temperatura media dei suoli e dei periodi siccitosi dovuti al cambiamento climatico in atto, l’approccio usato nella nostra ricerca permetterà di effettuare proiezioni future del contributo di gas serra originato dal degrado di questi suoli che fino a oggi non sono stati considerati per il computo delle emissioni naturali e antropiche».